Il cannone d’acqua è a rischio esplosione: operazioni rinviate. Ma una volta terminate il Norman Atlantic deve andarsene

di GIANMARCO DI NAPOLI

Lo spegnimento del Norman Atlantic, che ha nei suoi serbatoi ancora 120 tonnellate di carburante e che continua a bruciare da una settimana nel porto di Brindisi, risultano molto pericolose anche con il sistema del cannone che dovrebbe insufflare nel relitto acqua nebulizzata. Sono talmente a rischio che l’operazione, inizialmente programmata per oggi, è stata rinviata. E verrà eseguita non si sa quando e comunque con la chiusura totale del porto.

Brindisi sta pagando un dazio altissimo, in termini di risorse impiegate ma soprattutto per i pericoli che la presenza di una “bomba”, non solo ecologica, di queste dimensioni sta facendo correre agli operatori che quotidianamente presidiano la banchina, ma anche alle aziende della zona industriale che si trovano nelle vicinanze e all’intera città.

Le istituzioni brindisine stanno offrendo tutte la massima collaborazione, come sempre avviene quando questa città viene chiamata a fornire il proprio supporto durante le emergenze.

La capitaneria di Porto e i vigili del fuoco lavorano fianco a fianco da giorni con l’obiettivo di mantenere entro i limiti di sicurezza la situazione e coordineranno, se il piano verrà confermato, l’intervento attraverso il quale una ditta specializzata di Taranto praticherà il foro nella carena della nave inserendo un cannone per iniziare la nebulizzazione degli ambienti, che dovrebbe portare allo spegnimento degli incendi.

Il comandante della Capitaneria, Mario Valente, con grande scrupolo, è chiamato a gestire una situazione delicatissima, con la magistratura barese che pressa per la necessità, comprensibile, di entrare nei ponti coperti della nave ancora inaccessibili per fare piena luce sull’accaduto e determinare il numero esatto delle vittime e le dinamiche dell’incendio.

Ma nei ponti 1, 2 e 3 c’è una tale saturazione di fumo che l’acqua, anche se nebulizzata, potrebbe provocare un’esplosione. Le cui conseguenze, con l’enorme quantità di carburante ancora presente nei serbatoi del traghetto, potrebbe avere conseguenze devastanti.

Brindisi sta facendo tutto questo e dovrà necessariamente affrontare i rischi che saranno determinati dalle operazioni di spegnimento. Ma poi basta. Non le può toccare altro.

Non è concepibile infatti che il traghetto, una volta spento e ispezionato, resti un giorno di più alla banchina di Costa Morena e che questa città se ne faccia ancora carico come è già capitato con la Ionian Spirit, da oltre due anni ormeggiata nel porto interno.

Questa città ha già fornito un grandissimo contributo al dramma della Norman Atlantic, prima accogliendo Nave San Giorgio con i suoi naufraghi, e poi lo stesso traghetto, con tutti i rischi annessi e connessi.

Non dovrà rimanere un giorno di più alla banchina di Costa Morena perché essa è destinata a ospitare le navi da crociera, un settore nel quale con grande fatica questa città sta riuscendo ad emergere. Né potrà finire, come qualcuno ha ipotizzato, nei pressi della colmata di Capobianco, un tempo destinata al rigassificatore. Non si tratta infatti di una banchina in grado di contenere navi, ma di una semplice “montagna” di terra costruita come piattaforma, che richiederebbe ulteriori lavori che non è il caso neanche di prendere in considerazione.

Escluso a priori che la presenza del relitto possa essere un’occasione di lavoro tale da giustificare gli oneri di un’impresa del genere, sarebbe opportuno che la magistratura barese, titolare dell’inchiesta, si riprenda, ad accertamenti tecnici irripetibili completati, il traghetto e trovi una soluzione più idonea, magari avvicinandola proprio al capoluogo pugliese.

Brindisi ha già dato e ancora darà molto, in termini di lavoro e di rischi, molti dei quali ancora non superati. Poi, quando sarà finita, è tempo che qualcun altro si occupi del resto.