
I Carabinieri del Comando Provinciale di Bari, a conclusione di un’ampia indagine coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia, ha dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Nicola Centonze e Nicola Laquale, ritenuti responsabili dell’omicidio volontario del calciatore 27enne Domenico Martimucci, compiuto ad Altamura la notte del 5 marzo del 2015: esattamente a dieci anni dall’esplosione della bomba piazzata in una sala giochi a scopo intimidatorio, quando il locale era ancora aperto e al suo interno si trovava anche la vittima, sono dunque stati assicurati alla giustizia altri due presunti autori di quel gesto, accusati anche di tentato plurimo omicidio e detenzione e porto di materiale esplodente.
Tutti i reati sono aggravati dal metodo mafioso, in quanto l’attentato fu realizzato al fine di ristabilire sul territorio la supremazia del clan D’Ambrosio, il cui reggente era proprietario di un circolo ricreativo concorrente.
Per la morte di Martimucci, giocatore del Castellaneta noto come “il piccolo Zidane”, persona estranea ai contesti criminali e vittima innocente di mafia, sono stati già condannati in via definitiva il mandante dell’attentato, il boss Mario D’Ambrosio, l’esecutore materiale Savino Berardi e uno dei complici, Luciano Forte.
Nell’esplosione rimasero ferite altre otto persone, alcune delle quali in modo grave, mentre il giovane calciatore morì dopo quasi cinque mesi di coma.
A Nicola Centonze, accusato di aver coordinato l’attentato dinamitardo, è stato revocato il programma di protezione in quanto nel corso della sua collaborazione non ha mai fatto riferimento al suo ruolo nell’attentato, tradendo così “la fiducia delle istituzioni”, come hanno sottolineato il Procuratore Roberto Rossi e la PM Grazia Errede. Per questo motivo è stato condotto in carcere. Disposti gli arresti domiciliari, invece, per Nicola Laquale, accusato di aver curato l’approvvigionamento dell’ordigno esplosivo.
Gli arresti odierni sono stati possibili grazie all’acquisizione di dichiarazioni rilasciate da alcuni collaboratori di giustizia le quali confermano, in sostanza, il coinvolgimento dei due indagati nella vicenda per aver coordinato l’attentato dinamitardo e per aver fornito l’ordigno esplosivo.
Marina Poci