Una vigilessa affonda quelli delle “Grandi manovre”: l’omertà di Cellino bucata da una ragazza in divisa. Così Cascione e la sua corte della mazzetta sono finiti dietro le sbarre

di GIANMARCO DI NAPOLI

Una donna vigile urbano contro tutto il mondo. E il mondo a Cellino San Marco era rappresentato da sindaco, giunta comunale, tecnici, imprenditori. Un paese di seimila abitanti in cui tutta l’attività amministrativa era pensata non per il bene della collettività ma per spartirsi appalti e tangenti, studiata per dividersi scientificamente ogni torta, piccola e grande. Un comitato d’affari che incassava, una corte dei miracoli che si contendeva le briciole e tutti gli altri che non vedevano, non sentivano e non parlavano. Proprio come le tre scimmiette. Tutti, tranne una.
E’ lei, la vigilessa, l’unica che ha sfondato quel muro di collusione e di omertà, recandosi negli uffici della guardia di Finanza denunciando che lì, nel piccolo municipio di Cellino San Marco, i malavitosi erano di casa e facevano il bello e il cattivo tempo con la benedizione del sindaco Francesco Cascione. Ma che c’era molto di più, che la giunta comunale non era altro che un comitato d’affari composto da assessori corrotti. Cascione non se l’era tenuta e l’aveva denunciata per diffamazione, ingiuria e calunnia. Del resto il sindaco fa l’avvocato penalista e aveva scritto pure una brillante autodifesa sperando di potare la vigilessa davanti ai giudici: “E’ evidente, pertanto, come le sue dichiarazioni illustrano un’amministrazione Comunale capeggiata dal sottoscritto che amministra la cosa pubblica come fosse cosa privata e che anziché perseguire gli interessi di tutti, persegue gli interessi di pochi “eletti”, parenti, amici o addirittura amici pregiudicati del Sindaco (o chi dir si voglia)”. Non avrebbe mai immaginato l’avvocato Cascione che la sua arringa sarebbe diventata la sintesi dell’ordinanza di custodia cautelare che avrebbe spalancato a lui e ai suoi complici le porte del carcere. “Le parole con cui Cascione vorrebbe difendersi denunciando la vigilessa – scrive il pm Antonio Costantini nella richiesta d’arresto – sono in realtà esattamente corrispondenti all’esito delle indagini, tanto che hanno espresso in un unico concetto la sintesi della vicenda con una precisione che neanche la Procura sarebbe stato in grado di trovare”.
L’indagine che ha portato il comando provinciale dei carabinieri di Brindisi ad arrestare 14 persone (sei in carcere e otto ai domiciliari) e a indagarne a piede libero altre sette è nata proprio dalle frequentazioni tra Cascione e alcuni pregiudicati locali, amicizie che il sindaco poteva facilmente mascherare come rapporti professionali legati alla sua attività di penalista. In realtà nel settembre 2012 gli investigatori hanno scoperto che Francesco Francavilla, una marea di precedenti penali alle spalle, era stato messo nelle condizioni da Cascione di allacciare la sua paninoteca alla rete elettrica e di utilizzare gazebo e attrezzature comunali (acquistate per manifestazioni e attività culturali) per la sua attività commerciale.
Era solo la punta dell’iceberg ma anche la dimostrazione che il sindaco considerava il Comune cosa sua. Quello che ancora non si sapeva era che tutta l’attività amministrativa aveva un solo fine: quello di arricchire il primo cittadino, quasi tutti gli assessori che lo affiancavano e altri amici. Del resto, come Cascione racconta in una conversazione che i carabinieri hanno registrato, il padre Marco, sindaco prima di lui, gli aveva ben spiegato che uno non può fare il primo cittadino guadagnando solo mille euro al mese. Insegnamenti che gli aveva tramandato anche la madre Pierina Metrangolo, pure lei ex sindaco del paese, finita sotto inchiesta (ma non arrestata). La Pierina, poco fiduciosa delle doti affaristiche del figlio, gli aveva affiancato il suo caro amico, il bancario Omero Molendini Macchitella, direttore della filale di Lizzanello della Banca Popolare Pugliese, e che il sindaco aveva nominato, con incarico gratuito, consulente comunale. Era lui l’uomo incaricato di gestire il transito di denaro, di fare in modo che le tangenti arrivassero a buon fine in modo che gli amministratori non si sporcassero le mani.
Spartivano in sei, oltre a Cascione e Molendini, il vicesindaco con delega ai Lavori Pubblici Corrado Prisco, l’assessore ai Servizi sociali Gabriele Elia, quello alle Attività produttive Gianfranco Quarta e quello al Bilancio, Gianfranco Pezzuto. Cascione aveva ribattezzato il gruppo “quelli delle grandi manovre”. E se n’era vantato persino con la moglie elencando il nome dei suoi complici in un colloquio in auto. Grave ingenuità per uno che fa l’avvocato e che ha letto centinaia di intercettazioni ambientali. Elia, rampante di Forza Italia, proprio qualche giorno fare era stato nominato vicecoordinatore provinciale da Luigi Vitali. Questa mattina il segretario regionale lo ha immediatamente sospeso dall’incarico.
Pur di incassare le tangenti, il gruppo era disponibile a concedere agli imprenditori che avevano vinto l’appalto di eseguire un minor numero di lavori in una percentuale corrispondente alla tangente. Tecnici comunali “amici” avrebbero poi provveduto ad attestare falsamente che i lavori erano stati eseguiti in maniera corrispondente a quanto pattuito nell’appalto.
Ovviamente gli imprenditori avevano un ruolo centrale negli affari. La ditta brindisina “N&D” di Nicola e Antonio Cozzoli si era occupata della costruzione del campo di calcetto (tangente 25 mila euro). L’imprenditore leccese Tommaso Ricchiuto, titolare della Igeco Costruzioni e socio di maggioranza del Porticciolo turistico di Brindisi, aveva ottenuto l’appalto dei servizi di Igiene urbana (tangente 20 mila euro ogni tre quattro mesi). Ricchiuto, oggetto di un’ordinanza di arresti domiciliari, si trova all’estero ma ha già preso contatto con i carabinieri per il rientro. E poi c’è la Lippolis Costruzioni, incaricata dei lavori di riqualificazione di via Squinzano, che aveva assicurato lavori in subappalto a ditte segnalate dal primo cittadino.


Cinque in tutto gli episodi di corruzione. Tra questi anche il concorso per i posti di comandante e due vigili della polizia municipale di Cellino San Marco che sarebbe stato pilotato in favore di persone già decise favorendo un candidato che aveva falsificato i titoli necessari per partecipare al concorso e che nei mesi scorsi era stato già raggiunto da una misura cautelare.
Cascione e i suoi non si era rassegnati a mollare la gallina dalle uova d’oro. Avevano continuato a lavorare sotto traccia, anche durante il commissariamento per infiltrazioni mafiose deciso dal 19 aprile dello scorso anno. Ma soprattutto si stavano riorganizzando per le nuove “grandi manovre”. Volevano ripresentarsi alle prossime amministrative e riprendere appieno il controllo del paese. Ne parlavano tranquillamente in auto e i carabinieri registravano tutto. Con un senso di impunità che leggendo le intercettazioni lascia basiti.
Ora Cascione, che è difeso dall’avvocato Massimo Manfreda (foto), dovrà rispondere di accuse gravissime e supportate da centinaia di pagine di intercettazioni.
Ma quella che forse gli farà più male è la calunnia nei confronti della vigilessa. Perché quando decise di denunciare l’unica persona che coraggiosamente aveva scelto di non abbassare la testa, lui, avvocato penalista, in quel momento stava firmando la sua ordinanza d’arresto.

Gli arrestati. In carcere: Francesco Cascione, Omero Molendini Macchitella, Gianfranco Quarta, Gabriele Elia, Corrado Prisco, Gianfranco Pezzuto, Ionni Pagano, Francesco Francavilla. Ai domiciliari: Antonio Cozzoli, Tommaso Ricchiuto, Alfredo Bruno, Angelo Lippolis, Antonio Fasiello, Giuseppe Gigante.