Ai funerali, celebrati ieri pomeriggio nella Chiesa Madre di Fasano alla presenza di centinaia di persone, non seguirà la tumulazione: i genitori di Marcello Vinci, il professore fasanese 29enne morto in Cina precipitando dal 35esimo piano di un grattacielo nella città di Chengdu, continuano a sperare in un nuovo esame autoptico da svolgersi su suolo italiano. Non è ancora chiaro se sia stato aperto un fascicolo presso la Procura di Brindisi, mentre sembrerebbe certo che si sia già attivata la Procura di Roma. Nel frattempo, la salma di Marcello riposa nella camera mortuaria del Cimitero di Fasano, laddove è stata trasportata dopo la funzione funebre.
L’Asl ha intanto autorizzato la sostituzione della bara, di dimensioni eccessive rispetto a quelle utilizzate in Italia.
Le autorità cinesi, all’esito di un’autopsia i cui costi sono stati sopportati interamente dalla famiglia, hanno chiuso l’inchiesta liquidando la morte di Vinci come un gesto volontario, ipotesi alla quale nessuno a Fasano ha mai creduto. La notte della morte il giovane era in compagnia di un uomo di nazionalità cinese conosciuto in chat, trattenuto in custodia per quindici giorni e poi rilasciato, sul quale si sono concentrate all’inizio le attenzioni degli investigatori. L’uomo avrebbe riferito agli inquirenti che Marcello quella sera ha avuto un lieve malore, motivo per il quale si è steso sul letto in attesa di sentirsi meglio. L’uomo l’avrebbe lasciato da solo, spostandosi in un’altra stanza, sino a quando non ha sentito un forte tonfo. Sarebbe rientrato nella camera e, non vedendo tracce di Marcello, si sarebbe affacciato alla finestra, scorgendo per strada il corpo del ragazzo.