Brindisi, operaio morto alla Jindal: sei indagati per omicidio colposo

Il sostituto procuratore della repubblica di Brindisi Raffaele Casto ha notificato avviso di conclusione delle indagini preliminari nel fascicolo aperto a seguito dell’infortunio sul lavoro occorso nella tarda mattinata del 13 marzo all’operaio tuturanese 37enne Gianfranco Conte, morto nello stabilimento brindisino della Jindal Films Europe, la multinazionale a prevalente capitale indiano che qualche anno fa partecipò al bando per l’acquisizione dell’Ilva e che si occupa della lavorazione di materiali polimerici per la produzione di packaging in polietilene e polipropilene.
In tutto le persone indagate sono sei: tutte rispondono di omicidio colposo commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e dei reati previsti e puniti dal Testo Unico in materia di salute e sicurezza sugli ambienti di lavoro (d. lgs. n. 81/08). Quattro di loro hanno violato la normativa vigente in qualità di datori di lavoro, pur con competenze variamente attribuite: si tratta di Roberto Rinaldi, 45 anni, maintanence manager, sub delegato per la sicurezza e la salute dei lavoratori relativamente alle attività manutentive dell’intero sito di Brindisi; Luca Lenzi, 55 anni, logistic manager delegato per la sicurezza e la salute dei lavoratori relativamente all’organizzazione delle operazioni logistiche con riferimento alle attività di approvvigionamento dei materiali, spedizione dei prodotti finiti e gestione operativa del magazzino prodotti finiti dell’intero sito di Brindisi; Massimo Pignatelli, 65 anni, venture manager delegato per la sicurezza e la salute dei lavoratori relativamente all’organizzazione dei progetti a capitale del sito di Brindisi; Orazio Grasso, 65 anni, production manager sub delegato per la sicurezza e la salute dei lavoratori relativamente all’organizzazione produttiva dell’intero sito di Brindisi. I restanti due indagati rispondono in qualità di preposti: sono Nicola D’Errico, 52 anni, specificamente incaricato della verifica e corretta esecuzione dei lavori nel totale rispetto delle procedure interne e delle norme di prevenzione dell’infortunio sul lavoro e igiene del lavoro, e Antonio Perrini, 37 anni, specificatamente incaricato anche della vigilanza sull’osservanza dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge, di informare i lavoratori esposti al rischio di pericolo grave e immediato circa il rischio stesso, di segnalare tempestivamente al datore di lavoro o al dirigente sia la deficienza dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale, sia ogni altra condizione di pericolo che si verificasse durante il lavoro.
Gianfranco Conte morì mentre era impegnato nel sollevamento di un grosso rullo in metallo (pesante più tonnellate) tramite una gru tipo “carroponte” azionata da un telecomando di controllo portatile senza che il cancelletto d’accesso alla passerella di balaustra, utile per il controllo delle attività di processo della linea Reclaim, risultasse adeguatamente allestito e integrato da presidio meccanico che interrompesse la marcia delle attrezzature per evitare interferenze di esse con i lavoratori addetti, e senza che fosse stata allestita idonea cartellonistica: l’operaio si interpose fra il rullo (mentre questo era in sospensione) e la balaustra di sicurezza della passerella metallica sulla quale era installato il carroponte. Tenendo a tracolla il telecomando, che fu azionato in modo occidentale, Conte determinò il movimento del rullo verso di sé, rimanendo incastrato tra rullo e balaustra. Riportò un politrauma da schiacciamento a prevalenza toracica che gli procurò l’arresto cardiocircolatorio e il conseguente decesso.
L’indomani avrebbe festeggiato il compleanno, era marito di Erika e papà di due bambine di undici e sette anni che non vedrà mai crescere. Tra le persone offese, che in caso di rinvio a giudizio potranno costituirsi parte civile, figurano, oltre che moglie e figlie, la madre, un fratello, una zia e due cognate di Conte.
Marina Poci