Caro giornalista brindisino un altro paio di domande

Carissimo giornalista,

mi permetto di riscriverti iniziando con questo tono più confidenziale poichè nulla di quanto avevo temuto si è verificato dopo la mia lettera di ieri : non mi hai intimato di recarmi nel luogo dove viene, prima o poi, inviato ciascuno di noi, non hai svelato segreti retroscena sulla vita privata di mia madre o delle mie sorelle, e, in una foga da storico, non hai ricordato puntigliosamente tutti i miei parenti oramai defunti. Ciò mi induce, quindi, a continuare a porti altre domande che mi angosciano non poco.

Quindi, la terza : Perché sei così scontato? Jorge Luis Borges, parlando di stile, dice che “l’aggettivazione non deve essere banale” che “è scritta male una pagina se non ci sono sorprese nella giuntura di aggettivi con sostantivi, anche se il suo scopo generale è raggiunto” e ancora che si considera la concisione una virtù e che erroneamente si considera conciso “chi si dilunga in dieci frasi brevi e non chi sa guidarne una lunga”. Ora, io capisco che siccome Borges non è più con noi da decenni ,alla fine, tu puoi anche fottertene ma a noi non pensi? Io non ti chiedo “dilatò il suo valore sulle Ande” e nemmeno “noi uomini delle varie americhe rimaniamo così incomunicati che ci conosciamo appena per sentito dire, raccontati dall’Europa” ma neanche che le riunioni “si tengono” che l’incidente fu “rocambolesco” che la polizia”si è recata unitamente”, che l’attesa “si è protratta per ore” che i cuccioli sono “tenerissimi”, che la città “vive un’emergenza” ed altre simili banalità. E che caspita.

Ci deve pur essere una via di mezzo, no? Guarda, caro giornalista, che a forza di girare e rigirare sempre negli stessi meandri della lingua, alla fine non è che li conosci meglio ma, paradossalmente, finisci per perderti. E per essere ridicolo. Tu impegnati e mi raccomando … stile!

La quarta: Perchè sei così cattivo? Perchè, sopratutto nella cronaca giudiziaria di natura politica, ritieni che seminando dubbi, adombrando dietrologie e smozzicando accuse io possa provare maggiore piacere nel leggerti? Per te io sarei la vecchietta che siede in prima fila a fare la calza aspettando che la ghigliottina faccia rotolare qualche testa. Lo saprai, le chiamavano “tricoteuses”. Erano delle vecchiette arzille che arrivavano dalle più sperdute periferie di Parigi per godersi le decapitazioni dei nobili durante la rivoluzione francese. Il loro piacere era appunto questo: assistere alla caduta dei potenti e per farlo bisognava occupare il posto in prima fila con ore di anticipo ingannando il tempo sferruzzando a maglia (tricot, appunto). Tu mi vedi (e mi tratti) in questo modo e, quindi, sicuramente mi disprezzi. Capiamoci : non parlo della sacrosanta notizia del politico di turno che ha tradito la fiducia degli elettori rubacchiando a destra e a manca e che si è impossessato di soldi pubblici o dell’imprenditore eccessivamente disinvolto che per arricchimento personale mette a repentaglio il lavoro di decine di persone. Quelle notizie vanno date; e come se vanno date!

Quella è informazione ed è un pilastro della democrazia. Mi riferisco, invece, a tutto quel che gira attorno alla notizia. Le trascrizioni delle telefonate anche familiari, le intercettazioni ambientali, le veline della procura trascritte pari pari, le ardite ipotesi di “nuovi clamorosi sviluppi” ecc ecc. A che servono? Agli investigatori torneranno sicuramente utili ma a noi? Pensi che dopo lo sputtanamento totale di un corrotto questo diventi ai nostri occhi “più colpevole”? E se, per motivi di vicinanza politica, la concorrenza pubblica qualcosa in meno, ci saranno lettori che giudicheranno il corrotto “meno colpevole”? Ma ci prendete davvero per stupidi? Forse lo siamo pure ma questo sarebbe il meno.

La verità, caro giornalista, è che tu, vestendo di volta in volta i panni dell’inquisitore, del questurino o dell’investigatore, quando non quelli del moralista, e elargendo dettagli a seconda delle tue simpatie politiche, mi convinci nell’idea che da tempo mi sono fatta di te : e cioè che quando mi informi sui peccati altrui a guidare la tua penna (o tastiera) sia più l’odio partigiano che l’indignazione civile. Così facendo, quindi, non mi informi ma mi arruoli in una delle fazioni che inevitabilmente si creano di fonte a fatti di cronaca di questo tipo. Ma bada bene: io in quell’esercito ci sono già. Se vorrò confermarmi innocentista leggerò X, se desidererò con tutto il cuore alimentare il mio spirito colpevolista leggerò Y, e se mi piacerà accarezzare l’idea del complotto allora seguirò Z. Insomma, quello che voglio dirti è che alimentando il peggio che c’è nel lettore non fai certo una bella cosa. Adesso basta.

Avrei ancora da dirti ma la finisco davvero qui. Non posso citarne l’autore ma termino ugualmente con una citazione, come nelle migliori tradizioni: “Ci sono quattro ottimi motivi per odiare chi odiamo: 1) Sono migliori di noi 2) Ci hanno fatto del bene 3) Non sono morti 4) Il nostro odio non fa loro ne caldo ne freddo. Tu, secondo me, ne hai una quinta che potresti aggiungere ed è questa : 5) Sono una puttana. Non ti arrabbiare. Il mondo è pieno di potenziali clienti.

Absit iniuria verbis.

A. Sarni