L’infezione era in atto ma non sarebbe scattato mai nessun allarme da parte dei reparti ospedalieri: è quanto emerge dalle prime indagini condotte dalla procura di Brindisi sulle morti sospette (19 in tutto) avvenute nell’ospedale Perrino e nel centro di recupero di Ceglie Messapica negli ultimi due anni. Gli investigatori stanno vagliando anche 37 cartelle cliniche di pazienti che hanno contratto il batterio “Klebisella” durante la degenza nell’ospedale di Brindisi tra maggio e settembre scorsi.
Il pm Milto De Nozza ha aperto un fascicolo nel quale viene ipotizzato l’omicidio colposo plurimo. Dalle prime indagini svolte dai carabinieri dei Nas di Taranto emergerebbe che, per lo meno per sei casi avvenuti nel 2015, i reparti si sarebbe mossi con maggiore ritardo rispetto a quanto previsto dalla legge.
I regolamenti ospedalieri impongono infatti che una volta accertata la contaminazione da Klebisella, un batterio abbastanza comune in ospedale ma considerato molto pericoloso, nel giro di 48 ore venga allertata la direzione sanitaria perché vengano presi tutti i provvedimenti necessari a bloccarne la diffusione. Cosa che non sarebbe avvenuta, visto che da maggio le prime segnalazioni sarebbero arrivate solo a ottobre, secondo quanto riscontrato dai Nas.
Nelle scorse ore sono state sequestrate le cartelle cliniche nei reparti di Ematologia, Rianimazione, Grandi Ustioni e Oncologia per casi avvenuti dal 2013 a oggi. Non essendo mai stati effettuati esami autoptici, gli esperti dei Nas ed eventualmente i medici legali dovranno fare esclusivamente riferimento alla documentazione ospedaliera.
Intanto, per una questione di sicurezza – fanno sapere dalla direzione sanitaria – la Asl ha disposto lo spostamento del reparto di Rianimazione (sotto accertamento proprio per la possibilità di infezioni ospedaliere): dal 26 ottobre verrà collocato al settimo piano dell’ospedale Perrino, nella zona oggi impegnata dalla terapia sub intensiva.