Due morti sospette al Perrino: la Procura di Brindisi indaga per omicidio colposo e ordina le autopsie

Di Marina Poci per il numero 381 de Il7 Magazine
Due morti sospette avvenute in circostanze meritevoli di approfondimento popolano la cronaca brindisina degli ultimi giorni; due decessi, verificatisi all’ospedale Antonio Perrino, a cui hanno fatto seguito altrettante denunce da parte dei famigliari delle vittime; due presunti casi di malasanità per i quali la Procura della Repubblica presso il Tribunale messapico ha avviato il procedimento penale, aprendo in entrambi i casi un fascicolo con l’ipotesi di reato di omicidio colposo (contro ignoti) e disponendo che sia svolta l’autopsia per determinare se vi siano responsabilità dei sanitari che hanno avuto in cura i due pazienti non sopravvissuti.
La prima vicenda riguarda una 39enne di Francavilla Fontana deceduta poco dopo la mezzanotte del 4 dicembre nel reparto di Rianimazione del nosocomio brindisino: alle 15 di giovedì 12 dicembre, il sostituto procuratore della Repubblica Giovanni Marino, titolare delle indagini, conferirà l’incarico di effettuare l’esame autoptico ai periti nominati, i professionisti Liliana Innamorato, specializzata in Medicina Legale, e Marco Vulpi, specializzato in Urologia, che già nel pomeriggio dello stesso giorno potrebbero recarsi nella camera mortuaria del Perrino per svolgere l’accertamento tecnico non ripetibile sulla salma (che è stata traslata nel nosocomio brindisino dopo i funerali, una volta intervenuta la denuncia) ed esaminare la cartella clinica, anch’essa posta sotto sequestro.
Secondo quanto sostenuto dai famigliari della paziente nella denuncia presentata ai Carabinieri, la donna si sarebbe recata una prima volta all’ospedale Dario Camberligo di Francavilla Fontana lunedì 2 dicembre lamentando forti dolori ad un fianco, nausea e vomito: una sintomatologia che poneva il sospetto diagnostico di colica renale, sul quale si sarebbe iniziato a indagare. La paziente, sempre stando a quanto sostenuto dalla famiglia, sarebbe stata poi dimessa con predisposizione di terapia domiciliare e, il giorno successivo, considerato che le sue condizioni non mostravano segni di miglioramento, sarebbe stata nuovamente trasportata al Camberlingo e, da qui, trasferita urgentemente al Perrino in autoambulanza. I risultati emersi dagli accertamenti effettuati nell’ospedale brindisino avrebbero reso necessario un intervento chirurgico, al termine del quale la 39enne è stata ricoverata in Rianimazione, reparto in cui è morta poche ore dopo. Una ricostruzione che ASL Brindisi, rimanendo “a disposizione per fornire ogni chiarimento necessario” e “ribadendo il proprio impegno a garantire sempre la massima attenzione e qualità nell’assistenza sanitaria”, non ha mancato di respingere con una nota a firma del direttore generale Maurizio De Nuccio, il quale ha dichiarato che “ la giovane nel corso del primo accesso avvenuto nella serata del due dicembre, dopo essere stata trattata e a seguito di regressione della sintomatologia dolorosa, ha preferito tornare a casa abbandonando il Pronto Soccorso mentre erano in corso gli accertamenti clinici e prima della chiusura della cartella clinica, rifiutando il monitoraggio e gli ulteriori accertamenti proposti dai sanitari nonché firmando la dimissione”.
I genitori e la sorella della donna si sono trincerati nel più assoluto riserbo, affidando a sua volta agli avvocati Domenico Attanasi ed Emanuele Altamura, che li assistono, una ferma replica a quanto sostenuto dal vertice aziendale: “sopraffatti dal dolore per la prematura ed inaspettata perdita”, hanno espresso “rammarico e disappunto per le dichiarazioni rilasciate alla stampa dal direttore generale della Asl”, ritenute “per lo meno inopportune, considerato che l’autorità giudiziaria procedente ha appena avviato ogni accertamento finalizzato a ricostruire i fatti e, conseguentemente, la esatta concatenazione degli eventi da cui è scaturito il drammatico esito”. I famigliari hanno inoltre precisato che “non intendono alimentare il clamore mediatico innescato dalla vicenda e incrementato dai successivi commenti” e che “si limiteranno ad attendere che la verità sia accertata nelle opportune sedi processuali”.
L’altro caso sotto la lente di ingrandimento della Procura messapica riguarda la morte, avvenuta il reparto di Nefrologia dell’ospedale Perrino, di un brindisino di 83 anni, improvvisamente venuto a mancare il 30 novembre scorso nel corso di una seduta di dialisi (il trattamento di “lavaggio” del sangue a cui vengono sottoposti i pazienti con una funzionalità renale compromessa): l’uomo è morto in reparto pochi minuti dopo aver parlato al telefono con uno dei figli, che durante la conversazione non ha registrato nessun particolare segnale di allarme. Eppure da lì a poco il paziente ha perso la vita. La moglie e i figli, assistiti dall’avvocato Marco Elia, hanno sporto denuncia immediatamente e il pubblico ministero di turno, Francesco Carluccio, che ha ricevuto la notizia di reato dagli agenti del posto fisso di Polizia presente nel Perrino, ha aperto un fascicolo, ordinando il sequestro della salma e della cartella clinica e disponendo l’accertamento autoptico per indagare sulle cause di un decesso apparentemente inspiegabile. Saranno Eloisa Maselli, medico legale, e Nicla Campobasso, nefrologa, nominate, a ricevere l’incarico e i relativi quesiti il prossimo 16 dicembre.
Peraltro, ASL Brindisi si trova a gestire due vicende drammatiche che pongono un problema di (al momento soltanto eventuale) responsabilità del personale sanitario a pochi giorni dalla condanna di primo grado, in sede civile, al pagamento della significativa somma di un milione e duecentomila euro in favore del marito, dei figli e dei nipoti di una donna di 75 anni morta nel novembre 2018 per aver contratto un’infezione nosocomiale dopo un ricovero all’ospedale Perrino avvenuto a seguito ad un infarto miocardico: in particolare, secondo quanto reso noto dall’avvocato Emilio Graziuso dell’associazione Dalla Parte del Consumatore, la donna, come denunciato dai familiari e riscontrato successivamente dai periti nominati dal giudice Francesco Giliberti del Tribunale di Brindisi, fu colpita da “una infezione ospedaliera multi resistente in due tempi” che determinò una sindrome da disfunzione multiorgano. Ritenuta con ogni probabilità la causa del decesso.
Restano inoltre in piedi, e si trovano ancora nella fase delle indagini preliminari, altre tre inchieste per omicidio colposo che a loro tempo destarono molto clamore anche nell’opinione pubblica. Innanzitutto, il caso di Viviana Delego, la professoressa fasanese di 42 anni morta, dopo il parto cesareo dei suoi gemelli Emilia ed Edoardo, per quello che qualche mese più tardi gli ispettori regionali avrebbero definito “un susseguirsi di errori” che, unitamente a carenze strutturali e organizzative del Perrino, causarono una “tempesta perfetta” (tre eventi, eclampsia, distacco di placenta e rottura delle membrane, che già di per sé sono in grado di essere fatali e che, presentandosi eccezionalmente in concomitanza, non hanno lasciato scampo alla donna). Così come si continua a indagare sulla morte di Antonio Picciolo, l’operaio brindisino morto per gli esiti di un’emorragia cerebrale all’ospedale Santissima Annunziata di Taranto, in cui era stato trasportato (con ritardo, secondo quanto sostenuto in denuncia) a causa della mancanza al Perrino (dal 2021!) della figura del radiologo interventista, lo specialista che avrebbe potuto, forse salvare la sua vita (va detto, a onor del vero che lo scorso ottobre ASL Brindisi è stata autorizzata ad istituire l’unità operativa complessa di Radiologia Interventistica presso l’ospedale Perrino). Ed è ancora in piedi anche l’inchiesta sul decesso del commercialista brindisino Armando Calizzi, morto all’ospedale messapico dopo un intervento allo stomaco che fece seguito ad un’operazione di chirurgia bariatrica cui l’uomo si era sottoposto al Policlinico San Marco di Zingonia, in provincia di Bergamo: in quel caso l’azienda sanitaria parlò di “gravi complicanze correlate ad un precedente intervento fuori regione”, sostanzialmente spogliandosi delle responsabilità del tragico epilogo della vita di Calizzi. Ad avere l’ultima parola sarà però, in tutti i casi, la magistratura.