
di GIANMARCO DI NAPOLI
C’è qualcosa di molto preoccupante nell’arresto di due mesagnesi, finiti nella rete dei carabinieri come presunti fiancheggiatori di latitanti della ‘ndrangheta calabrese: Achille Rocco Giuffrè, 35 anni, e Leopoldo Cosentino, di 31, catturati dai carabinieri della compagnia di San Vito dei Normanni su ordinanza emessa dall’autorità giudiziaria di Roma.
I due mesagnesi avrebbero offerto ospitalità e supporto logistici ai cugini Umberto e Francesco Bellocco, rispettivamente di 32 e 26 anni, considerati elementi di spicco del clan omonimo, uno dei più potenti della ‘ndrangheta calabrese, che ha messo le radici anche a Roma.
L’aspetto più preoccupante della vicenda è che il padre di Francesco Bellocco, Carmelo, attualmente detenuto nel carcere di L’Aquila, è il fratello di Umberto Bellocco, detto “Assu i mazzi” (foto a sinistra) che oggi ha 77 anni e che da almeno trent’anni è il boss incontrastato della “Società di Rosarno”, una delle ‘ndrine più pericolose e sanguinarie.
Umberto Bellocco è il capobastone che poco più di trent’anni fa conferì il grado di santista al piastrellista mesagnese Pino Rogoli (foto a destra): grazie a quel battesimo Rogoli, che era detenuto nel carcere di Trani per una rapina con omicidio commessa a Giovinazzo, ebbe il permesso di fondare la Sacra corona unita (era la notte di Natale del 1983). Nel complesso rituale mafioso infatti Rogoli non avrebbe potuto dare vita a una organizzazione camorristica se egli a sua volta non fosse stato “batezzato” mafioso da un vero boss.
Proprio in virtù di quel legame filiale, la Sacra corona unita è stata sempre legata al clan Bellocco con la quale nel corso degli anni ha collaborato soprattutto nel traffico di sostanza stupefacente, ma anche facendo giungere in Calabria armi ed esplosivi, soprattutto quando la guerra civile in Jugoslavia consentiva di acquistare arsenali a poco prezzo sull’altra sponda dell’Adriatico.
Il vecchio boss Umberto Bellocco, detenuto per oltre vent’anni, è stato scarcerato nell’aprile dello scorso anno e da allora ha cercato di riaffermare la propria leaders-ship ricostruendo i collegamenti con i clan.
L’esistenza dei rapporti stabili tra i nipoti del capobastone con personaggi mesagnesi fa temere che in qualche modo le relazioni si siano riallacciate e che anche Pino Rogoli, che oggi ha 69 anni e che sta scontando tre ergastoli nel carcere di Viterbo, possa avere interesse a riposizionare suoi uomini per controllare le attività malavitose in provincia di Brindisi.
Achille Rocco Giuffrè e Leopoldo Cosentino sono stati arrestati in contrada Baccone, poco lontano dalla strada provinciale per Torre Santa Susanna. In che vesti fornissero supporti alla mafia calabrese e che tipo di rapporti esistano tra questa e la Sacra corona unita è oggetto di indagini dei carabinieri e della Direzione distrettuale antimafia.