Le imprese agli arresti

di MASSIMO MANFREDA

Ci siamo. Dalle anguste mura del Ministero della Giustizia filtrano spifferi (riportati da corsera del 28\12) su un disegno di legge (o forse di delega legislativa al Governo) in tema, tra l’altro, di custodia cautelare.
Il dato positivo è sicuramente costituito dalla iniziativa, in sé; poi sarà la discussione parlamentare (con i biblici tempi del nostro inconcludente bicameralismo, a meno che il provvedimento non confluisca nella conversione del recente dl “svuotacarceri”), il contributo delle idee (magari non meramente congiunturali o “pelose”) a strutturare l’articolato nella maniera auspicabilmente più idonea a risolvere le criticità manifestate dall’attuale sistema.
Se le anticipazioni corrispondono al vero (al momento dal sito istituzionale non vi sono conferme e/o indicazioni) tre novità meriteranno particolare attenzione:
a) la competenza per la adozione della misura cautelare passa dal giudice monocratico al collegio,
b) che decide dopo aver sentito l’indagato;
c) e sarà eliminato il Tribunale del Riesame.
Epocale la rivoluzione che comporta il secondo punto (che regge e giustifica il resto): viene introdotto un momento di autentico contraddittorio, magari potranno già in quella sede aprirsi negoziati in ordine allo status dell’indagato; tanto sancisce un inequivocabile, ulteriore allontanamento da un retrogusto inquisitorio che talvolta ancora si avverte.
L’unica integrazione probabilmente necessaria andrebbe individuata nella necessaria previsione di termini perentori –come oggi non sono- per la impugnazione in cassazione; in tale sede oggi le decisioni in materia di libertà non sono soggette a termini vincolanti.
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Ma l’occasione è ghiotta per le misure che riguardano le imprese e forse qualche autorevole intervento potrebbe innescare un proficuo e fecondo input sul punto.
E’ noto a tutti -e dolorosamente a chi svolge il mestiere di imprenditore- che recentemente, per una serie di meccanismi legislativi che è in questa sede inutile elencare, si è diffusa la prassi di sottoporre a sequestro beni, aziende, conti, sia che si versi in tema di responsabilità personale che delle società.
Spesso devastanti sono le conseguenze.
E’ evidente che nessuno si sogna di sterilizzare la iniziativa giudiziaria; si tengano tuttavia in considerazione due fondamentali differenze: in materia di sequestri non è previsto il medesimo livello di gravità indiziaria richiesto per le misure personali ed inoltre non vi è alcun limite di durata temporale.
Storicamente si sono evidenziate le innegabili differenze tra la compressione della libertà individuale e quella sul bene; oggi esiste una peculiarità fondamentale: i sequestri sulle imprese riguardano la compressione della libertà d’impresa, la compromissione di finanziamenti, affidamenti bancari, credibilità, livelli occupazionali.
Anche questa è libertà.
Mi sembra che il differente regime non sia più giustificato e comunque non vedo ragioni per perpetuarlo, anzi.