Un imprenditore mesagnese doveva essere ucciso dalla Sacra corona unita, per conto della quale aveva svolto le mansioni di cassiere, rinnegando a un certo punto il potere di Massimo Pasimeni. Per questo era stato condannato a morte. Ma quella “sentenza” non venne mai eseguita: è una delle prime rivelazioni emerse dai verbali (ancora carichi di omissis) dell’ultimo pentito della mafia mesagnese, Francesco Gravina.
Proprio gli intrecci tra la criminalità organizzata locale e le attività imprenditoriali e commerciali sembrano essere il filone principale sul quale gli inquirenti stanno lavorando per arrivare a quel terzo livello della “Scu” che è sempre stato solo sfiorato e che Gravina – uomo di fiducia del clan di Massimo Pasimeni – sembra conoscere bene.
Era stato proprio Pasimeni, noto come “Piccolo dente”, a sentenziare la condanna a morte dell’imprenditore che aveva osato dileggiare la moglie del boss sostenendo che questi, detenuto in carcere con condanna definitica, ormai non contava più niente. Eppure, secondo le rivelazioni di Gravina, proprio per conto di Pasimeni l’imprenditore (che non era mai stato affiliato formalmente alla Sacra corona unita) aveva svolto sin lì il compito di cassiere, sin dai tempi del contrabbando di sigarette.
La condanna a morte non venne eseguita solo per questioni di opportunità: Pasimeni venne convinto da Lino Penna, suo collaboratore e poi divenuto collaboratore di giustizia, che non conveniva uccidere l’imprenditore perché l’organizzazione lo utilizzava per fornire false informazioni al boss del clan concorrente, quello capeggiato da Francesco Campana. E dunque era più utile vivo che morto.
Il verbale con le dichiarazioni di Gravina, il primo diffuso anche se in versione ampiamente censurata da “omissis” è stato resoo noto nel corso di un processo di mafia in corso a Brindisi dal pm Alberto Santacatterina solo perché l’imprenditore in questione, che era chiamato in aula a testimoniare, proprio in virtù delle rivelazioni del pentito, è stato iscritto nel registro degli indagati con l’accusa di concorso in associazione mafiosa. E dunque può essere interrogato in aula solo alla presenza di un legale.
Dalla quantità di pagine “omissate” del verbale si intuisce però che il contributo di Gravina a disegnare un quadro più articolato della “Scu” negli ultimi anni può essere davvero significativo.