Giurgola, il giorno di follia di un imprenditore poliedrico che non vuole mollare il porto ai forestieri

L’imprenditore Lino Giurgola non è né un bandito né un killer. Deve essere chiara questa premessa prima di raccontare che è stato protagonista dell’azione più grave, insulsa e folle della sua vita. Un istintivo, un rompicoglioni seriale, ma anche un imprenditore di grande coraggio e determinazione, capace di spaziare in più settori con l’intuito di individuare sempre la soluzione giusta al momento giusto.

L’ultima sua follia si chiama “Hotel Nettuno”, un’impresa per la quale tutti gli davano del matto, un grande albergo a quattro stelle realizzato nella zona industriale di Brindisi, a due passi dalle ciminiere delle aziende. Eppure non solo è riuscito a completarlo ma da anni anche a portarlo a regime.

Sono trentasei le famiglie che campano alle dipendenze di Giurgola nelle sue varie aziende: oltre all’hotel, la Bis, la storica società che si occupa di movimentazione stradale e portuale, e la Brindisi Mare, detentrice dell’appalto per il servizio antinquinamento del Porto. Si è poi inventato la Serport, un’impresa portuale che aveva affidato direttamente ai suoi undici dipendenti: “Se mi succede qualcosa, so che loro avranno da mangiare”, ha confidato agli amici. Sì perché da alcuni anni non sta bene: interventi chirurgici alla testa e il rischio che la situazione possa tracollare all’improvviso.

Negli anni bui del tangentisimo a Palazzo di città, Giurgola è stato uno di quelli che non hanno avuto il timore di denunciare sindaco e amministratori. Negli anni tristi del calcio ha messo mano al portafogli per cercare di salvare il salvabile. Non sempre ha operato le scelte giuste, come quando divenne amico, proprio nel pallone, di Mario Salucci. Pagò a sue spese (decine di migliaia di euro) quello sbaglio.

 Giurgola non è mai stato coinvolto in inchieste giudiziarie e anzi molte delle indagini sono partite da suoi esposti alla procura.

Proprio per questo non è simpatico a molti e da tempo aveva avviato una guerra all’Autorità portuale e alle sue scelte di privilegiare le imprese esterne piuttosto che dare lavoro a quelle locali. Negli ultimi giorni aveva pagato le conseguenze di queste sue prese di posizioni, escluso da appalti e messo ai margini del porto, ossia della sua vita. Non ha mandato giù l’idea di Heralambides di mettere nelle mani della Grimaldi le chiavi del porto di Brindisi. Nonostante le sue imprese lavorino proprio con il grande gruppo di navigazione.

Era depresso e questa rabbia è esplosa stamattina quando ancora una volta gli sono state sbattute le porte in faccia. La pistola la porta sempre con sé, munito com’è di porto d’armi.  Non avrebbe mai sparato, ne siamo certi. Ma stavolta ha sbagliato e si è reso protagonista di un atto gravissimo. Del quale, come sempre, saprà assumersi tutte le responsabilità.

Gianmarco Di Napoli