Anna & Mattia: la sfida alla burocrazia di una mamma coraggiosa

Davanti a un “caregiver” c’è il tempo della burocrazia, fatto di ore di attesa tra uffici. Il caregiver è chi assiste quotidianamente un proprio parente di primo grado non autosufficiente, fisicamente o mentalmente. Per lui, o lei, c’è il tempo della routine quotidiana e, soprattutto, la necessità di mantenere un barlume di normalità a cui aggrapparsi con ogni forza. Perché dietro una mamma caregiver c’è una donna coraggiosa che trabocca di risorse ed energie, “perché quando hai un figlio disabile impari a rimboccarti le maniche e a far fronte a tutto”. Anna Rossini apre con questa frase il nostro incontro. Vive a Villa Castelli, ha 49 anni, 24 dei quali passati accanto a Mattia, nato prematuro, vivo per miracolo ma che, purtroppo, si porta dietro le conseguenze di questa nascita: una paralisi cerebrale infantile con conseguente tetraparesi spastica.
“All’inizio – racconta Anna – non sapevamo io e mio marito Oronzo ( la coppia ha un altro figlio, Andrea di 18 anni) quanto grave fosse tutto ciò. Ad ogni visita le nostre accorate richieste di come sarebbe evoluta la sua vita. Camminerà? Parlerà? Cosa sarà in grado di fare? Ad ogni visita una pugnalata al cuore. ‘Bisogna attendere’, ci dicevano i medici, perché neanche loro sapevano quanto grave fosse il danno ricevuto. Col tempo ci siamo resi conto delle sue limitazioni, ci siamo sostituiti alle sue gambe, alle sue braccia ma ad una cosa non abbiamo mai imparato a sostituirci, al linguaggio, che purtroppo ha perso nel tempo dopo un peggioramento del quadro clinico. Immagina lo sgomento. Veniva privato dell’unico strumento attraverso il quale, nonostante tutto, poteva definirsi libero, quello attraverso il quale comunicava i suoi bisogni, i suoi desideri, il suo tutto. É stato davvero terribile, tanto terribile ma nella vita impari a far fronte a tutto, specialmente per i figli. Cerchi di creare un equilibrio per il benessere di tutta la famiglia. Non è, affatto, facile perché non puoi fare programmi a medio e lungo termine, si procede giorno per giorno e non perché sia un fardello la disabilità ma si è soli”.
In questi anni ha dovuto scontrarsi troppe volte con la burocrazia: niente assistenza domiciliare, trasporto per frequentare il centro diurno a 20 chilometri da casa garantito fino alla maggiore età, “perché i disabili esistono fino ai 18 anni poi scompaiono del tutto ed è un continuo scaricabarile tra le Istituzioni ma non perdo la forza, anche quando vorrei mollare tutto davvero, per difendere a denti stretti i diritti di Mattia”. Dal qualche tempo Anna fa parte del Direttivo e in maniera attiva del Coordinamento Nazionale Famiglie con Disabilità che ha l’obiettivo di sollecitare l’iter parlamentare del ddl Bignami e l’approvazione della relativa legge di tutela per i Caregiver che dovrebbe arrivare nel 2019.
“Con il sottosegretario al ministero della Famiglia e Disabilità, Vincenzo Zoccano – continua Anna – abbiamo avuto un incontro proprio per ribadire le nostre priorità. Sono vent’anni che ci battiamo per avere una Legge che tuteli i diritti dei Caregiver: il diritto al riposo, il diritto alla salute perché non possiamo, ad esempio, ricoverarci se non abbiamo chi ci sostituisce, il diritto alla realizzazione professionale e sociale con una serie di strumenti che possano permettere al Caregiver di lavorare ed avere una vita sociale soddisfacente senza ritrovarsi solo, emarginato, disoccupato e povero pure. Una buona Legge deve tener conto di tutto ciò. Certo, molto si può fare a livello territoriale con i giusti supporti, con servizi efficienti, personale adeguatamente preparato che molto spesso mancano in virtù di fondi non sempre disponibili. Ma a livello nazionale c’è bisogno di una Legge che tuteli i Caregiver Familiare da nord a sud senza discriminazione alcuna. Auspichiamo, ora che abbiamo un Ministero a noi dedicato, che si mettano una mano sulla coscienza e che tengano conto che l’Italia è l’unico Paese europeo a non avere legiferato in merito. Abbiamo solo il riconoscimento ed un fondo vincolato, che non si può toccare finché non avremo una buona Legge”.
In base al Rapporto del Censis 2015 in Italia sono più di 3 milioni, pari al 5,5 per cento della popolazione, le persone che soffrono di difficoltà funzionali gravi. Tra queste, 1,4 milioni sono confinate tra le mura di casa e hanno bisogno di cure diurne e notturne. L’Istat, in una indagine multiscopo del 2010, ha stimato che nel nostro Paese siano oltre 3.329.000 le persone che, nel contesto familiare, si prendono cura regolarmente di anziani, di malati e di persone disabili. C’è un microcosmo intorno alla disabilità, in altre parole, che vede la Famiglia l’unica area gravitazionale, nella speranza, però, che la disabilità non rimanga, ancora e solo, una questione di famiglia e l’appello di Anna è chiaro: “Da questo Governo del cambiamento ci aspettiamo una Legge che ci ridia la dignità, che ci tolga dall’invisibilità che da troppi anni ci accompagna per via di uno Stato assente che ha pensato bene di far leva sull’amore che proviamo per i nostri cari, scaricandoci, completamente, l’enorme carico di cura e privandoci, anche, del piacere di poter vivere con un po’ di serenità. Il mio sogno è che mio figlio venga visto come Mattia e basta e non come “Oh poverino, sulla carrozzina, disabile che fa? Parla? Non parla? Capisce? Solo quando avremo imparato a non fare discriminazione e ad accogliere e rispettare i nostri figli come figli di tutti potremo definirci una società civile”.