Brindisi Capitale e il vento del Sud. Che soffia ma non spinge

Si è svolto, presso la sala reale dell’Hotel Internazionale di Brindisi, un convegno dal titolo suggestivo “Brindisi Capitale, la libertà di stampa e la nuova Italia”. Promosso dai tre Rotary cittadini, da quello di Roma Nord Est e organizzato dall’Ordine dei Giornalisti di Puglia con la collaborazione dei Pubblicisti Italiani Uniti per l’Europa,
L’incontro ha visto partecipare un nutrito numero di professionisti della comunicazione, a ragione anche, del riconoscimento di crediti formativi.
L’iniziativa, a ben guardare è parte dell’evento della giornata, ovvero la celebrazione del 150° anniversario dell’apertura del Grand’Hotel Internazionale, luogo che più volte riecheggia tra le pagine più note e composite della storia, lo stesso che è guardato, da chi percorre il lungomare, con rispetto quasi ossequioso, perché notoriamente albergo di chi può, inarrivabile accesso ai tantissimi che non possono e mai lo potranno. Il maestro Ercole Furia, per la ricorrenza, ha fissato su una tavola donata all’albergo, un delicato acquerello, che riecheggia la grafica di Achille Beltrame o del suo successore, Walter Molino, che con le loro famose illustrazioni rendevano quadri le copertine della “domenica del Corriere”.
Altri tempi, di quando, lo shoot fotografico era nell’occhio dell’artista disegnatore e la correzione con photoshop era il lavoro di gomito con la gomma per cancellare gli errori.
Il delizioso siparietto, riprodotto dal Maestro Ercole Furia, è iconografica rappresentazione del momento in cui il re Vittorio Emanuele III, sbarcato a Brindisi, è salutato dal Comandante della locale piazzaforte, l’Ammiraglio Luigi Rubartelli. L’episodio certo non avvenne dinanzi all’hotel, né tanto meno riproduce lo sbarco del re, ma le suggestioni e gli effetti evocativi, sintetizzano la significazione di un momento importante. Della “tavola” è stata realizzata una cartolina postale che per l’occasione ha ricevuto l’annullo postale dedicato, per il piacere dei tanti filatelici.
Con tanti colleghi, ho condiviso le 5 ore di ascolto e qui non devo nascondere il piacere di vedere, come quel tragitto elaborato 9 anni fa con la nostra testata Senza Colonne, fatto di ricostruzioni storiche in un viaggio che ci ha portato a ripercorrere e rivedere, per aggiornare, conoscenze ed informazioni che abbiamo condiviso con i nostri lettori e che oggi, in prosecuzione da 120 numeri con questa avventura, ci invita a condividere i nostri archivi con le agenzie educative: prima la scuola!
Non ci ascriviamo alcun titolo, né tanto meno vantiamo privilegi e nella onesta adesione al principio cardine che cerchiamo di onorare, agendo in conformità al codice etico che ci invita a restare anarchici disciplinati (Indro Montanelli) abbiamo seguito in questo tempo il mandato del nostro editore: il nostro lettore! Eravamo Senza Colonne, lo siamo ancora, mai dentro il palazzo, mai col palazzo, sempre fuori dal palazzo (Gianni Agnelli editore ai giornalisti de “La Stampa”.
Con questa consapevolezza ci siamo visti riconosciuti, nel tempo, operatori attivi nella dinamica dei processi comunicativi e così, i nostri sono stati, articoli utili perché, nelle scuole si approfondissero i temi vicini alla storia contemporanea di Brindisi o si sostenesse la nascita di dialoghi internazionali. La nostra umile e minuscola azione è stata utile anche alla formulazione di un disegno di Legge, primo firmatario la Onorevole Savino e che vede il parlamentare brindisino Mauro D’Attis, annunciare, proprio in apertura del convegno, la notizia che il disegno di legge di un solo articolo, che riconosce a Brindisi la dignità di “Gia Capitale d’Italia, è incardinato alla Camera dei Deputati e con previsioni attendibili, sarà votato tra gennaio e febbraio 2020.
A chi gli ha chiesto se il corso del disegno di legge abbia avuto degli ostacoli, l’onorevole D’Attis, ha risposto: “Devo dire che le diffidenze brindisine si sono fatte sentire e riconoscere”.
In quell’unico articolo, sarà riconosciuta pari dignità anche alla città di Salerno, che seguì Brindisi, prima del rientro del re e del governo a Roma liberata dopo il 4 giugno 1944.
Quattro relazioni, diconsi quattro, hanno recintato il tema del convegno identificando, come fosse un solo saggio, il chi, il come, il dove e il quando, ovvero, come fossero i quattro elementi capisaldi di un buon articolo.
Ad introdurre il convegno e fare il quadro etico normativo in cui opera il comunicatore di professione, Michele Lorusso dell’Ordiner dei Giornalisti, che ha voluto sottolineare come Brindisi vada riconosciuta quale “Luogo Simbolo della Libertà di Stampa”. Il riconoscimento fu suggestione di un convegno a Bruxelles nel 2017.
La prima relazione è spettata all’Ammiraglio Pasquale Guerra, già comandante della Brigata San Marco che Brindisi la conosce tanto bene e che da buon “cannoniere” di Marina, centra i suoi argomenti, a far data dalla nascita del sistema di difesa moderno ai primi del secolo scorso, posizionando a Brindisi la base importante e fondamentale della guerra di marina. Non è un caso che il 12 novembre 1918, proprio da Brindisi viene emesso il bollettino di guerra n 38 che sanciva la vittoria navale sull’impero austro-ungarico. L’ammiraglio, che ci omaggia del suo amichevole dialetto brindisino appellandisi “Cumandanti “ti lu battaglioni” definisce il suo focus sui tanti “come” di quel tempo, tutti nella chiara esposizione che solo un navigatore sa fare.
Nel tratteggiare le vicissitudini militari a cavallo di quei tragici giorni di settembre ‘43 che portarono l’Italia a rielaborare la propria esistenza, individua ed offre una lettura dei dinamismi internazionali e della sostanziale inefficace macchina organizzativa italiana che mancava di strategia e di una filiera di comunicazione efficace. Il contributo offerto dalla città, alla rinascita del Paese, risulta, pertanto, soltanto se letta nella composizione delle forze in campo. Dai documenti segreti, intercorsi a partire dal primo datato 9 settembre, si mostra tutta la confusione della filiera di trasmissione, che ha costretto, nei giorni a seguire, migliaia e migliaia di militari a subire sconfitte, sacrifici e morte in nome del giuramento al Capo dello Stato e non già come spesso si confonde al Capo del Governo. (Cefalonia e Kos, solo per citare)
Alla professoressa Maria Gabriella Pasqualini, storica, docente presso la scuola dell’Accademia Ufficiali dei Carabinieri, esperta analista dei fenomeni geopolitici del medi-oriente, con conoscenze specifiche in strategia e Servizi di Sicurezza, il compito di aprire una pagina particolare rispetto ai diversi “chi” non sempre noti, non sempre in prima pagina, ha sostenuto le fila di quei giorni.
A Brindisi nella complessa ricostituzione della macchina dello Stato, rinasce il S.I.M. Servizio Informazione Militare, ovvero quella struttura, necessaria ed utile ad intessere il dialogo riservato anche in prossimità di iniziative di accordi internazionali.
Dalla caduta del fascismo a Madrid, Lisbona e sino al 3 settembre a Cassibile e poi ancora ad Algeri, l’italiano che aveva il compito di trattare, ma non la delega a firmare, era il capo del S.I.M. il gen. Carboni, che non parlava inglese.
Condizione che non fece ben interpretare l’atto di resa incondizionato, che è stato letto sino a qualche decennio fa, col nome di Armistizio.
In un dialogo riservato con la professoressa e col generale Carlo Felice Corsetti, vero dominus della importante iniziativa che dal 2013 propone annualmente un percorso di rilettura del periodo di Brindisi Capitale, condividevo la testimonianza di un militare brindisino che era addetto all’ufficio cifra, ovvero codifica e decodifica dei messaggi del S.I.M. e che in ossequio alle sue volontà seppure ne abbia già scritto nel 2013 ricorrendo il 70° anniversario di Brindisi Capitale, ed avendomi mostrato i documenti, mi chiese di non pubblicare le specifiche delle notizie, tanto si sentiva legato all’onore di aver ricoperto una mansione delicata. Una sola battuta nell’attesa di ricevere dai familiari il permesso di fare nomi cognomi e circostanze, amava ripetermi, S.I.M. per noi interni significava: Siamo Informati Male!!!
Il valore internazionale conferito dalla professoressa alla Città di Brindisi, dove il re non arrivò in fuga, ma seguendo una roadmap condivisa tra gli alleati e con la compiacenza dei tedeschi che non interferirono col trasferimento da Roma a Pescara-Ortona, riapre una lettura ben diversa e ben più complessa per cui Brindisi non era altro, se non il luogo già predeterminato e incastonato in una realtà geografica favorevole a tutti gli attori e che garantiva il riavvio al dialogo internazionale. Non è un caso che a Brindisi e proprio nell’hotel internazionale, si tennero gli incontri preparatori della conferenza di Teheran.
Ai “dove” ha dato voce il prof. Antonio Caputo, che nella lettura pedissequa e puntuale ha definito gli spazi fisici entro cui va raccontata la Brindisi del tempo, comprese le attuali resistenze di chi non sa, fa finta di non sapere, ostacola osteggia e si trincera dietro l’inconsistenza del fatto storico, ancorché culturale, di un tempo che ha visto vigliacchi e traditori, fuggire o tentare di nascondere la propria identità fascista o di chi si incaponisce a dichiarare che a Brindisi il re c’è stato un solo giorno.
La sua non era una tesi ma la espressione interdetta di una proposta interrotta.
Brindisi si è cristallizzata su posizioni apparentemente inconciliabili, tra chi la vede nostalgicamente adagiata su ipotetici allori inesistenti ed una parte proiettata verso ipotesi a volte oniristici vetero-adolescenziali, di vetusti ragazzi incapaci di percepire il nuovo.
Nonostante la conoscenza di diverse culture e la preparazione storico culturale molto ferrata, la prof.ssa Pasqualini mi chiedeva conto della ragione di una riluttanza dei brindisini nei confronti di una così importante e complessa identità che disegnerebbe per Brindisi il luogo da cui far partire iniziative culturali di respiro internazionale. La mia risposta, che ogni brindisino conosce è stata: “Cati Piru Ca Ti Mangiu” cara prof., il brindisino attende che il frutto gli venga imboccato. La sua risposta laconica: “Che peccato”. “Consideri – aggiunge – che le mie ricerche su quel che avvenne qui, mi hanno condotta negli Stati Uniti e per partecipare a questo convegno, ho fatto uno sforzo enorme. Solo ieri sono rientrata a Roma dove sono rientrata dopo aver seguito da osservatrice, le elezioni in Algeria. (Algeri era la base delle iniziative che condussero a tutte le azioni di intervento alleato in Italia. SIC!)
Lei, mi auguro, legittimamente pagata, noi a Londra e in altre capitali, a nostre spese, per ricavare qualche foto, qualche stringa da qualche elenco, “rubando con gli smartphone documenti e immagini.
La storia siamo noi e a nostre spese la raccontiamo, ma ci mettiamo la passione, il cuore, l’onestà che non ci fa profittare e che ci ha guidati nel pensiero di aprire i nostri archivi alle scuole.
Roberto Olla, giornalista già capo redattore Rai famoso per le sue inchieste e documentari storici e che di Brindisi Capitale ha scritto tanto, ci ha portati tra i tanti “quando” seguendo il filo conduttore che vuole la Storia oggi, depauperata del suo ruolo educativo nelle scuole, non cristallizzabile in uno ieri come fosse scrigno, ma dinamicamente come in un fiume continuo, che si muove nel tempo che non si coniuga più nel tempo, perché la storia è divenire continuo.
Brindisi, questo nostro “presente quando” perduta tra un “piccatu ca” e un “nc’era na vota” sobbolle nel brodo di coltura rancido e puzzolente, da cui non riesce a liberarsi, alla pari della rana che nella padella non si avvede dell’acqua che si riscalda sino a morire per inedia.
Roberto Olla richiama temi importanti e indica nel vento del sud che soffia da Brindisi proprio dal 10 di settembre del ’43 ed in unione con agli altri fenomeni di opposizione ai totalitarismi nazifascisti, si muove in sintonia con gli alleati anglo-americani, (una coalizione di nazioni, di cui non faremo mai parte), di cui diverremo cobelligeranti. È a Brindisi pertanto che rinasce lo Stato, le sue complesse macchine, ma pure rinasce quel sentimento che ci legge “fedeli” da 20 secoli, non ai governi, ma ai valori. E se l’ordinamento dello Stato era allora monarchico, a Brindisi si aggregano i tanti soldati sbandati chiedendo lumi, chiedendo di combattere per la liberazione del Paese, dando vita al “primo raggruppamento motorizzato” del Corpo Italiano di Liberazione.
Brindisino di Mesagne fu il nuovo Maresciallo d’Italia, Giovanni Messe.
Brindisini sono stati tra i più tenaci Internati Militari Italiani e di loro non si comprende ancora la portata resistenziale.
Da questa periferia sudorientale tanti giovani entrati nella resistenza partigiana.
Al termine della guerra e già il 6 aprile del ’46 una sommossa provocò importanti disordini in città, sbandata nelle sue istituzioni, ma arrabbiata nella sua popolazione.
Da Brindisi in tanti partirono verso il Belgio per onorare il debito di guerra contratto, scambiando la estrazione di carbone con la fatica dei nostri giovani. Dopo la guerra su Brindisi i grandi investimenti dell’industria di Stato.
Brindisi capitale, allora, è confronto che prescrive, pretende una visione organica, la costruzione di una regia, perché a legge che ne riconoscerà il titolo, diverrà voce del bilancio dello Stato. Investimento, per chi saprà farlo, opportunità di guadagno e di creazione di risorse per la comunità, per chi saprà gestirlo.