di Gianmarco Di Napoli
“Io da grande voglio fare il posto fisso”, rispondeva alla maestra il piccolo Checco Zalone nel film “Quo vado”. Carlo Larocca, l’imprenditore che ha trasformato l’antico bugigattolo di Romanelli in un’azienda che oltre all’originaria (e ampliata) pizzeria di via Santa Lucia, ha una sede a Houston (Texas) e un recentissimo punto vendita in via Torpisana, non lo immagineresti mai nei panni del dipendente pubblico, tanto più in quelli di impiegato sfaticato che timbra il cartellino e va via.
Esiste un corto circuito nella storia di Larocca, arrestato dalla Finanza perché negli uffici del Comune trascorreva, quando ci andava , più o meno lo stesso tempo necessario a consumare una “fritta” nel suo locale.
Ai più, anche ai suoi amici più stretti, non era noto neanche che, da 20 anni, è dipendente comunale, presso il Centro anziani del rione Bozzano, con la qualifica di “esecutore amministrativo applicato”. Uno stipendio da circa 1.200 euro al mese.
Solo la pizzeria di via Santa Lucia, secondo quanto dichiarato sul sito del locale, sforna oltre 1.000 “fritte” al giorno, vendute a 2 euro 50 centesimi ciascuna. E’ semplice fare due calcoli sul fatturato medio di un’azienda che vanta numerosi dipendenti e che da anni ha proiettato Larocca nell’elenco degli imprenditori più facoltosi della città.
Un corto circuito, si diceva, perché Larocca è uno che non si tira indietro nel lavoro: ogni sera indossa divisa bianca e grembiulino e lavora insieme ai suoi cuochi nella cucina della friggitoria, laddove l’odore di olio fritto ti penetra nella testa e la notte te lo porti dentro.
Poi la mattina la trasformazione: da imprenditore di successo e grande lavoratore, a dipendente comunale “furbetto”, disposto a rischiare l’arresto per 1.200 euro al mese, mettendo nei guai i suoi colleghi che per 250 volte in meno di un anno gli hanno timbrato il cartellino mentre gestiva i suoi affari, o era sulla neve di Madonna di Campiglio.
E’ quasi scontato che Larocca perda il suo posto fisso (che andrà qualcuno sicuramente più bisognoso di lui) e che va incontro a una condanna. E altrettanto certo è che non morirà di fame.
Ma sarebbe giusto che l’uomo che ha trasformato la “pizzella” in uno dei simboli della gastronomia brindisina nel mondo trovi il modo di riscattarsi nei confronti della città. Magari semplicemente chiedendo scusa, spiegando che un posto di lavoro va rispettato così come chi ti paga lo stipendio. E chieda perdono soprattutto agli ospiti del Centro anziani di Bozzano, considerati alla stregua di un cartellino marcatempo da timbrare in tutta fretta.