Edison torna a Brindisi ma la città ha ancora i «suoi» fanghi velenosi

di Lucia Portolano per il7 Magazine

Qualcuno ci aveva provato a far pagare la bonifica dei fanghi tossici di Micorosa a coloro che quell’inquinamento lo avevano provocato. D’altronde si tratta di rifiuti inquinanti provenienti dalle lavorazioni del Petrolchimico, prodotti e stoccati dal 1960 al 1980. Rifiuti che nell’arco di oltre 50 anni sono ancora lì, e nessuno dei produttori ha mai pagato un euro. Una storia che però ancora non è finita. Per ora i soldi per la bonifica li ha messi lo Stato, quindi i cittadini, ma non è detto che tra qualche mese qualcosa possa cambiare. Si attende infatti la decisione del Consiglio di Stato che a breve si esprimerà sul ricorso presentato da Edison (una della società che nel corso degli anni è stata proprietaria degli impianti) contro l’ordinanza della Provincia di Brindisi che ha ordinato ad Edison, Syndial, Versalis e alla curatela fallimentare di Micorosa, la messa in sicurezza e la bonifica dei terreni inquinati.
Nel 2014 il Tar ha dato ragione alla Provincia, rigettando il ricorso di Edison. Ma la società non si è fermata, e si è rivolta al Consiglio di Stato. La Provincia di Brindisi è rappresentata in giudizio dall’avvocato Mario Marino Guadalupi. L’organo amministrativo di secondo grado si sarebbe dovuto pronunciare a dicembre 2020, ma l’udienza è slittata al 2021, ed ancora non è stata fissata la nuova data. Ma la decisione definitiva potrebbe arrivare tra qualche mese. Una volta per tutte sarà stabilito chi dovrà pagare per la bonifica di quella bomba ecologica a pochi passi dalle case dei brindisini.
Il 25 marzo 2013 la Provincia di Brindisi con un’ordinanza ha ordinato a Edison, Syndial, Versalis e alla curatela fallimentare di Micorosa di “attuare le misure di prevenzione necessarie a contenere la diffusione delle sostanze inquinanti con particolare riferimento a quelle riscontrate nel suolo, sottosuolo e nelle acque di falda sottostanti l’area comprendente il sito interessato dallo stoccaggio dei rifiuti; di procedere alla elaborazione e presentazione per la relativa approvazione del progetto di bonifica delle acque di falda, del suolo e sottosuolo ed alla realizzazione dei necessari interventi di bonifica”. Syndial e Edison impugnano l’ordinanza. La prima ne esce vincitrice perché solleva una questione di competenza affermando che non è la Provincia, bensì il ministero dell’Ambiente, l’ente competente ad emanare tale obbligo. Lo stesso tribunale amministrativo rigetta però il ricorso di Edison.
Nella sentenza il giudice ricostruisce la storia aziendale del Petrolchimico: dalla fusione tra Montecatini ed Edison nel 1966 che ha portato alla creazione di Montedison, la cessione alla Montedipe srl (1989); il successivo conferimento del ramo d’azienda ad Enichem Polimeri srl nel 1991, e poi a Enichem Anic srl (1990); ed ancora la fusione per incorporazione di Enichem Anic srl ed Enichem Polimeri srl in Enichem spa (1993), poi divenuta Syndial spa; il conferimento d’azienda da Enichem spa a Brindisi Etilene srl (1995), diventata poi Polimeri Europa srl e, in seguito, Versalis spa.
Il Tar boccia le motivazioni riportate dai legali di Edison, i quali ritenevano illegittimo il provvedimento della Provincia secondo il principio in cui le norme in materia di bonifica ambientale non possono essere applicate in maniera retroattiva. Come per dire è stato inquinato prima che la normativa ambientale venisse varata. O meglio che loro fossero stati proprietari prima di quella normativa. Il giudice smonta questa ipotesi precisando che le previsioni del decreto Ronchi (legge sui rifiuti) si applicano a qualunque sito che risulti attualmente inquinato, indipendentemente dal momento in cui possa essere avvenuto il fatto, o i fatti generatori dell’attuale situazione patologica. La formulazione della norma collega infatti la pena non al momento in cui viene cagionato l’inquinamento, o il relativo pericolo, ma alla mancata realizzazione, da parte del responsabile, della bonifica. Inoltre nella sentenza il giudice cita anche la perizia depositata dalla Syndial, e non contestata da Edison, nella quale si precisa che “l’area Micorosa è stata adibita – a partire dal 1962 e fino a metà degli anni ’70 – a luogo di recapito di rifiuti di origine industriale da parte di società del gruppo Montedison (oggi Edison)”.
La sentenza del Tar di Lecce è stata deposita il 19 febbraio 2014. Ora non resta che attendere la decisione del Consiglio di Stato.
Nel frattempo, quando i conti con questo territorio non sono ancora chiusi, Edison si riaffaccia a Brindisi con un nuovo progetto. Sceglie il suo porto per la realizzazione di un deposito di gnl (gas naturale liquefatto) per alimentare navi e mezzi su gomma. Si tratta di un impianto con una capacità di stoccaggio tra i 16mila e i 19mila metricubi. A dicembre 2020 il deposito costiero ha ottenuto dal comitato tecnico regionale parere positivo al Nulla osta di fattibilità. Secondo il progetto la banchina dovrà essere attrezzata per consentire lo scarico di gnl da metaniere con capacità comprese tra 7.500 a 30mila metricubi, e il caricamento di nave bettoline con range di capacità tra 1mille e 7.500 metricubi. L’investimento dell’opera è di circa cento milioni di euro. L’iter per le autorizzazioni è aperto al ministero, l’opera per essere realizzata ha bisogno dell’autorizzazione unica, rilasciata dal ministero dello Sviluppo Economico, di concerto con il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e d’intesa con la Regione.