
La storia di quando Lino Giurgola entrò nell’Autorità portuale pistole alla mano si è conclusa con un patteggiamento a due anni e mezzo di reclusione: l’imprenditore brindisino, detenuto in regime di arresti domiciliari da quel 23 febbraio, ha chiesto e ottenuto il patteggiamento attraverso il suo avvocato difensore Massimo Manfreda. La sentenza è stata pronunciata dal gup Giuseppe Licci dopo che il pm Raffaele Casto aveva accettato la proposta di chiudere con un rito alternativo la vicenda.
Lino Giurgola, accusato di sequestro di persona e minacce gravi, essendosi barricato con il presidente dell’Authority Hercules Halarambidis e il segretario generale Salvatore Giuffrè, ha trascorso una parte della detenzione nel reparto di Psichiatria dell’ospedale Perrino dove fu ricoverato subito dopo il suo lucido momento di follia. Poi il trasferimento a casa, sempre in regime di arresti domiciliari.
L’irruzione armata (con pistole per le quali aveva regolare porto d’armi) avvenne -spiegò – a causa dell’esasperazione cui era stato indotto dai vertici dell’Autorità portuale che a suo dire avrebbero danneggiato le sue aziende. Fu la prontezza e il sangue freddo del giovane genero di Giurgola, che entrò nella stanza e riuscì a far desistere l’imprenditore e a fargli abbassare le armi, a evitare che la situazione potesse evolversi tragicamente.