Giampiero, Paolo e Luca: tre ragazzi strappati alla vita. Storie diverse con un unico tragico epilogo

di Gianmarco Di Napoli per il7 Magazine

Ci sono tre storie di ragazzi uccisi che in questi giorni si stanno intrecciando, per motivi diversi, nelle cronache della provincia di Brindisi: Giampiero Carvone nel capoluogo, Paolo Stasi a Francavilla Fontana e Luca D’Errico a Torre Santa Susanna.
Il caso Carvone, quello più datato, (il ragazzo fu ucciso a 19 anni il 9 settembre 2019) è giunto a un primo punto fermo: lunedì prossimo, davanti al giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Lecce, si discuterà della richiesta di rinvio a giudizio dei due imputati: Giuseppe Ferrarese, 27 anni, accusato di omicidio premeditato aggravato dai futili motivi e dall’aver commesso il fatto per agevolare l’associazione mafiosa Sacra corona unita. E Orlando Carella, 54 anni, accusato “solo” di aver minacciato la testimone-chiave del processo che lavorava alle sue dipendenze.
Per Ferrarese non sarà possibile chiedere il rito abbreviato: secondo la nuova norma, nei processi in cui l’imputato rischia l’ergastolo non si può accedere al rito alternativo. Opzione invece che la difesa di Carella potrebbe scegliere.
La famiglia del ragazzo ucciso, che per quasi tre anni si è battuta perché emergesse la verità su quella morte, si costituirà parte civile già nell’udienza preliminare.
Quell’omicidio ha strappato la vita a un ragazzo di 19 anni, ha segnato in maniera indelebile la sua famiglia, ha portato in carcere il presunto omicida, un altro giovane che rischia una condanna a vita. Ma ha cambiato per sempre anche l’esistenza della vera eroina di questa vicenda, una giovane donna che abitava al rione Perrino, madre di due bambini, che ha rifiutato di fornire un falso alibi al presunto assassino e ha posto le sue basi per la sua cattura. Quella donna, minacciata più volte dopo le sue deposizioni, è stata sottoposta al programma di protezione ed è andata a vivere in una località segreta e con una nuova identità.
La seconda vicenda è quella che riguarda un altro 19enne ucciso: Paolo Stasi. Il 9 marzo saranno quattro mesi dalla sera del delitto e i riflettori sul caso sembrano essersi spenti, probabilmente in attesa delle decisioni della procura e del giudice per le indagini preliminari, perché la sensazione è che, in un modo o nell’altro, l’inchiesta possa essere chiusa e che i carabinieri del comando provinciale di Brindisi e quelli della compagnia di Francavilla Fontana abbiano fornito elementi probatori utili alla soluzione del giallo. Pochi e controversi i punti certi emersi da un’indagine caratterizzata da un particolare riserbo: la presenza di un indagato, un ragazzo appena diciottenne ma che quando è avvenuto l’omicidio non aveva ancora raggiunto la maggiore età. E per questo le indagini vedono affiancate la la procura di Brindisi e quella per i minori di Lecce. L’altro dato che sarebbe emerso è la presenza continua di hascisc nell’abitazione di via Occhi Bianchi dove viveva la vittima e al cui ingresso Paolo fu ammazzato. A rendere ancora più inquietante la vicenda c’è la posizione della madre, Nunzia D’Errico, che avrebbe ammesso con i carabinieri che il figlio preparava in casa dosi di sostanza stupefacente. E che lei ne avrebbe fatto uso.
Anche in questo caso il reato ipotizzato è omicidio aggravato dai futili motivi. Se ne saprà di più se e quando eventuali ordinanze di custodia cautelare saranno eseguite.
Il terzo caso, recentissimo, è quello dell’omicidio di Luca D’Errico, ucciso a 31 anni in una stradina di Torre Santa Susanna. Qui la storia è all’apparenza già chiusa perché è stato già arrestato chi ha premuto il grilletto: Salvatore Carluccio, 24 anni, il giovane che abitava nell’abitazione dalla quale è partito il colpo di pistola. Si è giustificato dicendo che temeva di essere ucciso. I carabinieri lo hanno arrestato per omicidio volontario e gli hanno sequestrato l’arma con cui probabilmente ha sparato: una calibro 9×21.
Indagine chiusa? Assolutamente no. Intanto gli inquirenti (e non a caso è presente la Direzione distrettuale antimafia di Lecce) stanno cercando di appurare se effettivamente D’Errico e gli altri giovani che erano con lui avevano davvero intenzioni di colpire Carluccio, poi sarà necessario determinare in che contesto la vicenda sia maturata e poi – possibilmente – prevenire il rischio che l’omicidio possa scatenare vendette e ritorsioni.
A margine di tutto questo c’è stato un gesto nobile della famiglia di D’Errico: gli organi del ragazzo sono stati donati quando ormai ne era stata dichiarata la morte cerebrale. Tre diverse equipe hanno effettuato il prelievo all’ospedale Perrino. Altre vite saranno salvate dopo questo bagno di sangue.