L’ex assessore comunale Raffaele Iaia avrebbe tentato di ricattare Francesca Giglio, la giovane imprenditrice brindisina che lo scorso anno aveva organizzato nel parcheggio del centro commerciale “Le Colonne” l’evento fieristico “Vetrina espositiva Capitale 43” e dalla quale avrebbe preteso, senza riuscirci, di far effettuare il servizio di vigilanza alla propria agenzia “Ipi investigazioni”: il pm Milto De Nozza ha notificato a Iaia un avviso di conclusione indagini in cui si ipotizza il reato di tentata concussione. Oltre ad attività non autorizzata di invest
Ma il poliedrico amministratore, attualmente consigliere comunale per l’Udc, è accusato anche di aver utilizzato la sua agenzia investigativa per svolgere, in modo non autorizzato, attività di “spionaggio” e dossieraggio nei confronti di decine se non centinaia di persone. Pedinate, fotografate, schedate su commissione senza che ci fosse alcuna delega. Ma anche per propria iniziativa personale. Guarnendo il tutto con esposti anonimi con i quali informava la procura di varie vicende. Iaia insomma sapeva tutto di tutti. E spesso aveva le prove di ciò che sapeva, a futura memoria.
Arrivano così a un punto fermo le indagini incardinate dalla Digos proprio partendo dalla denuncia della giovane imprenditrice che, proprio attraverso il nostro giornale (clicca qui) aveva raccontato il tentativo di concussione patito da Iaia. Nei giorni successivi a quella intervista, Francesca Giglio aveva ribadito la sua ricostruzione alla Digos che aveva istruito un fascicolo. Nel corso di una serie di perquisizioni effettuate presso la sede dell’Ipi erano saltate fuori altre presunte magagne, con la scoperta di centinaia di dossier personali custoditi da Iaia. Insieme a una pistola calibro 9 a canna corta, detenuta illegalmente insieme a 100 proiettili, che Iaia portava con sé illecitamente.
Secondo la ricostruzione fornita dalla Giglio, Iaia aveva cercato di convincerla a “pensarlo per la vigilanza” facendo leva sul suo ruolo di assessore alle Attività produttive. La giovane imprenditrice ha raccontato che l’odierno indagato le disse “O mi fai fare la vigilanza o qualche danno lo faccio”. Non avendo ottenuto nulla, nei giorni successivi Iaia aveva prima telefonato a un dirigente comunale chiedendogli di non autorizzare la piccola fiera, poi scritto una nota al sindaco e al segretario generale segnalando che stava per svolgersi un evento non autorizzato, infine convinto il comandante dei vigili urbani a effettuare controlli meticolosi, sempre prospettando che ci si trovasse dinanzi a una iniziativa irregolare.
Tentando insomma di mettere in ogni modo il bastone tra le ruote alla Giglio. Non l’avesse mai fatto. Non sapeva che per lui sarebbe stato l’inizio di guai molto seri che gli sarebbero costati il posto in giunta. La giovane imprenditrice, evidentemente di tempra forte e tutt’altro che disposta a scendere a compromessi, prima denunciò quello che stava avvenendo agli stessi vigili urbani e poi all’autorità giudiziaria.
L’altro aspetto dell’inchiesta, venuto fuori durante le indagini della Digos, che portarono anche al sequestro dei computer di Iaia, è l’attività di investigatore privato compiuta senza alcuna autorizzazione del prefetto.
Gli investigatori hanno scoperto che, con la complicità della sorella Angela (titolare formale dell’agenzia e anche lei indagata), egli accettava incarichi, non annotati nell’apposito registro, di monitoraggio o ricerca di informazioni servendosi di dipendenti persino gravati da precedenti penali. L’agenzia effettuava registrazioni, annotava targhe di auto, dati anagrafici, posizioni geografiche di persone e oggetti, dati sulla situazione patrimoniale, ma anche frequentazione, abitudini e vita sessuale. Insomma un’attività di dossieraggio svolta a volte su delega di committenti, a volte su propria iniziativa e per propria “curiosità”. In questo caso le “indagini” sfociavano spesso in esposti anonimi che venivano spediti in procura.
La stessa procura che ora ne chiederà il rinvio a giudizio.
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