25 anni fa lo sbarco degli albanesi, uno di quelli ora è un affermato medico del Perrino: “Brindisini, gente meravigliosa”

«Fu un miracolo. Il popolo brindisino ci spalancò le porte di casa, ci accolse mettendoci a disposizione tutto quello che poteva per scaldarci, per sfamarci. Corsero da noi, per donarci i loro abiti migliori». Pjerin Gjoni va per i sessanta, dal 2002 è un medico del 118 di Brindisi. Aveva 34 anni quando arrivò in Puglia, su una carretta del mare. Era il preludio, esattamente 25 anni fa, il 7 marzo del 1991, del maxi esodo che interessò anche Bari con l’arrivo del ‘Vlora’, l’8 agosto successivo. Si era laureato in medicina in Albania nell’80: «Avevo lavorato per 11 anni, ma una volta in Italia il mio titolo non aveva più alcun valore. Allora – racconta all’ANSA – nel 1992 mi sono iscritto all’università e nel 1997 mi sono laureato». Per lui i brindisini sono «il suo popolo».

«Non hanno avuto un riconoscimento adeguato alla loro generosità. Quello che accadde 25 anni fa fu impareggiabile. C’è ora solo una piccola targa, in un posto nascosto del porto, per altro non accessibile a tutti. Meriterebbero un obelisco enorme per quello che hanno fatto». Tra il 6 e il 7 marzo del 1991 arrivò nel brindisino la prima ondata di profughi albanesi. Erano 24 mila: «Quando ancora non era stato dato l’ok all’ingresso del porto perfino un contrabbandiere, con lo scafo ci portò latte e biscotti. E anche sigarette e accendini. Quello che accadde fu memorabile e ha legato i due popoli per sempre». Oggi Gjoni continua a fare il proprio lavoro: salvare le vite degli altri. È naturalizzato brindisino, il figlio studia a Pisa ingegneria. È tornato in Albania dieci anni dopo l’arrivo in Italia. Ma la sua casa è qui, in Puglia: «Quando mi capita di andare al Nord, inizio a sentirmi meglio quando torno, non appena varco il confine della regione. È tutto diverso, è un’aria diversa. Anche l’auto sembra andare più veloce».