di Gianmarco Di Napoli
La possibile candidatura di Pino Marchionna a sindaco di Brindisi si è rivelata, come si prevedeva, un sasso nello stagno della politica brindisina in cui partiti e movimenti vivacchiavano appisolati come sui “morsi di rana”, sì insomma quelle piantine rotonde e galleggianti che ornano i nostri laghetti. Non era necessario uno tsunami per interrompere la placida siesta, è stato sufficiente l’improvviso e blando ondeggiare che il possibile ritorno tra gli scranni del “politico ed economista italiano”, ma anche romanziere (cit. Wikipedia), ha provocato.
Diciamo subito una cosa: le probabilità che la candidatura ipotizzata per vie non ufficiali dal coordinatore regionale di Forza Italia, Mauro D’Attis, approdi ai crismi delle liste elettorali appaiono oggi meno numerose che sette giorni addietro. Perché l’ipotesi di un candidato unitario, seppure con un passato remoto da sindaco e un presente da manager, non ha per niente convinto gli altri partiti del centrodestra che a livello di governo centrale viaggiano (seppur faticosamente e per interessi comuni) fianco a fianco e che invece a Brindisi vivono da separati in casa, con in più problematiche interne che rendono questa frammentazione difficilmente ricomponibile in funzione elettorale. Nonostante il rischio evidente (già sperimentato per altro nelle ultime amministrative) che il centrodestra diviso venga sconfitto. Spalancando le strade al centronistra, come accadde per Rossi.
Marchionna sarebbe dunque il candidato di Forza Italia, ma non quello di Fratelli d’Italia, ossia il partito di governo, che a Brindisi vive in un clima da resa dei conti. Gran parte dei tesserati di Fdi, almeno formalmente, hanno espresso sostegno all’autocandidatura di Massimiliano Oggiano il quale, consigliere comunale e provinciale in carica, si sente legittimato a rappresentare la città e non solo i suoi elettori e il suo partito. Una parte del quale però, soprattutto il circolo Atreju, ha avviato un percorso di rinnovamento che vorrebbe la rimozione del coordinatore cittadino Cesare Mevoli e soprattutto si oppone alla candidatura di Oggiano a sindaco, dicendosi pronto a sostenere eventualmente Marchionna.
Non è tutto, ma solo l’inizio.
Perché nelle more di questa diatriba è spuntato un terzo nome che rischia di sparigliare ulteriormente i giochi e anche gli schieramenti: è quello di Pietro Guadalupi, 32 anni, a soli 18 il presidente più giovane d’Italia di una Pro loco (quella di Tuturano), nel 2016, a 25 anni, presidente del Consiglio comunale dopo essere stato il più suffragato alle urne. Guadalupi è storicamente un fefelissimo di Raffaele Fitto, attualmente ministro plenipotenziario in quota a Fratelli d’Italia. Ma la sua candidatura non viene proposta dal centrodestra, bensì da Toni Muccio che è stato consigliere comunale e personaggio di riferimento di “Noi Centro” e che evidentemente, pur parlando a proprio nome in realtà potrebbe far convergere su quella scelta due schieramenti importanti quali il Partito Repubblicano e il Movimento Regione Salento. Sia Giovanni Antonino (che comunque è sempre nel retrobottega del Pri) che Lino Luperti e Pino Roma, rappresentanti brindisini del movimento di Paolo Pagliaro, evidentemente fuori contesto nel gruppone trasversale che compone l’attuale centro e che fa riferimento a Fabiano Amati, potrebbero fare quadrato intorno a Guadalupi, la cui candidatura a quel punto potrebbe diventare non solo credibile, ma anche di impatto concreto.
Con la candidatura di Pietro Guadalupi (che dovrebbe a quel punto rinnegare comunque la sua appartenenza a Fitto) il centrodestra di fatto avrebbe ben tre ipotesi diverse: Marchionna, Oggiano e Guadalupi. E in questa situazione è chiaro che l’ex sindaco dal passato socialista farebbe, comprensibilmente, un passo indietro.
A risolvere l’impasse potrebbero essere un tavolo nazionale e la mediazione di D’Attis che è consapevole della precarietà e delle scarse possibilità di successo per un centrodestra così frammentato, essendo per altro l’unico parlamentare della provincia di Brindisi in questa legislatura. Tenterà probabilmente di trovare un accordo su Marchionna, nel caso in cui Oggiano decidesse di fare un passo indietro (o gli venisse imposto di farlo dai vertici nazionali) o magari potrebbe ripescare la carta di Roberto Cavalera. Sconfitto alle ultime amministrative, qyest’ultimo ha scelto di non diventare l’anti Rossi in Consiglio e questo se da un lato lo ha tenuto lontano dai riflettori provocando più di una critica nel suo stesso partito, dall’altro ha dimostrato quella moderazione e quella competenza tecnica che ne fanno ancora un candidato spendibile e ancora molto credibile.
L’onda lunga dell’effetto Marchionna porterebbe dunque come conseguenza anche a un possibile indebolimento del terzo polo, quello di Centro, nato con grandi ambizioni ma che vacillerebbe ulteriormente se dopo la fuoriuscita di Luperti & co. andassero via anche i Repubblicani. Vedremo che scelte saranno compiute nelle prossime settimane perché tutti i progetti possono essere interessanti e ambiziosi, ma se poi manca un potenziale elettorale non si può andare lontano.
E se il centrodestra si presenta in questo momento frammentato, non se la passa molto meglio il versante opposto. Il matrimonio tra il Movimento Cinque Stelle e il Pd non è mai stato così lontano come in questo momento e allo stato sembra diventato quasi impossibile. Il Pd resta irremovibile sulla ricandidatura di Riccardo Rossi, il quale a sua volta non ha nessun motivo per non accettarla. Sull’altro fronte i Cinque Stelle sanno bene che convergere su quel candidato per fare un ticket significherebbe lasciare per strada gran parte dei propri elettori. Oltre all’ambizione, per altro giustificata dopo i risultati alle ultime Politiche, di presentare un proprio candidato. Quindi, al momento, da una parte ci sarà Rossi e dall’altra il candidato del M5S. Anche qui la possibile corsa di Roberto Fusco, così come quella di Marchionna, potrebbe interrompersi prima di partire ufficialmente perché è probabile che l’avvocato non accetti di mettersi in gioco se non ci sarà un asse unico di centrosinistra.
La fine del breve tentativo di avvicinamento tra Rossi e i consiglieri comunali Cinque stelle entrati a luglio al posto dei dimissionari Serra e Motolese, è stata cristallizzata qualche giorno fa nella scelta dei tre grillini di lasciare l’aula al momento del voto sul Documento programmatico preliminare al Pug. Uno sgarbo che Rossi ha sottolineato subito pubblicamente.
Ma c’è di più e questo è davvero inedito e riguarda proprio casa Rossi: l’ex presidente del Consiglio comunale, Giuseppe Cellie, da sempre l’uomo di fiducia di Rossi e tesserato con il suo movimento “Brindisi Bene Comune” ha chiesto – sempre nella stessa assise – all’attuale presidente Alessio Carbonella di considerare irricevibili le proposte di emendamento della sua stessa maggioranza, che evidentemente non condivideva. Si è giustificato dicendo che voleva difendere l’operato dell’assessore Borri, ma in casa BBC l’uscita del figlior prodigo non è stata gradita.
E così qualcuno già corre il rischio di scivolare dai «morsi di rana» e finire nello stagno prima ancora che si inizi davvero a ballare. Ma stavolta non per colpa di Marchionna.