Marcello Vinci torna a casa ma in una bara: ora la famiglia vuole la verità

Di Marina Poci per Il7 Magazine

Aveva promesso alla mamma che sarebbe rientrato in Italia a ottobre, Marcello. A ottobre sarebbe arrivato a casa, a Pezze di Greco, dove la famiglia e gli amici lo attendevano dal 2019. Arriverà in effetti giovedì 26 in prima serata, ma all’aeroporto di Fiumicino e chiuso tra le sei assi di legno di una bara, lasciando ai suoi genitori la disperazione indicibile di aver perso un figlio adorato, lo strazio di non riuscire a comprendere le ragioni della perdita e pure una fattura di circa seimila euro, anticipati per affrontare i costi dell’autopsia. Perché il digital creator Marcello Vinci, fasanese, ventinove intensi anni di studio, viaggi e sentimenti belli, ha avuto la sfortuna di morire in Cina, precipitato durante la notte tra il 5 e il 6 marzo scorsi dal trentacinquesimo piano di un grattacielo di Chengdu, la città di sedici milioni di abitanti nella quale lavorava come interprete in una scuola del consolato italiano. E quando muori in Cina, pare che per capire come e perché sei morto sia necessario pagare, specie se non sei cinese. Le autorità del posto, all’esito di un’autopsia i cui risultati sembra non siano mai stati comunicati nel dettaglio, hanno stabilito che si sia trattato di suicidio, ma tra i parenti e gli amici del giovane Marcello nessuno ha mai dato credito alla versione ufficiale di Pechino. È questo il motivo per cui i genitori di Vinci chiederanno che un nuovo esame autoptico sia svolto in Italia, con tutte le garanzie del procedimento penale italiano, compresa la possibilità di nominare un consulente di parte che interloquisca direttamente con il perito nominato dalla Procura. Ci sarebbero due fascicoli già aperti, uno a Brindisi e l’altro a Roma, circostanza che rende ancora difficile poter immaginare quando la salma potrà essere lasciata alla famiglia e ancora meno programmare la data del funerale.
Le ultime notizie di Marcello risalgono a poche ore prima della morte: aveva chiacchierato telefonicamente con il padre Antonio, che non aveva notato in lui niente di allarmante. Era forse un po’ stanco, perché c’erano delle assenze di colleghi che lo costringevano a qualche turno in più, ma nulla che Marcello, laureato in Relazioni internazionali e avvezzo a ritmi di studio e lavoro molto intensi, non fosse in grado di gestire. La mamma Angela, invece, parrucchiera, lo aveva sentito il 4 marzo. Gli aveva inviato una foto del salone che stava ristrutturando a Rosa Marina. Le aveva risposto inviandole, il giorno dopo, una foto mentre era in un bar. Poi il silenzio: alle chiamate materne del 6 marzo Marcello non ha risposto già più. Il vuoto di notizie è stato colmato dagli investigatori cinesi, che hanno appurato la presenza di Vinci nel grattacielo da cui asseriscono che sia precipitato, perché ospite nell’appartamento di un cinese di quarantacinque anni conosciuto via chat. L’uomo avrebbe riferito agli inquirenti che Marcello quella sera ha avuto un lieve malore, motivo per il quale si è steso sul letto in attesa di sentirsi meglio. L’uomo l’avrebbe lasciato da solo, spostandosi in un’altra stanza, sino a quando non ha sentito un forte tonfo. Sarebbe rientrato nella camera e, non vedendo tracce di Marcello, si sarebbe affacciato alla finestra, scorgendo per strada il corpo del ragazzo. Una versione che non convince affatto la famiglia e che suscita più di qualche legittima perplessità: è possibile, ad esempio, che Marcello non si sia buttato volontariamente e che sia stato spinto giù; oppure è possibile, ancora, che Marcello sia morto nell’appartamento (in conseguenza del malore o ucciso per qualsivoglia motivo) e il suo corpo sia stato buttato di sotto per inscenare un suicidio. Il rapporto cinese dichiara, infine, che il proprietario di casa, prima di chiamare la polizia, avrebbe ripulito l’abitazione per poi nascondersi in un armadio. L’uomo coinvolto è stato trattenuto in stato di fermo per circa quindici giorni e poi è stato rilasciato.
Nel frattempo, a fine agosto, ai genitori di Marcello sono stati consegnati i suoi effetti personali: i documenti, le valigie con gli abiti, il telefono, il computer, alcuni orologi. Qualcosa, però, secondo quanto scritto dalla signora Berni sulla bacheca Facebook del figlio, potrebbe mancare all’appello: una sofisticata macchina fotografica, preziosissima per il giovane in quanto regalo di laurea, che non sarebbe stata rinvenuta nell’appartamento di Marcello. Il messaggio della madre risale al 21 maggio e non è dato sapere se, negli effetti personali spediti dalla Cina due mesi dopo, la macchina ci fosse o meno (ed eventualmente, da dove sia rispuntata). Certamente la signora, preoccupandosi di sollecitare gli amici cinesi di Marcello a fornire informazioni su dove potesse trovarsi lo strumento, deve aver trovato degna di nota la sparizione di qualcosa da cui il giovane, grande appassionato di fotografia, non si sarebbe separato volontariamente. Anche questa circostanza, insieme alla ricostruzione dell’ultima serata di vita del ragazzo, dovrebbe essere attentamente approfondita dagli inquirenti italiani.
Per la vicenda Vinci si era mosso ad aprile anche il sindaco di Fasano, Francesco Zaccaria, che aveva scritto al Ministro degli Esteri Antonio Tajani e al Consolato Generale d’Italia in Cina, dicendosi disponibile a qualsiasi forma di collaborazione, in rappresentanza dell’istituzione locale, per le iniziative che il Governo intendesse assumere per Marcello e la sua famiglia.
Intanto, sul profilo social del ragazzo, non passa giorno senza che qualcuno dei famigliari o degli amici lasci un messaggio commosso. Si leggono parole di incredulità, di amarezza, di affetto, di stima per un giovane definito spiritoso, gentile, studioso, molto legato ai genitori, ma curioso di vedere il mondo. Tra tutti, colpisce il messaggio di un insegnante, il professor Enrico Cervellera, che a Marcello ha scritto “Educato, acuto, preparatissimo, già alle medie. Brillerai sempre. Il prof”.