“Terra bruciata”: pesanti condanne anche in Appello per la banda di Antonino

Si chiude con un raffica di conferme e qualche sconto di pena, ma la sostanziale conferma dell’impianto accusatorio, il secondo grado di giudizio del processo alla cosiddetta “banda Antonino”. Estorsioni, furti di auto e moto, “cavalli di ritorno”, spaccate, rapine e attentati messi a segno a Brindisi, i reati contestati ai 12 presunti sodali dell’associazione. Una miriade di delitti di cui i componenti della banda si vantavano, a voce alta, ignari d’essere intercettati: “Se ci arrestano e ci mettono dentro ci devono fare un articolo curioso: presa la banda Antonino” (accontentati). Di più: “In tre mesi abbiamo stroppiato Brindisi, ce la siamo mangiata, abbiamo fatto terra bruciata rubando auto”.

E non a caso “Terra bruciata” fu il nome scelto dalla Squadra Mobile per battezzare l’operazione scattata all’alba del 10 luglio 2010. Dall’inchieta furono travolte anche alcune delle vittime delle presunte estorsioni, accusate di favoreggiamento, per non aver collaborato con gli investigatori durante gli interrogatori.
Il 14 giugno 2012, al termine del processo di primo grado celebrato nel tribunale di Brindisi, arrivarono le prime, pesantissime condanne. Oggi, la Corte d’Appello di Lecce, ha sostanzialmente ribadito quel verdetto, pur limando pene e ridimensionando ruoli: come quello di Marco Greco, considerato sì un sodale, ma non un capo.

I giudici di secondo grado hanno in particolare rideterminato la pena per Sandro Antonino (presunto capo), condannato a 14 anni e cinque mesi di reclusione e 4.425 euro di multa a fronte dei 15 anni inflitti in primo grado; Gennaro Giuffrida, 6 anni e 3 mesi di reclusione e 1.200 euro di multa, con uno sconto di 3 mesi rispetto ai 6 anni e 6 mesi inflitti in primo grado; Claudio Palma, 4 anni e 10 mesi di reclusione e 700 euro di multa, contro i 4 anni e 6 mesi presi in primo grado.

Ridotta la pena a: Marco Greco, per il quale è stato escluso il ruolo di capo, promotore e organizzatore, condannato a 14 anni e tre mesi di reclusione (contro i 16 anni e 6 mesi inflitti in primo grado) e 4.500 euro di multa; Fabrizio Guttagliere, esclusa la circostanza aggravante, 6 anni e 8 mesi di reclusione e 1.450 euro di multa; Cosimo Papa, 10 anni e 6 mesi di reclusione e 3.400 euro di multa (12 anni e 6 mesi in primo grado); Andrea Pisani, 10 anni e 9 mesi e 3.100 euro di multa (a fronte degli 11 anni inflitti in primo grado); Davide Tramacere, un anno e 6 mesi di reclusione e 250 euro di multa (2 anni e 6 mesi in primo grado).

Confermate le condanne inflitte in primo grado agli altri imputati: 8 mesi a Giancarlo Bagorda; 6 anni e 6 mesi e 1.300 euro di multa a Ivan Cannalire; 2 anni e 600 euro di multa a Fulvio Ciccarelli; 8 mesi a Davide Marzo; 6 anni e 6 mesi e 1.500 euro di multa ad Alessandro Morleo; 5 anni e 500 euro di multa a Domenico Muoio; 4 anni e 10 mesi e 1000 euro di multa a Giuseppe Palma; 2 anni e 200 euro di multa a Francesco Ruggero; 2 anni e 600 euro di multa ad Antonio Vozza.

Gli imputati sono difesi tra gli altri dagli avvocati Laura Beltrami, Daniela D’Amuri, Cinzia Cavallo, Giuseppe Guastella, Luca Leoci.

I poliziotti nel periodo di tempo compreso tra la fine del 2006 e il mese di febbraio dell’anno successivo, ascoltarono tutte le telefonate tra i ragazzi poi arrestati e tra alcuni di loro e i destinatari delle richieste di denaro nella logica del cavallo di ritorno per ottenere il pagamento di somme di denaro per riscattare auto e moto. I contatti avvenivano per lo più usando le cabine telefoniche di piazza Sapri, nel rione Santa Chiara. Gli agenti sentirono anche i dialoghi in auto, una Lancia Y, ritenuta dall’accusa una sorta di base operativa perché era lì che venivano pianificate le azioni di “fuoco”.

Le azioni contestate sono 45 in poco meno di tre mesi, stando alla contabilità ricostruita nell’ordinanza: in un giorno, il 9 marzo 2007 i presunti capi del gruppo sarebbero stati capaci di metterne a segno tre. Ma al telefono hanno detto di aver fatto anche di più. Cinque azioni di fila nell’arco di 24 ore. La base operativa sarebbe stata l’auto di Marco Greco: nell’utilitaria è nascosta una “cimice” che ha permesso di raccogliere una serie di retroscena legati all’organizzazione dei colpi e alla distribuzione dei guadagni che dovevano necessariamente tenere conto del lavoro svolto.