Di Marina Poci per il numero 401 de Il7 Magazine
Sarebbero state determinanti le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Antonio Campana (mesagnese, che ha ricostruito storia e ruoli del clan colpito dalle ultime misure), Andrea Romano (brindisino, che ha fatto luce sull’approvvigionamento di armi dalla Germania), e Cesare Sorio (sampietrano, che ha parlato diffusamente dell’acquisto di droga sulla piazza di Cerignola), per ricostruire nel dettaglio le attività criminali del sodalizio promosso e diretto da Christian Tarantino, 36 anni, di San Pietro Vernotico, operante nella frangia cosiddetta “tuturarese” della Sacra Corona Unita, quella che faceva storicamente capo prima a Salvatore Buccarella e Giuseppe (Pino) Rogoli e successivamente a Francesco Campana e Giuseppe Giordano (“Aiace”) e che attualmente è diretta e organizzata da Raffaele Renna (“Puffo”) proprio per il tramite di Tarantino.
È quanto emerge dall’ordinanza di custodia cautelare emessa dalla Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce Giulia Proto su richiesta della PM della Direzione Distrettuale Antimafia salentina Carmen Ruggiero: la misura è stata eseguita nelle province di Brindisi e Lecce (nonché nelle case circondariali di Sassari, Oristano, Bari, Lecce e Agrigento) lo scorso 22 aprile a carico di dieci soggetti (nove in carcere, uno ai domiciliari) dai Carabinieri del Comando Provinciale di Brindisi, con il supporto del Nucleo Cinofili Carabinieri di Modugno e dell’Aliquota di Primo Intervento Carabinieri di Brindisi. Le persone coinvolte sono indagate a vario titolo ( e per tutte vale la presunzione di non colpevolezza sino a sentenza definitiva) per “associazione finalizzata al traffico illecito di stupefacenti” con l’aggravante di aver agevolato l’associazione mafiosa “Sacra Corona Unita” per “spaccio di sostanze stupefacenti” e per “violazioni in materia di armi”.
Si tratta, oltre che del presunto boss emergente Cristian Tarantino (già in regime di detenzione ex art. 41 bis dell’Ordinamento Penitenziario presso il carcere Bacchiddu di Sassari), di Omar De Simone (30 anni, di San Pietro Vernotico, ritenuto luogotenente di Tarantino); Gianpiero Alula (47 anni, di San Pietro Vernotico); Carmine Antonio Fellini (22 anni, di San Pietro Vernotico); Gianpaolo Gravina (34 anni, nato a Mesagne e residente a San Pietro Vernotico); Alessandro Giannone (35 anni, nato a Campi Salentina e residente a San Pietro Vernotico, risultato irreperibile); Debora Valzano (38 anni, nata a San Pietro Vernotico e residente a Squinzano); Nico Pennetta (33 anni, di San Pietro Vernotico); Vincenzo Mingolla (59 anni, di San Vito Dei Normanni); Federico D’Agostino (36 anni, nato a Mesagne e residente a Cellino San Marco, al quale è stata applicata la misura cautelare degli arresti domiciliari).
L’indagine, spalmata nel periodo che va dall’ottobre 2022 al novembre 2024, rappresenta la fase conclusiva di una più articolata attività investigativa avviata a seguito della recrudescenza di gravi atti intimidatori verificatisi a San Pietro Vernotico: attentati che Tarantino, avendo illecitamente nella propria disponibilità un pc portatile con chiavetta usb e un telefono cellulare, avrebbe commissionato dal carcere di Sulmona nei confronti di imprenditori e commercianti, nonché della sua ex moglie e di alcuni familiari della donna, dopo la scoperta che la stessa aveva intrapreso una nuova relazione sentimentale.
Per quei fatti, il 22 luglio 2024, la DDA di Lecce e la Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Lecce emisero un provvedimento di fermo di indiziato di delitto nei confronti di sei persone (di cui due minorenni) ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso con l’aggravante dell’associazione armata, tentata estorsione, danneggiamenti con esplosivi o a seguito di incendio, lesioni personali e porto e detenzione di armi da fuoco. In seguito alle indagini che motivarono il fermo, diedi giorno dopo Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce emise un’ordinanza di custodia cautelare in Carcere per cinque indagati (quattro dei quali colpiti dal decreto di fermo, a cui si aggiunse Cristian Tarantino, il capo e promotore dell’associazione mafiosa).
Dopodiché, le indagini sono proseguite focalizzando le attività inquirenti sul traffico e lo spaccio di sostanze stupefacenti e le violazioni della normativa in materia di armi, sino ad arrivare alle custodie cautelari dello scorso martedì di Pasqua.
Nell’ordinanza a firma della Gip Proto viene ricostruita con estrema puntualità, anche con l’ausilio delle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Antonio Campana, fratello del boss mesagnese Francesco (sino ad un certo momento il referente più potente della frangia dei tuturanesi), la carriera criminale di Tarantino. Antonio Campana riferisce che Tarantino si sarebbe affiliato nel 2009 a Raffaele Renna e che, quando una costola del clan tuturanese decise di staccarsi dai vecchi capi per creare un nuovo gruppo, di questo nuovo gruppo Tarantino, prossimo a tornare in libertà (si parla degli anni tra il 2015 e il 2016), sarebbe stato il referente a San Pietro Vernotico (prima della scarcerazione, dice Antonio Campania, lui stesso, l’altro affiliato Raffaele Martena e Raffaele Renna gli avrebbero fatto “la scuola”, ossia gli fornirono direttive precise su quale dovesse essere la sua attività per conto del clan).
La posizione del sampietrano si sarebbe consolidata in maniera più netta sul territorio quando lo stesso fu collocato agli arresti domiciliari dai quali – dopo essere evaso – comunicava con Renna e l’altro affiliato Raffaele Martena attraverso “pizzini” (i foglietti scritti a mano in linguaggio in codice, attraverso cui i boss impartiscono informazioni e ordini ai loro affiliati con l’aiuto di intermediari, per evitare di essere intercettati). Di tanto dà conto Andrea Romano, affiliato di Francesco Campana e condannato all’ergastolo con sentenza passata in giudicato per l’omicidio di Cosimo Tedesco (avvenuto nel 2014), che riferisce di come, a partire dal 2013, Tarantino, su cui pendeva una condanna a trent’anni di reclusione, non aveva molto da perdere, motivo per il quale sarebbe stato disponibile a qualsiasi azione delittuosa. Qualche anno più tardi, scavalcando Renna, nel frattempo sottoposto a detenzione carceraria, Tarantino avrebbe iniziato a fare riferimento direttamente a Francesco Campana. È sempre Andrea Romano a parlare delle armi provenienti dalla Germania, attraverso un canale di approvvigionamento gestito direttamente da Tarantino, mentre è Cesare Sorio, arrestato nel dicembre 2023 e recentemente diventato collaboratore di giustizia, a dichiarare che Tarantino controllava il territorio di San Pietro Vernotico quanto al traffico di sostanze stupefacenti, imponendo il pagamento del punto e gestendo i canali di rifornimento. In particolare, il pentito precisa che la cocaina poi venduta da Tarantino sulla piazza di San Pietro Vernotico proveniva da Cerignola. Ma il contributo di Sorio non si esaurisce alle dinamiche interne al clan dei tuturanesi: un passaggio delle sue dichiarazioni riguarda i rapporti con il clan facente capo a Lucio Annis, referente a San Pietro Vernotico della frangia mesagnese della SCU. Ebbene, a tale proposito Sorio ha riferito di avere saputo da Fabrizio Annis, fratello di Lucio, dei malumori destati dall’ascesa criminale di Tarantino negli affiliati al clan degli Annis che, prima di Tarantino, esercitavano un controllo pressoché indisturbato su San Pietro.
In ogni caso, l’indagine condotta dai Carabinieri del Comando Provinciale di Brindisi, al netto di tutte le necessarie verifiche che saranno effettuate nelle ulteriori fasi del procedimento, ha consentito di delineare gli assetti organizzativi dell’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti (cocaina, hashish e marijuana), di cui Tarantino era presunto capo e promotore, e di stabilire in modo chiaro i ruoli ricoperti dai sodali all’interno del gruppo criminale, nonché di accertare i luoghi di occultamento degli approvvigionamenti presso gli immobili in uso alle persone destinatarie delle misure cautelari e di identificare i sodali dell’associazione con base operativa in San Pietro Vernotico e gli appartenenti alla rete di spaccio per la distribuzione nelle province di Brindisi e Lecce.
Una associazione che dalla Gip Proto è ritenuta connotata da notorietà criminale acquisita nel tempo con la lunga e stabile presenza nei territori di competenza, nonché connotata da una forte carica di intimidazione che si manifestava con il compimento di tentate estorsioni, esecuzione e programmazione di atti intimidatori con l’utilizzo di esplosivi e armi, danneggiamenti seguiti da incendio e pestaggi, nonché connotata dalla conseguente condizione di assoggettamento omertà sia interna che esterna al clan. Una associazione che presenterebbe tutti i tratti che storicamente caratterizzano le consorterie mafiose, ovvero la struttura gerarchica, la definizione dei ruoli, il legame tra gli associati, il sostentamento ai sodali detenuti e ai loro familiari, il supporto economico agli affiliati storici detenuti e alle loro famiglie, il diretto collegamento tra sodali detenuti e sodali liberi, la ricerca di consenso sociale allorché i partecipi si adoperavano a tutela di terzi che a loro si rivolgevano per far valere le proprie ragioni, il controllo dei territori di influenza e, infine, la ripartizione dei profitti.