di Gianmarco Di Napoli per il7 Magazine
Il sorriso. Con il sorriso Giuseppe De Vincentis ti fregava. Ed è quasi impossibile trovare una sua foto in cui non sorrideva lui o non ridevano i suoi amici. Una marea di amici che da mercoledì mattina inondano Facebook di messaggi increduli, disperati. Perché la morte è esattamente l’antitesi di ciò che Giuseppe rappresentava per tutti: l’allegria, la spensieratezza, l’ottimismo, la positività. A 37 anni aveva una vita intera davanti, un lavoro che gli piaceva, progetti.
Martedì notte sta tornando da una serata trascorsa con gli amici in un locale del centro. Un cocktail, quattro risate, la musica, che quella non doveva mancare mai, anche se lui andava matto per le canzoni di Franco Califano e quelle non le mettono più. Sale su uno scooter X-Max di un amico e sta tornando a casa, a Bozzano, il quartiere in cui è nato. Il cavalcavia De Gasperi in quel punto è una trappola: la discesa prima di immettersi in viale Aldo Moro, all’incrocio con via Dalmazia, proprio davanti al supermercato Conad. Decine di incidenti in quel punto. Giuseppe perde il controllo della moto, e cade. E non succederebbe niente di grave se non ci fosse quel palo. Uno solo. Ci sbatte contro. Non ha neanche il tempo di capire quello che sta succedendo.
La notizia si diffonde solo alle prime ore del mattino, ma viaggia a una velocità supersonica. Corrono tutti all’obitorio del cimitero. E’ lì che ritrovano l’amico che avevano salutato la sera precedente. Ci sono i genitori Pino (noto commerciante di casalinghi), la madre Patrizia, i fratelli Manuele e Teodoro. Il tam tam diventa vorticoso.
Ci sono gli amici di una vita, come Alberto De Donno che lo conosce da quando erano bambini, al quartiere Bozzano, e si andava a scorrazzare in quella enorme distesa verde di erba incolta su cui poi è stato costruito il parco Maniglio. E gli amici del Commerciale Marconi dove aveva preso il diploma da ragioniere. Ma il sorriso di Giuseppe, o “GdV” come amava firmarsi stilizzando il suo acronimo, aveva conquistato il cuore di chiunque abbia incrociato nel suo cammino un po’ sghembo in cui aveva incrociato, mille interessi, cento passioni.
Da ragazzino aveva cominciato a organizzare feste, nei locali e nelle discoteche. Quelle in cui le sue doti innate di “Pr” venivano esaltate. Poi era stato tra i primi a buttarsi nel commercio delle sigarette elettroniche: vendeva le “Iqos”, quelle prodotte dalla Marlboro. Quindi si era dedicato agli infissi: lavorava per una multinazionale tedesca. E sognava di diventare imprenditore.
Non poteva mancare anche una parentesi politica: era stato nominato presidente dei giovani dell’Ncd di Massimo Ferrarese ed era andato (e ne era orgoglioso) a Strasburgo, al Parlamento europeo.
In ognuna di queste avventure si era portato dietro nuovi amici. Anche se il suo gruppo fisso era quello delle serate al Trullo: Toni Muccio, Marco Stasi, Angelo Filomeno. L’ultima foto insieme solo qualche sera fa, la telefonata a Muccio martedì sera alle 22: “Che fai? Io bevo qualcosa da Fella e vado a casa”. Nessuno dei suoi amici ha ricevuto il solito messaggio del mattino. Quella battuta, un sorriso, firmato Gdv.