Una bambina di 8 anni originaria del Mali e residente con i genitori e due fratellini in un comune del Nord Salento è stata ricoverata presso il reparto di Pediatria dell’ospedale Vito Fazzi di Lecce, dove è giunta accompagnata dal padre, il quale ha giustificato i forti dolori al basso ventre e le perdite di sangue della piccola con una caduta in casa: i medici che l’hanno presa in cura hanno scoperto ben presto che le condizioni della bambina erano dovute ad un’infibulazione alla quale sarebbe stata sottoposta tempo fa e, durante la visita, è inoltre emerso il sospetto che la piccola sia stata recentemente vittima di abusi sessuali.
I Carabinieri, che indagano sulla vicenda, avrebbero trovato nell’appartamento lenzuola insanguinate e un gravissimo stato di incuria e degrado.
La pratica dell’infibulazione, che ha origini molto risalenti nel tempo ed è ancora oggi diffusa in alcune zone dell’Africa e dell’Asia, è la forma più estrema di mutilazione genitale femminile, eseguita sulle bambine in età pre-adolescenziale per preservarne l’illibatezza, giacché impedisce di poter avere rapporti sessuali. Consiste nella rimozione del clitoride e delle piccole labbra, con contestuale cucitura con un spessa sutura delle grandi labbra, lasciando solo un piccolo foro per il passaggio dell’urina e del flusso mestruale.
Nel 2012 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione che rende reato universale le mutilazioni genitali femminili, a cui hanno aderito circa due terzi degli Stati membri dell’ONU. In precedenza, nel nostro ordinamento la legge numero 7 del 2006 ha introdotto nel codice penale l’articolo 583-bis, che punisce con la reclusione da quattro a dodici anni chi, senza esigenze terapeutiche, cagiona una mutilazione degli organi genitali femminili.
Al momento la bambina, dimessa, è monitorata in un ambiente protetto: stando alle pochissime informazioni trapelate, sarebbe stata affidata ai Servizi Sociali e collocata in una comunità insieme al fratellino di 5 anni e alla sorellina di 2, in attesa che l’inchiesta aperta dalla Procura presso il Tribunale per i Minorenni di Lecce, di cui è titolare la Procuratrice Simona Filoni, faccia piena luce sulla vicenda.
Marina Poci
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