“Anche l’arte è accoglienza”: così Pierangelo Argentieri sognando la visita di Biden

Di Marina Poci per Il7 Magazine
Le capita di pensare, almeno qualche volta, al presidente USA Biden che varca la soglia del Castello di Mesagne per visitare la mostra “G7 – Sette secoli d’arte italiana” organizzata dalla rete di imprese che coordina?
“Lo slogan della prima mostra che organizzammo a Mesagne, quella su Picasso, era proprio una frase del pittore spagnolo: “Tutto ciò che puoi immaginare è reale”. Quindi sì, ci penso. Perché non dovrei?”.
Il sogno che si fa progettualità e che si diversifica in molteplici interessi è una costante nella vita di Pierangelo Argentieri: figlio d’arte (cresciuto all’ombra della Taverna del Cacciatore, gestito dal padre, uno dei ristoranti più in voga tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta in provincia di Brindisi), è attualmente presidente di Federalberghi Brindisi (l’associazione sindacale che riunisce e rappresenta le imprese alberghiere del territorio provinciale, in cui ricopre anche la carica di vicepresidente regionale), amministratore di Puglia Holiday (una società che si occupa di turismo e gestisce le strutture di Masseria Malvindi a Mesagne, Palazzo Virgilio e, recentemente, l’Ostello della Gioventù nel capoluogo), membro del consiglio di amministrazione di Moreno SpA (la società proprietaria di Tenuta Moreno nella città messapica (hotel e centro benessere di lusso, di cui è anche direttore), presidente della rete di imprese Micexperience e ideatore del progetto culturale Puglia Walking Art (che mette insieme partner pubblici e privati per la realizzazione di mostre).
L’ultima creatura di quest’ultimo progetto, “Caravaggio e il suo tempo”, ha portato nelle sale del castello normanno-svevo di Mesagne più di trentamila visitatori ad ammirare le opere del genio lombardo del Seicento e dei suoi contemporanei (tra cui Orazio e Artemisia Gentileschi, Ludovico e Annibale Carracci, Guido Reni e svariati altri). La prossima creatura, ancora in gestazione, sarà inaugurata in concomitanza con l’apertura del G7 che si terrà dal 13 al 15 giugno a Fasano nella lussuosa e suggestiva cornice del resort Borgo Egnazia e vedrà la presenza, al piano nobile dell’imponente struttura mesagnese di Giotto, Donatello, Tiziano, Leonardo Da Vinci, Antonello Da Messina, Raffaello, ancora Caravaggio, Bernini, Canova, Boldini, Pino Pascali.
E se a Mesagne arriveranno i più importanti talenti dell’arte italiana (e non solo), non è peregrino fantasticare che anche i grandi della politica mondiale facciano un salto nella città messapica a osservare da vicino i loro eccezionali capolavori.
Quando e come nasce la sua passione per l’arte?
“Da un bisogno personale: da turista, amo molto visitare i musei. E, proprio da visitatore, ho sempre pensato che fosse ingiusto dover fare chilometri e chilometri per ammirare le grandi opere e che fosse necessario portare nella nostra terra, già di per sé ricchissima dal punto di vista culturale, qualcosa in più. Qualche anno fa lessi un libro intitolato “Il museo come azienda”, che fu in qualche modo di ispirazione. Quando ho avuto i mezzi e le possibilità, mi sono adoperato per mettere in pratica i principi che, di quella lettura, mi avevano colpito particolarmente”.
Il successo delle iniziative di Puglia Walking Art smentisce il detestabile luogo comune secondo cui “con la cultura non si mangia” e dimostra come, nel campo, il sodalizio tra pubblico e privato si riveli vincente.
“Certamente. È un progetto virtuoso che, specie su Mesagne, ha trovato una naturale sponda nella politica locale. Mi piace pensarla nell’ottica della Teoria dei Giochi: vinciamo tutti, amministrazioni, imprenditori e, soprattutto, i cittadini che, facendo propria l’iniziativa con il senso di riscatto rispetto al passato criminale del luogo, vivono con orgoglio questo tipo di eventi. Senza trascurare il fatto che ogni volta che abbiamo portato sul territorio i grandi artisti, abbiamo cercato di offrire opportunità di conoscenza anche agli artisti della zona, e anche questo mi sembra un bell’esempio di sodalizio da continuare a perseguire”.
Da imprenditore in ambito turistico, elenchi tre criticità del nostro territorio.
“La prima che mi viene in mente è la mancanza di governance, cioè di un’organizzazione strutturata del territorio, anche se è sicuramente un problema legato ad un quadro legislativo nazionale, dal momento che il trasferimento alla Regione di alcune competenze, lasciandone allo Stato altre e ai Comuni altre ancora, ha creato una certa confusione. In questo modo la cinghia di trasmissione delle attività e delle responsabilità non funziona sempre al meglio. Ovviamente, mancando una politica generale, nazionale, di governance, i fenomeni spontanei prendono il sopravvento e sicuramente non facilitano gli interventi strutturali. Aggiungerei anche che ogni territorio risponde in maniera diversa dal punto di vista amministrativo, con regolamenti che, spesso, da un lato non sono omogenei e dall’altro non vengono recepiti dagli uffici con la stessa attenzione. L’ultimo tema è connesso alle caratteristiche che rappresentano una debolezza della Puglia, cioè le infrastrutture, in particolar modo i trasporti. Molti dei miei colleghi indicano tra i limiti del territorio anche il problema della formazione e della ricerca del personale. Ma è un tema rispetto al quale mi sento meno preoccupato, anche perché la riduzione dei sussidi statali, come il reddito di cittadinanza, ha sbloccato molto le cose”.
È un problema politico, burocratico o di cultura del turismo?
“La cultura del turismo è una questione molto trasversale, in cui bisogna considerare, in una visione di insieme, molteplici aspetti: la pianificazione a lungo termine, l’accesso al credito, la formazione, le infrastrutture. Chiunque dia avvio ad un’attività di bed and breakfast si sente legittimato a parlare di turismo. Per carità, è una prospettiva rispettabile, ma quello che rende un territorio attrattivo turisticamente non è il singolo cittadino che apre un’attività a scopo speculativo personale, ma le esperienze imprenditoriali che puntano ad una crescita collettiva del territorio”.
In occasione dell’inaugurazione del nuovo Ostello della Gioventù di Brindisi, che sarà gestito dalla sua impresa, lei ha parlato di “un’altra idea di turismo”: dove porta questa idea? Cosa vede all’orizzonte?
“Negli ultimi anni c’è stata, per come la vedo io, una stereotipizzazione del turismo in Puglia: da un lato i grandi resort di lusso, inaccessibili per la maggior parte dei fruitori, dall’altro una esplosione di b&b, spesso senza controllo e qualche volta anche con livelli di accoglienza che presentano più di un limite. Quello che manca è un tipo di turismo che io definisco “intermedio” che dà a tutti la possibilità di fare esperienza turistica in Puglia e che si basi, per quanto riguarda gli imprenditori e gli investitori, sul concetto di comunità: comunità come orizzonte, per la ricaduta sociale e lavorativa del fenomeno turistico sul territorio, ma anche comunità come punto di partenza, per le sollecitazioni che dal territorio possono arrivare a chi si cimenta nell’impresa turistica”.
L’importanza di fare rete, anche in ambito turistico, è un punto focale della sua visione di impresa: forse la classe imprenditoriale del territorio è arrivata tardi al concetto, ma la situazione sembra in recupero.
“Assolutamente sì. Lavorare per creare reti tra singoli imprenditori e tra imprenditoria e amministrazioni è la prospettiva a cui dobbiamo tendere. E, in questo senso, la cultura è un collante straordinario delle partnership tra pubblico e privato. Soprattutto se parliamo di cultura “pop”, cioè di quella che coinvolge dal basso e in maniera trasversale tutti coloro che sono interessati a sviluppare interessi e contenuti intellettuali. Non mi è mai interessato organizzare iniziative d’élite”.
La battuta d’arresto che le imprese turistiche hanno subito durante la crisi pandemica è stata completamente riassorbita, oppure accusate ancora il colpo?
“Già l’anno scorso è andata molto bene, ma credo che quest’anno verrà assorbita completamente. Attenzione, però: in molti casi gli imprenditori, soprattutto del turismo, nonostante la grande mole di aiuti pubblici arrivati a pioggia, ci hanno lasciato le penne. Diciamo che la pandemia ha operato una certa selezione naturale, soprattutto con le piccole attività un po’ improvvisate esplose in particolar modo nel 2021, che non sempre sono state in grado di generare una buona risposta sul territorio e, subendo un rincaro dei prezzi non giustificato dalla qualità dei servizi che offrivano, sono crollate”.
Torniamo all’arte: di tutti i quadri che in questi anni ha portato a Mesagne, quale vorrebbe vedere nel suo salotto?
“Non è una domanda complicata a cui rispondere, e non soltanto perché in ogni caso non potrei permettermi né Caravaggio né Carracci: le dico “Il Bacio”, del pittore tarantino Roberto Ferri. Non credo che riuscirò a portarmelo a casa, ma lo vedremo a giugno a Mesagne alla mostra “G7”. Il che, tutto sommato, mi consola”.
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