“Non ha imparato nulla da 10 anni di carcere”: il giudice lascia in cella lo scafista

“Invece di trarre insegnamento o rieducazione dalla pena patita, non ha esitato ad aggregarsi a gruppi organizzati che trafficano e speculano sulle disgrazie e i bisogni di esseri umani che sperano di raggiungere migliori condizioni di vita”: con queste lapidarie considerazioni il giudice per le indagini preliminari di Lecce, Stefano Sernia, ha respinto la richiesta di concessione degli arresti domiciliari (con applicazione di braccialetto elettronico) per Domenico Coluccello, lo scafista brindisino di 55 anni arrestato a Capo di Leuca mentre faceva sbarcare 14 iracheni.
Coluccello, che ha trascorso dieci anni in carcere per condanne rimediate nel contrabbando di sigarette e per altri reati, viene considerato parte di una organizzazione criminale internazionale formata da italiani, siriani e greci che gestisce il traffico di clandestini fatti sbarcare sulle coste di Brindisi e Lecce dopo essere partiti dall’Oriente, passati dalla Turchia fino alla Grecia e da qui imbarcati su gommoni.
Il giudice non ha creduto al racconto fornito da Coluccello il quale sosteneva di aver conosciuto una ragazza greca a Brindisi, di essere andato a trovarla a Igoumenitsa ma qui, dopo una notte d’amore, si era risvegliato con le tasche vuote. E per rientrare in Italia aveva accettato la proposta di un greco di timonare un gommone carico di clandestini sino all’Italia. Una favoletta che non è servita a rimandare a casa lo scafista.