La gioielliera derubata: “C’è una talpa. Sono distrutta. Mi chiedo perché lavorare ancora”

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“Ero da poco riuscita a riprendermi dalla rapina di tre anni fa. Ora sono distrutta. Non so più se valga la pena tornare a lavorare, per poi essere derubata un’altra volta”. Giuseppina Flores è al suo posto di lavoro, nella sua gioielleria di piazza Matteotti, di fronte a Palazzo di città. Gli occhi arrossati, lucidi e stanchi, rivelano uno stato d’animo sfibrato, devastato dalla consapevolezza che anni di lavoro, di impegno, di fatica, sono svaniti in una notte: ora nelle mani di chissà chi, e chissà dove. Attorno a lei, nell’ala della gioielleria in cui erano custoditi i preziosi di maggior pregio, solo caos: cassetti svuotati, mobili divelti, scaraventati alla rinfusa, specchi rotti. E’ tutto ciò che i ladri le hanno lasciato. Una scia di distruzione. Alle sue spalle, la cassaforte squarciata. Vuota anche quella. C’erano gioielli e contanti. Tutto sparito.

“Grazie alla solidarietà delle persone – racconta Giuseppina Flores – dei clienti, di chi mi vuole bene, ma anche alla mia tenacia, sono riuscita ad andare avanti in questi anni, posso dire con dignità. Ma arrivata a questo punto sono scoraggiata. Perché pensare che si deve fare tanta fatica per andare avanti e cercare di procurare il materiale affinché altri te lo rubino, ti toglie ogni forza per andare avanti”.

Sul futuro dell’attività non si sbilancia. In 26 anni ne ha viste tante. Tre anni fa, una delle più cruenti rapine che Brindisi ricordi. La picchiarono, finì in ospedale. Poi, ieri, il colpo da centinaia di migliaia di euro. Il futuro, un’incognita: “Non sto pensando a niente in questo momento. Penso solo a capire bene quello che è successo e raccogliere le forze per riordinare le idee. Poi si vedrà”.

Maggiori certezze Giuseppine Flores le ha in merito alla dinamica: “Hanno avuto il temo di fare quello che volevano. Sono sicura che c’è qualche talpa, qualcuno che conosce bene questo negozio, che conosceva bene i movimenti nostri”.

Il dubbio d’essere stata tradita, oltre alla certezza d’essere stata derubata del suo lavoro, dei suoi anni. Un dolore meno acuto delle botte ricevute tre anni fa, ma più atroce, perché svuota da dentro: “Questo episodio è diverso rispetto agli altri. Nell’ultima rapina mi hanno colpita fisicamente, e ho sofferto soprattutto da quel punto di vista. Questa volta mi hanno invece svuotata dentro. Mi sento demolita e stanca. Mi hanno rubato economicamente e materialmente quello che in questi anni ho costruito per riprendermi. Ho lavorato con fatica intanto per pagare i fornitori. Ero arrivata finalmente al punto di potermi dire più serena, e ora mi è arrivato questo sasso in testa. E ora rifletto, mi chiedo perché continuare a lavorare se poi devono mangiare gli altri”.

“Quando mi hanno chiamata dalla Sveviapol – rivela la commerciante – per dirmi che mancava il collegamento, chissà perché mi sentivo tranquilla. Dopo la rapina che ho subito, pensare a un furto mi sembrava una cosa eccessiva. Io mi sono sempre sentita in una botte di ferro qui dentro. E non pensavo che sarebbero mai più tornati a colpire questa attività. Credevo a un guasto tecnico. Oggi mi sento a pezzi. Non nemmeno se riaprire. Non so più che fare”.