Il Lupo di Alimini, l’Orso “M49” del Trentino, la Tartaruga mordace di Savelletri, il grande Squalo bianco che imperversa nei mari del Salento: cosa hanno in comune questi quattro animali?
Nulla, se non l’impatto mediatico che si sposa alla perfezione con antiche e quasi sopite paure ancestrali risalenti a più generazioni addietro e che nell’epoca di internet, delle condivisioni in tempo reale di video, diventano notizie ed immagini che chiunque può postare nel web e che, attraverso i social e le condivisioni riescono ad espandersi ben oltre ciò che i normali media siano mai riusciti a fare.
Se a ciò si aggiunga che tutti quanti ritengono di poter dire la loro su qualsiasi argomento, non solo quando sono seduti al bar con gli amici, ma cercando di imporre le proprie opinioni dalla cattedra di Facebook, allora ecco cosa accomuna questi animali: sono tutti e quattro vittime innocenti ed inconsapevoli di questo modo bislacco e privo di ogni crisma scientifico di approcciarsi a tematiche scientifiche ed ambientali che meriterebbero bel altro metodo comunicativo.
Il lupacchiotto, che dimostra una confidenza innaturale con i luoghi antropizzati e che si aggira da qualche mese sulle spiagge prossime ai laghi Alimini dalle parti di Otranto, è solo l’ultimo, in ordine temporale, dei mostri sbattuti in prima pagina.
Si tratta, a quanto dicono non solo decine e decine di testimoni oculari, ma anche il comandante dei Forestali di Lecce che ha avuto modo di occuparsi della vicenda, di un giovane esemplare che, in maniera tutt’altro che naturale, cerca il contatto con l’uomo, assolutamente non aggressivo, ma come usano fare anche i cani, tende ad essere particolarmente irruento nei suoi giochi: ed ecco che a volte sottrae il telo mare ad un bagnante e corre via, oppure si avvicina ai bambini per stimolarli al gioco come è, probabilmente, capitato quando ha addentato il lembo del vestitino di una bambina, guadagnandosi la prima pagina dei giornali come “lupo cattivo che azzanna una bambina, che miracolosamente sfugge alle sue terribili fauci”e dove si blatera anche di gente terrorizzata da questo animale che, come nelle favole, è considerato, senza possibilità di appello, brutto e cattivo.
Mediaticamente è un bel colpo: l’attenzione di milioni di persone viene ad essere catalizzata da questo giovane esemplare di Lupo (Canis lupus il suo nome scientifico), che, anziché il fitto dei boschi, predilige le spiagge e le periferie dei paesi e già gruppi di cacciatori – ma, grazie a Dio, in questo periodo la caccia è chiusa e non si più imbracciare il fucile e, in più, il Lupo è specie protetta dalla legge – vorrebbe organizzarsi per stanare questo terribile mostro e liberare la penisola salentina dal terrore! Magari si sentirebbero anche degli eroi a farlo…
Mi è capitato di sentire dalla bocca di quelle stesse persone, che da mesi stigmatizzano la caccia all’orso M49 che è stato condannato a morte in Trentino – affermando, sensatamente, che la natura va rispettata, che è l’uomo che deve imparare a tenersi a debita distanza dalle specie selvatiche e che è compito dell’uomo, quale essere senziente, custodire il creato e tutelare tutte le specie animali, ancor più se a rischio di estinzione – cambiare del tutto idea ora che il “mostro” ritengono di averlo a due passi da casa.
Sono allo studio piani di cattura, task force, perfino alcune associazioni ambientaliste, che ritenevo potessero essere più equilibrate e coerenti, sembrano orientate ad accettare l’idea di una deportazione di massa dei pochi esemplari di Lupo che ci sono nel Salento, per rinchiuderli in qualche riserva o area protetta, trincerandosi dietro un comportamento anomalo dell’esemplare in questione che sarebbe un pericolo per se stesso e per gli altri, in quanto troppo domestico. Evidentemente mi è sfuggito qualche passaggio logico e non riesco a comprendere il senso di questo ragionamento
Dovendo l’uomo convivere il più pacificamente possibile con il resto del creato, mi sarei aspettato da Autorità e associazioni ambientaliste, un vademecum diretto ai frequentatori di questi luoghi, in cui si dettano poche, precise e facili regole da rispettare, la cui principale è, e deve essere, quella di lasciare in pace non solo i lupi, ma tutti gli animali selvatici, mantenendosi a debita distanza e non inseguendoli per filmarli, fotografarli, farsi dei selfie e lanciargli un panino o, come è anche capitato, delle patatine fritte, con l’intento di potersi avvicinare.
D’altronde il Lupo non è un alieno in Puglia e nel Salento; sicuramente nell’ultimo secolo qui, come altrove, a causa della eccessiva urbanizzazione e della distruzione dei suoi habitat, è diventato più raro e, per questo, maggiormente abbisognevole di tutela, ma da qui a farne non solo un ospite sgradito, ma addirittura un nemico da eliminare o rinchiudere da qualche parte ce ne corre.
Proprio questo inverno, nello scorso mese di gennaio, un paio di giovani lupi sono stati visti e filmati a margine della strada provinciale fra Mesagne e Tuturano e, dal momento che questi animali sono in grado di percorrere decine e decine di chilometri al giorno, potrebbero essere ovunque in questo momento, senza che ciò possa considerarsi un pericolo di sorta.
Anche in Valle d’Itria e fra le campagne ed i colli di Ostuni e Cisternino, la presenza dei lupi è una costante e, anche se di tanto in tanto desta qualche preoccupazione per gli allevatori, la situazione è decisamente sotto controllo. Fra l’altro, va tenuto presente che anche in Puglia vige una Legge Regionale che prevede un indennizzo per i danni che gli stessi allevatori vengano a subire ad opera del Lupo ed in cui è ben specificato che si tratta di un animale tutelato per cui ne è vietata la cattura e l’uccisione.
Tutto questo allarme mediatico che si è venuto a creare attorno al Lupo di Alimini, mi fa tornare alla mente non solo la storia, sopra accennata, dell’orso M49, ma, da abituale frequentatore del mare, anche alcune leggende metropolitane che sorgono su presunti mostri marini a partire dalla summenzionata tartaruga mordace di Savelletri che, alcuni anni addietro creò scompiglio, più sui social che altrove, fra i bagnanti delle marine di Fasano: in una mattina di agosto del 2012, probabilmente attratta dal forte odore di pesce che emanava il retino di un pescatore subacqueo, un esemplare adulto di Caretta caretta ebbe la ventura di avvicinarsi troppo a riva e finì per essere circondata da oltre un centinaio di bagnanti che la toccavano, la volevano fotografare e qualcuno si voleva anche sedere sopra. Come è giusto che sia, trattandosi, lo ripeterò fino alla nausea, di un animale selvatico, nel tentativo di riconquistare la libertà e di sfuggire a quella che a tutti gli effetti era una aggressione che stava subendo da decine di individui che l’avevano circondata, si fece largo a suon di “pinnate” fra la folla e riguadagnò il largo.
Apriti cielo: una tartaruga assassina. C’era chi giurava che, oltre che mordere, digrignava anche i denti, però peccato che le tartarughe non hanno i denti, chi diceva di essere stato morso al ginocchio, chi al polpaccio, chi al tallone; si fece vivo anche un pescatore subacqueo che giurava di essere stato letteralmente aggredito da quello stesso esemplare a Torre Canne e che per miracolo non era stato trascinato giù nell’abisso, proprio come nei documentari fanno i coccodrilli con le loro prede!
Anche in questo caso la potenza mediatica di un animale che tutti conoscono, unitamente al ricordo ancestrale degli antichi miti dei mostri marini, ha fatto si che l’immaginazione superasse la realtà e la scienza e tutti, sui social, si sentivano biologi marini e zoologi in grado non solo di comprendere, ma anche di spiegare agli altri ciò che si deve e non si deve fare.
Ed i veri esperti e studiosi competenti in materia, che evidenziavano una diversa verità, nessuno li stava a sentire allora, come ora.
Lo Squalo bianco (Carcharodon carcharias), un grosso pescecane da sempre esistente anche nel bacino del Mediterraneo, è l’altro grande fenomeno mediatico che catalizza l’attenzione e rinfocola antiche paure da sempre esistenti nelle città marinaresche.
Non si hanno notizie recenti di aggressioni all’uomo, almeno dalle nostre parti e di tanto in tanto qualche esemplare è stato anche catturato: quello più famoso fu il grande Squalo bianco pescato a Gallipoli negli anni ottanta: un esemplare di oltre sei metri che fu esposto in porto come trofeo, prima di essere fatto a pezzi. Il problema è che ogni tipo di squalo o squaletto, anche le verdesche e gli innocui squali vacca, rinfocolano queste antiche paure, alimentate dalla memoria dei film di Spielberg ed i video e le foto amatoriali dei diportisti rimbalzano sul web alla velocità della luce.
Prima di terminare, tornando al nostro lupacchiotto di Alimini, voglio riferire un aneddoto appreso al Bar del sub, giù alla marina di Brindisi, una quarantina abbondante di anni fa: l’attacco da parte di una piovra gigante ad un povero pescatore che, a stento, riuscì a tranciare con un attrezzo di fortuna il perfido tentacolo che lo aveva avvinghiato e lo stava tirando giù dalla barchetta e riguadagnare la riva faticosamente, avendo il terribile mostro marino spezzato anche i remi, facendo ritorno a casa, nel cuore della notte, dove la moglie, gelosa, lo aspettava con ansia, pronto ad aggredirlo e non solo verbalmente.
Una volta raccontato del terribile attacco subito ad opera della Piovra assassina, mostrando come prova tangibile di quanto accaduto i segni inequivocabili sul collo delle ventose dei tentacoli del grosso cefalopode che aveva provato a trascinarlo già negli abissi, ebbe tutta la comprensione e l’affetto della mogliettina, pentita di aver dubitato della lealtà dello sposo e felice che il mare glielo aveva restituito vivo.
All’epoca non c’era internet, i fatti rimanevano circoscritti e la diffusione, al più, era affidata alle chiacchiere da bar dove girava, a questo proposito, una doppia verità: quella ufficiale della piovra gigante che aveva aggredito il pescatore e quella più verosimile, della arguta e fantasiosa scusa tirata fuori dal maritino per giustificare non solo il ritardo con cui aveva fatto ritorno al talamo nuziale, ma, soprattutto, i “succhiotti” sul collo, rimediati nel corso della scappatella extraconiugale.
L’Orso, la Tartaruga, lo Squalo, mettiamoci, per ridere, anche il raccontino sulla Piovra, per tornare, infine, al Lupo di Alimini, nella speranza che possa, quanto prima, rendersi invisibile come lo sono la maggior parte dei suoi simili, riuscire a trovare naturalmente posto in un branco che lo accetti e che possa, soprattutto, dimenticare l’uomo ed il male che consapevolmente od inconsapevolmente gli è stato causato, trattandolo da cane e privandolo della sua selvaticità che, insieme ai suoi istinti primordiali, sono la maggiore garanzia di sopravvivenza per un animale della sua specie.