di Lucia Pezzuto per IL7 Magazine
Le aziende oneste sono vittime di chi opera nell’illegalità e cerca con espedienti di accaparrarsi appalti al massimo ribasso. Un danno per chi invece in tutti questi anni ha fatto scelte diverse”. A parlare è Angelo Campana (foto), imprenditore brindisino titolare dell’IBA, Centro Meridionale, spa, un’azienda che opera nel campo dell’edilizia industriale dal 1959. L’IBA spa è una di quelle aziende sane che operano sul nostro territorio, che nell’arco degli anni, nonostante la crisi non si è piegata ai ricatti del mercato e della concorrenza sleale.
“Lo abbiamo nel Dna, io stesso sono cresciuto così- dice con orgoglio Campana- mi hanno insegnato a essere onesto, a rispettare il lavoro, lo dobbiamo ai nostri committenti ma anche ai nostri operai. La nostra storia la dice lunga su chi siamo, abbiamo sedi a Bologna, a Livorno, ovviamente a Brindisi, un tempo anche a Milano. Negli ultimi anni, però, le gare a massimo ribasso, la concorrenza delle altre imprese ci ha messo in una posizione difficile, da un lato schiacciati dai costi, dall’altro dal comportamento sleale dei nostri competitor che spesso ci costringono ad accettare lavori a prezzi stracciati”.
Questo è ciò che accade soprattutto nel campo edile dove le commesse hanno una scadenza a breve termine e dove anche i contratti di lavoro per la manodopera sono a tempo. In queste condizioni è molto più semplice utilizzare espedienti che possano andare a vantaggio delle aziende “sleali”.
“E’ naturale , se ci si occupa della manutenzione di impianti industriali si deve fare affidamento al personale fisso, con noi lavorano intere famiglie, da generazioni- dice l’imprenditore- abbiamo figli i cui padri sono andati in pensione con noi. Diverso è quando si parla di edilizia civile, la manodopera si assume a tempo determinato in base alle esigenze della commessa. Anche qui ci sono aziende che evadono parzialmente, perché sui documenti dei dipendenti attestano un monte ore di gran lunga inferiore a quello effettivo”.
L’evasione parziale, come la definisce Campana, è una delle forme di evasione più diffusa, il lavoratore che comunque non vuole perdere i contributi o il beneficio della disoccupazione accetta qualsiasi condizione li venga proposta. Accade così che il monte ore dichiarato è inferiore a quello reale ma che anche lo stipendio percepito è di gran lunga al di sotto di quello riportato nella busta paga.
“Si fanno enormi sacrifici per mantenere un’azienda in attivo sul mercato. Noi siamo in sofferenza da alcuni anni, ma nonostante questo diamo lavoro a settanta dipendenti. Dal 2009 a oggi la crisi e la concorrenza sleale hanno rosicchiato un po’ della produzione- dice Campana- nonostante questo abbiamo fatto di tutto per evitare la cassa integrazione e mantenere i livelli occupazionali. Ci vorrebbe un esame di coscienza da parte dei committenti ed essere molto più attenti quando si trovano nelle gare offerte al massimo ribasso. Bisogna chiedersi cosa c’è dietro. La crisi con la quale si giustificano le aziende sleali è solo una scusa”.
Così da un lato la diminuzione delle commesse, dall’altro le gare a massimo ribasso, dietro l’azione mirata di chi pensa che impiegando la manodopera in nero o assumendo in modo irregolare si possa guadagnare di più, il tutto diventa un circolo vizioso che si traduce in uno stato di crisi, in questo caso reale, per le altre aziende che sono costrette o ad adeguarsi ai prezzi stracciati del mercato o a rinunciare rischiando di chiudere “bottega”.
“Lo Stato ha il dovere di intervenire, non avete idea di cosa significa risparmiare del dieci o del venti per cento su di un appalto- aggiunge il titolare dell’IBA- lo Stato deve pretendere di avere una documentazione che attesti lo stato di salute dell’azienda e il comportamento corretto, una documentazione che sia probatoria dei contratti con i quali sono impiegati i dipendenti e della loro posizione contributiva. Questo deve essere obbligatorio soprattutto negli appalti pubblici. Noi abbiamo l’abitudine di mostrare persino la busta paga. Ma questo lo fa una azienda su dieci. Le altre si nascondono perché sanno di non essere in regola. Non solo un altro motivo che porta all’evasione sono le tasse e il livello di contribuzione che oramai è arrivato alle stelle. Basti fare una proporzione, se il costo puro per un lavoratore è 10 , quello contributivo è esattamente altrettanto. Non c’è alcuna agevolazione in tutto questo”.
Lavoro nero, lavoro irregolare, gare a massimo ribasso, tasse e contributi, oggi fare impresa è sempre più difficile. Eppure basterebbe applicare controlli più serrati, questo chiedono le aziende oneste, per poter lavorare meglio. In questa richiesta al fianco delle imprese ci sono anche i sindacati che hanno il compito di tutelare e difendere i diritti dei lavoratori.
Qualche giorno fa Angelo Castellucci, segretario provinciale della Cisl di Brindisi e Taranto scriveva: “Come Cisl, insieme con le nostre Federazioni, rivendichiamo da tempo non solo azioni repressive ma anche di prevenzione, momenti diffusi di informazione e di formazione per lavoratrici e lavoratori, coinvolgendo le Istituzioni, gli Enti strumentali del territorio e gli Enti Bilaterali, al fine di utilizzare il contributo concreto che tali Enti ed Istituzioni possono fornire. La Cisl chiede l’attivazione di una rete tra Enti e Istituzioni, Associazioni di categoria e organizzazioni sindacali e pensiamo che sia questo il momento per sottoscrivere un Patto territoriale su lavoro, salute, ambiente e sicurezza, in cui siano anche contenuti specifici protocolli di legalità, al fine di prevenire e scongiurare infiltrazioni criminali nei richiamati settori produttivi, nonché di garantire buona occupazione e sicurezza interna ed esterna ai luoghi di lavoro”.