“Al Perrino si entra per una patologia e si muore per tutt’altro”: testimonianza-choc di un ex primario. “Ascensori contaminati e fumo in sala operatoria”. Klebsiella ma non solo

di Gianmarco Di Napoli

“Il paziente che entra all’ospedale Perrino per una qualsiasi patologia è ad altissimo caso di decesso per cause completamente diverse dalla malattia per la quale era entrato”: il teorema inquietante non arriva da uno dei tanti che non trovano pace per la morte inspiegabile di un congiunto ma dal professor Carmelo Pisanello, dal 1994 al 2013 primario di Urologia, prima al Di Summa e poi al Perrino. Nel suo curriculum oltre 10.000 interventi in sala operatoria e un’altissima professionalità che ha portato il suo reparto nel nosocomio brindisino ai vertici nell’Italia meridionale.
Pisanello per anni ha combattuto una battaglia dura, e purtroppo inutile, con i vari direttori sanitari che si sono succeduti, chiedendo un adeguamento delle condizioni igieniche ai protocolli ospedalieri. Dai suoi carteggi con l’amministrazione, tutti protocollati e ai quali non è mai stato dato un concreto seguito, emergono più volte allarmanti segnalazioni.
“Non sono per nulla meravigliato dell’inchiesta giudiziaria in corso”, chiarisce Pisanello. Solo tra il 2012 e il 2013 ho inviato alla direzione sanitaria sei o sette lettere, tutte protocollate, con le quali segnalavo situazioni igieniche non compatibili con un ospedale”.
Tipo?
“Uno dei problemi principali che ho segnalato negli anni, e che non è stato risolto neanche adesso, è il fatto che venga consentito l’accesso ai visitatori con gli stessi ascensori che utilizzati per trasportare i pazienti nelle sale operatorie. Ho visto gente con i cani salire con quegli ascensori. Lei immagini cosa significa contaminare un ambiente che dovrebbe essere assolutamente sotto controllo: noi indossavamo indumenti sterili e zoccoli per raggiungere le sale operatorie e calpestavamo lo stesso ascensore utilizzato da chi veniva dalla strada. D’altronde nessuno ha dimenticato il triste episodio della donna che perse il bambino a causa della cattiva manutenzione degli ascensori”.
Quali risposte ha avuto dalla direzione sanitaria?
“Sempre le stesse, del tipo non abbiamo personale sufficiente per la sorveglianza, o informeremo la direzione generale. Ma di fatto non è mai cambiato nulla. Non è stato mai creato un sistema di sbarramento, la creazione e la messa in sicurezza di “percorsi puliti”.
Ma secondo lei la klebsiella potrebbe arrivare da fuori?
“Io penso che sia altamente probabile: il rischio di inquinamento provocato dai visitatori in quelle condizioni è lampante. Che vi fosse un’alta incidenza di inquinamento nelle ferite chirurgiche, infezioni respiratorie e decorsi post operatori complicati da infezioni era risaputo. Era quasi la normalità il fatto che morisse una persona e si facessero le diagnosi più fantasiose senza approfondire le reali cause del decesso. Si parlarava di infezioni urinarie gravi, setticemie, si sprecavano le emocolture con prelievi fatti anche male e una persona moriva senza sapere come e perché”.
Lei ha parlato di infezioni e complicazioni provocate da agenti introdotti dall’esterno, ma il comportamento all’interno dei sanitari qual era?
“Molti colleghi e anche parte del personal infermieristico rispettava con scrupolo le regole, ma ho visto anche medici arrivare in Rianimazione con le scarpe dall’esterno. E gente che fuma nelle sale operatorie”.
Come fuma?
“L’ambiente di una sala operatoria deve essere chiuso e blindato, una persona che indossa gli abiti asettici della sala operatoria non dovrebbe più uscire sino alla fine. E invece sul retro del complesso operatorio, sui pianerottoli posteriori, avevano messo un tavolino, una sdraio. Le feriste, le portantine e gli infermieri uscivano e rientravano per fumare e prendere il caffè. Si faceva salotto”.
E’ sempre stato così?
“Si è vissuto un periodo di rispetto delle regole, dal punto di vista professionale e umano, sotto la gestione di Pino Giuri. Dopo di lui, che per la sua caparbietà riuscì a far trasferire l’ospedale dal Di Summa al Perrino, le cose sono cambiate”.
Insomma, prima ancora di parlare della qualità dei trattamenti sanitari sarebbe necessario non creare danni ulteriori ai pazienti con complicazioni legate alla mancanza di igiene, perché in fin dei conti di quello stiamo parlando.
“Uno dei principi che per primo si insegna nelle facoltà di Medicina è “primum non nocere”. Ecco, penso che siano stati fatti tanti danni per ignoranza perché l’igiene è uno degli elementi basilari della medicina. Un paziente non può entrare in ospedale per una qualsiasi patologia e trovarsi in un ambiente in cui si moltiplica il rischio di morte”.