“Contegni eccedenti la normalità causale”: così la Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Bari, Rossana De Cristofaro, ha definito la condotta dell’ex sovrintendente della polizia penitenziaria di Bari Domenico Coppi, condannato a tre anni e sei mesi di reclusione nel processo celebrato con rito abbreviato per i comportamenti violenti assunti dallo stesso nei confronti di un detenuto affetto da patologia psichiatrica.
Le motivazioni della sentenza, appena depositate, si riferiscono ai fatti accaduti la notte del 27 aprile 2022 nel penitenziario del capoluogo, quando il detenuto, dopo avere dato fuoco al materasso della propria cella, fu picchiato selvaggiamente da Coppi e da altre guardie penitenziarie (che saranno giudicate con rito ordinario, insieme ad alcuni infermieri).
La GUP ha sposato l’ipotesi accusatoria della Procura di Bari, condannando l’uomo per tortura, rifiuto d’atti d’ufficio e falso ideologico; la stessa sentenza ha valutato anche la posizione del medico dell’infermeria Gianluca Palumbo, condannato a un anno e due mesi per omessa denuncia (pena sospesa) e dell’agente Roberto Macchia, assolto «perché il fatto non costituisce reato» dall’accusa di rifiuto d’atti d’ufficio.
Il detenuto, precisa ancora la GUP, “in quegli specifici momenti apparso completamente inerme e disteso sul pavimento alla mercé degli agenti”, “si trovava in stato di privazione della libertà personale e comunque in condizione di minorata difesa” e “al momento della condotta aggressiva giacente in terra, da solo, al cospetto di un numero cospicuo di agenti”.
Inoltre “le gravi violenze esercitate sulla vittima hanno comportato acute sofferenze fisiche e ragionevolmente anche un verificabile trauma psichico”, determinando un agire “connotato da crudeltà” e cioè da “sofferenze aggiuntive ingiustificate”.
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