Covid: danza e teatri chiudono, i negozi specializzati no. “Lo Stato non ci supporta”

negozio danza covid

Brindisi – Il paradosso. Le palestre e i teatri chiudono, ma i negozi specializzati possono restare aperti, in quanto attività commerciali. E così tutto l’universo che ruota attorno ad alcune discipline sportive e al mondo dello spettacolo si trova ad essere danneggiato gravemente, pur senza poter accedere a ristori. Pur dovendo continuare a consumare (e pagare) luce, utenze varie, affitti. Il cortocircuito è probabilmente limitato nel tempo, considerato che si attendono nuovi provvedimenti e nuove restrizioni per fronteggiare la minaccia “coronavirus”. La curva è in salita, non è escluso che già nelle prossime ore possano essere stabilite chiusure con contestuali strumenti di sostegno per chi si trova in difficoltà.

L’anomalia, ad ogni modo, viene segnalata dalla titolare di un negozio che vende unicamente abbigliamento e accessori per la danza. Patrizia Fontò, di “Mon Tutu”, ha scritto a Senza Colonne News.

Sono socia della Anideb (Associazione negozi italiani danza e ballo). Vi scrivo – spiega – per cercare di attirare l’attenzione sulla nostra categoria, strettamente legata alla danza e allo spettacolo, che nell’ultimo Dpcm con la chiusura delle palestre, non è stata presa in considerazione. In Italia siamo più o meno 200 negozi, e un centinaio tra produttori e grossisti che non sono rappresentati da un codice Ateco specifico perché assimilati a negozi di abbigliamento o laboratori di confezioni, quando invece siamo strettamente legati alle scuole di danza, ballo e agli spettacoli teatrali. Il nostro lavoro, per lo più fatto da piccole imprese made in Italy, veste migliaia di ragazzi considerando che in Italia ci sono circa 30mila scuole di danza e ballo”. Si tratta insomma di piccole realtà che valorizzano l’artigianato e la manifattura italiana, ma legate a mercati settoriali.

Per quanto siamo una categoria ‘invisibile’, muoviamo un fatturato non indifferente. Oggi, purtroppo – prosegue – non riusciamo più ad andare avanti. Il precedente lockdown ha quasi distrutto il nostro lavoro, considerando che siamo stati fermi da marzo sino alla fine di agosto e con tante difficoltà abbiamo ripreso a settembre contando una riduzione del fatturato del 70 per cento. Quest’ultimo Dpcm per noi è stato una beffa, ci permette di stare aperti ma ci ha totalmente tolto i clienti. Rimaniamo aperti per chi???”. Da qui il grido di allarme e la richiesta di aiuto: “Oggi lo Stato non ci supporta e avendo terminato le nostre risorse per fronteggiare le spese (luce , affitti, utenze) dello scorso lockdown , saremo costretti purtroppo a chiudere le nostre attività abbandonando così anche i nostri collaboratori e le loro famiglie.

Abbiamo provato, con ogni mezzo, di aprire un canale di comunicazione con le istituzioni, ma ad oggi non abbiamo ricevuto alcuna risposta. Trentamila scuole di danza e tutti i loro allievi rischiano di non poter ricevere più scarpe, abbigliamento e tutti gli accessori e gadget perché i produttori ed i commercianti specializzati rischiano la chiusura totale”.



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