di Marina Poci per il7 Magazine
È stato chiaro sin dalle prime battute, di un’indagine che si è comunque rivelata lunga e complicata, che il delitto fosse maturato nell’ambito del mondo degli stupefacenti: adesso, a distanza di quasi un anno da quel freddo pomeriggio del 9 novembre nel quale il diciannovenne francavillese Paolo Stasi fu freddato con due colpi di pistola davanti all’uscio della sua abitazione di residenza, in via Occhi Bianchi n. 16, la Procura della Repubblica di Brindisi, nella persona del sostituto Giuseppe De Nozza, ha ricostruito l’intera vicenda, emettendo il 6 ottobre scorso l’avviso di conclusione delle indagini a carico di otto persone. Sono indagati per omicidio l’allora minorenne Luigi Borraccino e il ventiduenne Cristian Candita, a cui vengono contestate le circostanze aggravanti dell’aver premeditato il delitto e di avere agito per motivi abietti o futili, nonché altri cinque giovani (tra cui due ragazze) con la signora Annunziata D’Errico, madre dello stesso Stasi, a carico dei quali sarebbero emersi, secondo il magistrato, profili di responsabilità penale per reati legati a detenzione e cessione a terzi di sostanze stupefacenti. Dall’indagine sarebbe emerso che l’abitazione di Stasi era la base operativa di arrivo, confezionamento e custodia di sostanze stupefacenti destinate allo spaccio, sistema coordinato dal minorenne Borraccino, definito dal PM come il vero e proprio soggetto determinatore nella commissione dei delitti contestati.
Intanto il 2 ottobre (pertanto prima della notifica dell’avviso di conclusione delle indagini da parte della Procura ordinaria) Borraccino (che si trova nel carcere di Brindisi dal 22 maggio scorso e, poiché non aveva compiuto i diciotto anni al momento del fatto, continua ad essere indagato dalla Procura presso il Tribunale dei minorenni di Lecce) nel corso dell’interrogatorio chiesto e reso ai pubblici ministeri minorili Simona Filoni e Paola Guglielmi, ha confessato di aver sparato a Stasi durante un litigio verificatosi sotto casa della vittima.
Il ragazzo ha poi precisato, con ciò escludendo l’aggravante della premeditazione, che non era sua intenzione ammazzare Stasi, ma soltanto spaventare lui e la madre, che si appropriavano sistematicamente di dosi di droga destinate allo spaccio. Secondo la ricostruzione del magistrato, invece, Borraccino si sarebbe recato in via Occhi Bianchi con lo scopo preciso di sparare a Stasi, e forse anche alla madre, colpevoli di avere trattenuto per uso personale un consistente quantitativo di sostanze stupefacenti (hashish, marijuana e cocaina), custodite e confezionate presso l’abitazione di via Occhi Bianchi con la finalità di essere cedute a terzi, contraendo con il Borraccino stesso un debito di circa cinquemila euro. Il giovane, inoltre, nel corso dell’interrogatorio dinnanzi ai PM della Procura dei minori, ha alleggerito la posizione di Cristian Candita, anch’egli accusato di omicidio e in custodia cautelare presso il carcere di Brindisi, affermando che quest’ultimo non sapeva che fosse armato di pistola quando lo accompagnò in macchina fino all’angolo di casa dello Stasi fermandosi in una via attigua per attenderne il ritorno e agevolarne la fuga dopo il delitto. Nel corso dell’interrogatorio di garanzia, cui era stato sottoposto dopo l’arresto di maggio, Borraccino si era chiuso nel suo silenzio, avvalendosi della facoltà di non rispondere. Il 2 ottobre, pur con tutti i distinguo del caso, ha mostrato chiari segnali di collaborazione. Una circostanza che il suo legale, l’avvocato Maurizio Campanino, non ha mancato di sottolineare, affermando che in questi mesi di carcere il suo assistito avrebbe avuto modo di riflettere su quanto accaduto, maturando la volontà di essere ascoltato dai magistrati per chiarire alcuni aspetti ancora sconosciuti agli inquirenti. Ha anche aggiunto, il difensore di Borraccino, che il suo assistito, pur consapevole di avere sparato, seppe soltanto nella tarda serata del 9 novembre che i colpi esplosi avevano attinto Stasi, uccidendolo. Certamente appare difficile sostenere la tesi del delitto d’impeto (escludendo dunque la premeditazione) se si pensa che il mezzo sul quale Borraccino si faceva trasportare dal Candita a casa dello Stasi aveva i vetri laterali e il lunotto posteriore dell’auto oscurati e, ancor di più, se si riflette sul fatto che il mezzo con a bordo i due presunti assassini è stato catturato dalle immagini di una telecamera comunale il giorno 5 novembre, mentre transitava, come in una sorta di sopralluogo, nei pressi della via dove si è poi consumato il delitto qualche giorno più tardi.
In ogni caso, proprio in conseguenza delle dichiarazioni rese in interrogatorio, la Procura dei minori, ritenendo di avere raggiunto l’evidenza della prova, ha chiesto per il giovane reo confesso il giudizio immediato, rito nel quale non si svolge l’udienza preliminare (giacché le prove acquisite appaiono sufficienti e idonee per sostenere l’accusa in dibattimento). Sulla sussistenza dei presupposti di legge per celebrare il processo col rito speciale richiesto si pronuncerà nei prossimi giorni il giudice per le indagini preliminari dell’ufficio gip del Tribunale per i minorenni.
Quanto alle indagini della Procura ordinaria, che si è avvalsa dei Carabinieri del nucleo Investigativo del Reparto Operativo di Brindisi, in collaborazione con il nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Francavilla Fontana, la situazione è ancora molto fluida: a partire dalla notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, infatti, gli indagati hanno venti giorni di tempo per poter presentare memorie, produrre documenti, depositare documentazione relativa ad investigazioni del difensore, chiedere al pubblico ministero il compimento di atti di indagine, nonché presentarsi per rilasciare dichiarazioni, oppure chiedere di essere sottoposti ad interrogatorio.
Allo stato, il termine non è ancora scaduto. Nel caso in cui gli indagati non ritengano di avvalersi di tali possibilità, è ragionevole pensare che il pubblico ministero De Nozza, salvo macroscopici colpi di scena, formuli senza indugio la richiesta di rinvio a giudizio, sulla quale dovrà poi pronunciarsi il gip. Per i reati connessi alla violazione della disciplina della materia degli stupefacenti, per i quali il Borraccino appare, secondo la ricostruzione della Procura ordinaria, l’istigatore, sono indagati anche Moldavio Pasquale, Di Cesaria Giovanni, Mascia Marirosa, Canovari Sara e Candita Cosimo. La posizione più delicata, tuttavia, continua ad essere quella della madre di Paolo Stasi, che nel procedimento riveste la doppia veste di persona offesa dal reato, per la quale potrebbe in ipotesi profilarsi la possibilità della costituzione di parte civile se (come ci si attende) si andrà a processo, e di indagata in relazione ai reati di spaccio e cessione di sostanze stupefacenti. Proprio in considerazione della duplice qualità della D’Errico, la stessa ha nominato due avvocati, entrambi del foro di Brindisi: Francesco Monopoli la difende in quanto indagata, Domenico Attanasi in quanto persona offesa. Attanasi difende anche le altre due persone offese, Giuseppe e Vanessa Stasi, padre e sorella di Paolo, conviventi con la vittima e la D’Errico, che assumono nel procedimento anche lo spinoso ufficio di testimoni.