Editoriale di Gianmarco Di Napoli
Nel pieno di una crisi mondiale senza precedenti nel Dopoguerra, mentre ci apprestiamo ad affrontare un inverno in cui non sappiamo se, e fino a che punto, potremo riscaldarci, nel momento in cui le aziende rischiano di collassare creando migliaia di nuovi disoccupati e le famiglie stesse non sanno come pagare bollette elevate alla potenza, in un momento del genere qualcuno propone di organizzare a Brindisi un referendum consultivo per chiedere ai cittadini cosa vorrebbero fosse realizzato sulla colmata di Capo Bianco. E questo qualcuno non è il pensionato intento a osservare un cantiere stradale, o un beone impegnato a giocare a passatella, e neanche il politichello del partitino con dieci iscritti che ha bisogno di spararla grossa per far parlare di sé.
Il colpo di genio di cui sopra è opera dei rappresentanti locali del M5S, ossia il partito più votato in Puglia nelle ultime elezioni politiche e quello che ambisce a proporre a Brindisi un proprio candidato sindaco che rimetta insieme lo sfilacciato centrosinistra surrogando le stesse ambizioni di Riccardo Rossi di competere per un secondo mandato.
Ma per comprendere quanto fuori dal tempo, priva di qualsiasi consapevolezza della realtà e anche di una minima memoria storica l’uscita dei grillini, è necessario ricordare brevemente i fatti. I lavori per realizzare una colmata a Capo Bianco furono avviati dopo che il primo luglio 2010 il ministero dell’Ambiente e quello dei Beni culturali dichiararono la compatibilità ambientale di un terminale di rigassificazione progettato dalla società inglese British Gas. Il 6 marzo 2012, dopo undici anni di battaglie e una inchiesta giudiziaria che aveva portato a cinque arresti, 27 avvisi di garanzia, 52 perquisizioni in tutta Italia e il sequestro dell’area di Capobianco, dopo aver speso circa 250 milioni di euro, British gas abbandonò definitivamente il progetto del rigassificatore. Capo Bianco è rimasta così per oltre dieci anni un’enorme area inutilizzata.
Nel settembre dello scorso anno il ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibile ha firmato il decreto per l’approvazione del Programma di Interventi infrastrutturali in ambito portuale sinergici e complementari al Piano nazionale di ripresa e resilienza. Tra i progetti finanziati quello del banchinamento e recupero funzionale dei piazzali della colmata di Capobianco e realizzazione dei dragaggi ad esse funzionali. Importo stanziato: 30 milioni di euro. Qualche settimana fa l’Autority ha presentato un progetto di fattibilità tecnica ed economica per il banchinamento e il recupero funzionale della colmata per 65 milioni di euro.
Ora è necessario capire, e in fretta, come può essere capitalizzato (negli interessi della città, ma alla luce delle conseguenze della guerra in Ucraina, anche del Paese) quell’enorme area che solo nella parte ex British Gas è grande quanto 25 campi di calcio. Da mesi l’imprenditore Massimo Ferrarese, ex presidente della Provincia, preme perché venga ripreso in mano il progetto della British Gas e vi si realizzi quel rigassificatore che venne bloccato più che da un’inchiesta giudiziaria, dalla contrapposizione di una parte della popolazione, veicolata da quel “Partito dei No” che alla luce di quanto è avvenuto negli anni successivi non solo aveva torto ma che è responsabile della mancata rinascita di una città che avrebbe usufruito delle royalty milionarie che gli inglesi erano disposti a concedere pur di realizzare l’impianto, e a centinaia di posti di lavoro. In questo momento preciso, con un rigassificatore in funzione, Brindisi sarebbe stata determinante non solo per se stessa, ma anche per le forniture di gas in gran parte del Paese. Ferrarese lo sa bene questo perché nelle vesti di presidente della Provincia trattò direttamente con British ed è consapevole che la storia di questa città sarebbe cambiata con quell’investimento.
Ma ci sono anche altri progetti realizzabili: il gruppo Falck, una delle più grandi società italiane per la produzione di energia elettrica, sia da fonti rinnovabili, sia da impianti di cogenerazione, ha manifestato il proprio interesse a investire a Brindisi e a utilizzare l’area di Capo Bianco per il montaggio delle pale eoliche da installare al largo della costa per la realizzazione di un impianto off shore, con un investimento complessivo di 3 miliardi di euro e lavoro per 1.500 unità per tre o quattro anni. Non solo. Anche il gruppo metalmeccanico Scandiuzzi, che da tempo opera a Brindisi, ha presentato una manifestazione di interesse per cogliere le opportunità offerte dall’arrivo delle Zes, sfruttando una zona della colmata.
Nella stessa area della colmata (che è di circa 140mila metri quadrati) esiste una zona cuscinetto di 90mila metri quadrati e un’altra area di 60mila metri quadrati per la quale la Marina militare ha presentato un progetto di banchinamento per l’attracco delle nuove navi che si muoverebbero con difficoltà nel porto interno.
Attenzione: la Marina non ha mai chiesto di ottenere l’intera area di Capo Bianco, né tantomeno ha mai espresso l’intenzione di abbandonare l’area del Castello e liberare quel pezzo di porto restituendolo alla città. La Marina vorrebbe allargarsi ulteriormente, non traslocare.
E’ qui che si colloca il “colpo di genio” del partito che ambirebbe ad assumere la guida della città nel prossimo lustro: rispolverando un’idea del sindaco Rossi (espressa lo scorso anno quando ancora il mondo non era in guerra e non ci si trovava alle soglie di una crisi energetica), il M5S di Brindisi (orfano di Gianluca Serra e Tiziana Motolese in Consiglio, di Gianluca Bozzetti alla Regione e di Giovanni Aresta e Valentina Palmisano in Parlamento), piuttosto che proporre idee per superare la crisi, chiede al Consiglio comunale di chiamare i brindisini alle urne per esprimersi su cosa vorrebbero fare della colmata di Capo Bianco e se preferiscono che la Marina si sposti a Capo Bianco lasciando il Castello.
Scenario previsto dai grillini autoctoni: tra sei sette mesi, tanto ci vorrebbe per organizzare un referendum, immaginano una corsa dei cittadini ansiosi di dire la loro sulla colmata. Nel frattempo, sempre nei loro sogni, la Marina attenderebbe con il cuore in gola la “decisione” dei brindisini e sarebbe pronta a cedere eventualmente al loro volere lasciando il comando del Castello di terra per traslocare a Capo Bianco.
Nel frattempo, e questa sarebbe invece la realtà, le grandi aziende, sulle orme di quanto già fatto da British Gas, avranno sceto altri luoghi per effettuare i loro investimenti, avendo appurato che Brindisi non è cambiata: il partito trasversale del “No a prescindere” si candida a completare l’opera di annientamento iniziata 20 anni fa.