di Gianmarco Di Napoli
Giuseppina Fumarola andava a lavorare e ogni santa mattina aveva il terrore di ritrovarselo davanti: lui abitava in via Alessandro Volta, lei entrava di corsa nella sartoria di via Galileo Galilei, a 50 metri di distanza. Il tempo di parcheggiare l’auto e correre dentro, al sicuro. Ma questa mattina non ha fatto in tempo. Ha chiuso lo sportello e se l’è trovato davanti, le ha sbarrato la strada: Vito Sussa non ha detto una parola, ha imbracciato uno dei suoi tre fucili da caccia e le ha sparato due volte da distanza ravvicinata. Giuseppina, che aveva 47 anni, è morta un istante dopo, colpita all’addome. Lui, assassino e vigliacco, forse aveva preparato tutto, persino la sua vile dipartita: è scappato nel garage della sua casa, si è stretto intorno al collo una corda e si è impiccato.
Era già morto quando i carabinieri hanno fatto irruzione, armi alla mano. Quando ancora intorno al corpo di Giuseppina i sanitari del 118 tentavano disperatamente di rianimarla e le colleghe piangevano, sotto choc, attirate fuori da quegli spari e avendo visto l’assassino fuggire.
Villa Castelli ha novemila abitanti. Tutti conoscono tutti. Giuseppina era una di quelle donne giudiziose che non si arrendono alle difficoltà della vita. Si era messa alle spalle un matrimonio andato male, aveva cresciuto due figli felici, Gessica e Gherardo, che oggi hanno 27 e 21 anni, lavorava sodo da 25 anni in quella sartoria per portare avanti la famiglia. In quell’azienda tessile, sulla strada per Grottaglie, la conoscevano per la sua costanza. Ma sapevano anche che da un paio di settimane era preoccupata perché l’uomo con cui aveva avuto una relazione e che aveva deciso di lasciare continuava a minacciarla. E abitava proprio lì, di fronte. Il primo a soccorrerla è stato il suo datore di lavoro che ha sentito gli spari ed è corso in strada: “Lo sapevamo tutti che aveva paura, lui le scriveva messaggi terribili”, racconta.
Giuseppina non aveva denunciato il suo stalker. Sperava, probabilmente, che con il tempo mollasse la presa, la lasciasse vivere in pace. Un errore che le è stato fatale. Sussa, che faceva il piastrellista e aveva 52 anni, scriveva frasi tutt’altro che sibilline sul suo profilo Facebook: “Un amico delinquente ti aiuta sempre, ma un amico pazzo a bisogno di aiuto”. Oppure “Non ho vinto battaglie ne ho perso una guerra,ma ho salvato la mia vita lontano da lei, grazie Gesù”: postate solo qualche giorno fa. In casa aveva un piccolo arsenale, tutto regolarmente detenuto: tre fucili da caccia e due pistole.
Ha scelto con cura quella con cui avrebbe dovuto mettere fine alla vita di Giuseppina, l’ha aspettata nel luogo e nell’orario preciso in cui sapeva che sarebbe arrivata. L’ha uccisa senza pietà e poi non ha avuto neanche il coraggio di affrontare le conseguenze di quello che ha fatto. Ha scelto la scorciatoia per l’inferno: è sceso nel garage della sua casa e si è ucciso.
Le indagini in questi casi contano poco. I sistemi esterni di videosorveglianza dell’azienda tessile hanno ripreso ogni fase del delitto. L’assassino si è tolto la vita e ha evitato di trascorrere in carcere il resto dei suoi giorni. La storia, dal punto di vista giudiziario, è già chiusa. La procura ha restituito la salma alla famiglia risparmiando l’ulteriore dramma dell’autopsia. Resta il peso del dolore incontenibile, quello dei figli di Giuseppina, dei suoi genitori Grazia e Stefano. I funerali si svolgeranno venerdì pomeriggio alle 17 nella chiesa di San Vincenzo de’ Paoli in una Villa Castelli a lutto.