Mauro Maniglio, 30 anni senza il suo sorriso

A Mauro Maniglio sono intitolati il parco urbano del rione Bozzano, l’aula magna della scuola media “Marconi” di Giovinazzo e quella del Liceo Scientifico Monticelli di Brindisi, l’istituto in cui frequentava la IV C. Forse troppo poco per legittimare e rinnovare la sua memoria. Perché l’omicidio di Mauro, avvenuto il 14 agosto 1992, esattamente trent’anni fa, quando lui di anni ne aveva appena compiuti 18, non fu meno grave di quello della studentessa del Morvillo-Falcone Melissa Bassi. Quest’ultimo fu più eclatante per le modalità in cui avvenne, ma fu il delitto compiuto da un folle criminale, mentre Maniglio fu ucciso dalla mafia. E per un tragico errore.
Era disteso su di una barella, morto, con gli occhi sbarrati, il padre e la madre lo vegliavano”: è il ricordo che sua cugina Giusy Miccoli fece a “Il7 Magazine” in occasione dei 25 anni della sua morte.
“Ricordo quella notte come se fosse ieri, quando gli amici di Mauro bussarono a casa e ci dissero che era stato sparato- raccontò Giusy- non potevamo crederci”.
Mauro aveva festeggiato il suo 18esimo compleanno due giorni prima con un pranzo in famiglia. A poche ore dalla vigilia di Ferragosto uscì con il cugino Giorgio Renna, trascorsero la serata lungo la litoranea di Casalabate, dove i genitori di Mauro avevano una villetta , poi verso la mezzanotte decisero di rientrare a casa. I due ragazzi erano in sella ad una moto, una Honda 1000, guidata da Giorgio. Durante il tragitto la moto segue di pochi metri una vettura rossa, una Ford Fiesta.
“Erano quasi arrivati a casa, la moto con Giorgio e Mauro si muoveva a zig e zag, i ragazzi stavano per superare l’auto e svoltare per la villetta degli zii- racconta Giusy- in quel momento l’uomo a bordo dell’auto esce il braccio impugnando una pistola e spara. Giorgio, che è alla guida, istintivamente si abbassa. Mauro è seduto dietro, è un po’ più in alto e viene colpito alla gola”.
I ragazzi caddero con la moto Giorgio era davanti al cugino sanguinante e urlava richiamando l’attenzione degli zii che sono in casa a pochi passi da loro.
“Fu lo zio a prendere Mauro tra le braccia e a caricarlo in auto- raccontò Giusy- poi la corsa all’ospedale di San Pietro Vernotico. Mauro nel frattempo diceva: papà aiutami, non sento più le gambe”.
Quando arrivò in ospedale era già morto dissanguato, per lui i medici non possono far nulla ed è così che Giusy, la cugina più grande di lui di appena un paio d’anni, lo vede. Quella immagine le resterà impressa per tutta la vita.
La morte di Mauro Maniglio è un caso risolto per la giustizia, ma le indagini non sono state semplici. Quella sera poco prima dell’omicidio del ragazzo c’era stata un’altra sparatoria a Leverano, un 19enne era stato ucciso da un commando armato. Un regolamento di conti tra clan rivali. Uno dei killer era fuggito a bordo di una Fiesta rossa e aveva imboccato la litoranea di Casalabate. Secondo la ricostruzione degli investigatori lo stesso soggetto che aveva sparato a Leverano, incrociando i ragazzi sulla moto, Mauro e Giorgio, aveva pensato di essere seguito da due sicari. Per questo motivo, a sua volta, aveva impugnato la pistola ed esploso quei due colpi fatali per il giovane studente brindisino. Uno scambio di persona, Mauro Maniglio scambiato per un criminale.
“I giorni successivi alla morte di Mauro sono stati terribili, su di lui il sospetto che fosse coinvolto in qualcosa di losco pesava come un macigno- raccontò Giusy a il7- per molta gente Mauro, essendo stato ucciso a colpi di pistola, era sufficiente per farne un criminale. Affrontare anche solo il funerale con queste voci che gettavano fango sulla memoria di Mauro era difficile. Mauro, invece, è sempre stato un bravo ragazzo, uno studente in gamba, affettuoso, il figlio che tutti avrebbero voluto”.
Ben presto la verità saltò fuori e per l’omicidio di Mauro fu arrestato e condannato all’ergastolo, in via definitiva, Giuseppe Perrone.
“Mauro si è trovato sulla strada di questo delinquente nel posto sbagliato al momento sbagliato- disse Giusy- Perché loro hanno avuto l’auto di questo delinquente per tutto il tempo davanti, hanno percorso tutta la litoranea , ma al momento che i ragazzi dovevano svoltare a casa questo ha visto i due ragazzi sulla moto, con il casco, ha pensato che lo stessero per sparare perché lui sapeva che cosa aveva fatto poco prima. E così ha deciso di sparare lui per primo. Mauro era dietro ma era in alto sul sellino, il cugino si è abbassato e Mauro è rimasto ferito all’aorta”.
“Mauro voleva continuare a studiare, era indeciso tra ingegneria ed informatica- racconta Giusy con un sorriso malinconico- era bello, bello. Chissà oggi cosa sarebbe diventato. Il fatto che dopo 25 anni tutti si ricordano di lui è una soddisfazione ma questo non ci solleva dal dolore perché Mauro non c’è più”.
Per l’omicidio di Mauro Maniglio è stato condannato in via definitiva all’ergastolo Giuseppe Perrone, di Trepuzzi. Perrone, che oggi ha 56 anni, nel frattempo ha conseguito la sua quarta laurea studiando in carcere. Detenuto da trent’anni potrebbe uscire presto grazie ai benefici che consente la legge italiana per la quale il carcere a vita di fatto esiste solo in casi estremi. Mauro Maniglio oggi avrebbe 48 anni e invece non ha avuto il tempo neanche di arrivare agli esami di maturità.