di Gianmarco di Napoli per IL7 Magazine
Ecotecnica, la società che si occupa da qualche mese della raccolta dei rifiuti a Brindisi, ha annunciato che nell’ultimo mese la percentuale della differenziata sfiora il 50 per cento e che il traguardo del 60% – previsto dall’appalto – è ormai all’orizzonte. Questo, in termini pratici, porterà benefici economici alla città e probabilmente la sospirata riduzione della Tassa sui rifiuti.
Ma non è tanto per questo che siamo grati a Ecotecnica, né per aver finalmente restituito alla città quell’aspetto decoroso che aveva perso da anni. La società della famiglia Zilli in fondo aveva già fama di essere una delle migliori sul mercato e solo la ragnatela di esposti e sentenze intessuta dalla ditta precedente aveva fatto sì che non subentrasse già lo scorso anno, chiamata dalla giunta Carluccio.
No, il fatto che i brindisini si siano immediatamente messi in sintonia con il nuovo metodo di raccolta e lo stiano eseguendo in maniera sempre più corretta, imparando in breve tempo quando e come smaltire quotidianamente i rifiuti domestici, dimostra che non sono gli sporcaccioni incivili dipinti negli ultimi anni da chi, evidentemente, intendeva costruirsi un alibi sull’immondezzaio in cui la città era stata trasformata.
I brindisini sono quelli che, nelle ultime settimane, si sono messi compitamente in fila, a migliaia, per ritirare le pattumelle, e che ogni giorno chiamano il numero verde (al quale finalmente qualcuno risponde e dà seguito alle richieste) per il deposito dei rifiuti ingombranti.
Certo, gli incivili restano e resteranno, ma non hanno una caratteristica geografica o sociale. Sono quelli che la polizia municipale continua a beccare mentre abbandonano furtivamente i sacchetti sotto i ponti o negli angoli bui della città. Ma non sono sporcaccioni, sono vigliacchi. E sono gli stessi che parcheggiano sulle strisce pedonali, davanti agli scivoli o negli stalli riservati ai disabili. Sono forse le stesse persone che – per frustrazione o per chissà quale altro abietto motivo – rubano le pattumelle dagli altri condomini.
Quel “quasi 50 per cento” dimostra però che la maggior parte dei brindisini, se messi nelle condizioni, ci tengono alla loro città e hanno voglia di mantenerla pulita. Una virtù che negli ultimi anni non è stato mai semplice mettere in mostra.
E questo vale anche per un’altra categoria sulla quale erano state scaricate le responsabilità del lerciume in cui la città era piombata: i dipendenti della nettezza urbana. Per anni sono stati costretti a lavorare con l’incubo di non essere pagati, con lo stipendio agguantato ogni mese per il rotto della cuffia, privati delle attrezzature minime (divise, scarpe, guanti) per svolgere in maniera efficace e dignitosa le loro mansioni. Sono stati accusati di non aver voglia di lavorare, di boicottare i turni, di imboscarsi durante l’orario di lavoro. Brindisi – si diceva – è sporca per colpa dei brindisini e per gli «scansafatiche» della nettezza urbana. La società per la raccolta dei rifiuti è cambiata, ma fa affidamento esattamente sulle stesse persone. Che ora sono diventate meticolose nel lavoro, puntuali negli interventi, perfettamente integrate nel progetto di rendere la città pulita e presentabile.
Il destino di Brindisi, nel bene e (soprattutto) nel male, negli ultimi anni è sempre stato legato a doppia mandata alla questione della mondezza, sia sul piano civile che su quello amministrativo e penale. Ora, proprio dai rifiuti, nasce una nuova consapevolezza, quella di una città che può ritornare ad essere cosciente delle proprie potenzialità, anche e soprattutto facendo forza sulla qualità dei propri cittadini.
Sempre a patto che essi non facciano confusione: differenziato sì, ma attenti al riciclato.