Micorosa, quei veleni a due passi dal paradiso

di Alessandro Caiulo per il7 Magazine

Ciclicamente ci veniamo ad occupare dell’andamento della bonifica – anche se in realtà ciò che si sta facendo è meglio definirlo per quello che è, cioè messa in sicurezza e tombamento, dal momento che non si sta bonificando alcunché, ma solamente confezionando un pacchettino regalo per le generazioni a venire – delle centinaia di migliaia di metri cubi di fanghi ormai essiccati altamente inquinanti ammassati e/o occultati fra gli anni sessanta e gli anni ottanta del secolo scorso dal Petrolchimico nel sito oggi chiamato Micorosa, subito a sud della zona industriale, in quello che era un bacino acqueo costiero facente parte del Parco Naturale Regionale delle Saline di Punta della Contessa.
Ogni anno, sempre in questo stesso periodo, prima di scrivere sull’argomento, ho voluto fare una passeggiata lungo tutte le Saline fino al sito “incriminato” non perché ho voglia di farmi del male vedendo, camminando e respirando in quel luogo, ma per poter testimoniare direttamente il passaggio, nel volgere di un migliaio di passi, dal paradiso in terra, creato dal buon Dio, all’inferno postindustriale, ancora peggiore di quello immaginato da padre Dante, determinato dagli interessi biecamente economici di uomini senza scrupoli e senza morale della scorsa generazione e non risolto in maniera efficace da quelli dell’attuale generazione.
Lo scorso anno, invece, non andai a verificare e documentare lo stato dell’arte in quanto la vecchia ditta che doveva procedere ai lavori e concluderli entro gennaio 2020, era stata da poco estromessa dall’appalto per tutta una serie di inadempienze e ritardi in quanto aveva effettuato solo una minima parte di quanto dovuto e, praticamente, non aveva quasi mosso uno spillo dall’estate precedente. Intanto l’Amministrazione Comunale ad inizio febbraio 2021 aveva annunciato di aver provveduto alla consegna dei lavori per la messa in sicurezza permanente delle aree di Micorosa, che ricadono nel Sito di interesse nazionale, al raggruppamento d’imprese facenti capo alla ditta Semataf di Matera, dopo la risoluzione contrattuale in danno al precedente affidatario. Tale appalto consiste anche nell’esecuzione dei lavori, sulla base del progetto definitivo, degli interventi di messa in sicurezza e bonifica della falda acquifera.


I lavori prevedono il marginamento fisico dell’area, una barriera idraulica di protezione delle acque sotterranee, l’impermeabilizzazione di oltre 50 ettari di corpo rifiuti, l’emungimento e trattamento delle acque di falda. L’intervento nella parte pubblica si integra con quello nella parte privata, in carico a Syndial, una società che fa campo al gruppo Eni.
Nell’occasione l’allora assessore alle politiche ambientali dichiarava: “Le criticità del precedente appalto che hanno portato alla sospensione delle attività di bonifica, hanno visto impegnato il settore ambiente in una delicata operazione di verifica delle altre ditte candidate, presenti già in atti. Operazione necessaria per la riapertura del cantiere, consapevoli che trattasi di interventi che il territorio attende da tempo e che meritano particolare attenzione e vigilanza da parte nostra”.

Il termine per il fine lavori è stato, pertanto, spostato al 5 dicembre 2022 e, allora, mi è sembrato opportuno, dato che manca appena una manciata di mesi alla fatidica data ed il nuovo raggruppamento di imprese ha avuto quasi un anno e mezzo di tempo per effettuare i lavori stabiliti, prolungare la già programmata passeggiata naturalistica alle saline, fino alla zona tutt’altro che naturalistica di Micorosa.
Va precisato che il nome Micorosa deriva da quello della società a cui nel 1992 il Petrolchimico cercò di mollare in mano il cerino acceso di quella che è, probabilmente e a detta di esperti, l’area più inquinata d’Europa, per cui l’Enichem cedette ben volentieri l’area facendo intendere che da quei materiali ivi scaricati per oltre un quarto di secolo, si potesse impunemente ricavare carbonato di calcio e calce idrata, fino a duecento tonnellate al giorno, per un gran numero di anni che avrebbero dovuto essere utilizzati dall’Enel per i filtri delle proprie centrali.
Così non è andata in quanto non si trattava certamente di una cava di inerti ma di una vera e propria bomba ecologica di dimensioni straordinarie e si cercò anche di addossare alla società Micorosa, nel frattempo fallita, l’onere della bonifica. Una recente sentenza del Consiglio di Stato, rimasta, almeno fino ad ora, inascoltata ha invece attribuito al Petrolchimico ogni responsabilità sull’inquinamento industriale nel sito di Micorosa, escludendo dunque qualsiasi responsabilità per chi aveva acquisito in epoca successiva la proprietà dell’area, per cui se ne trarrebbe la chiara conclusione che a pagare i costi di bonifica dovrebbero essere esclusivamente le stesse aziende che a suo tempo avevano sparso quei residui tossici rivenienti dalle lavorazioni all’interno del Petrolchimico di Brindisi.

Ed invece, tanto per cambiare, a pagare ci pensa sempre “Pantalone” ed i lavori – che non sono nemmeno una vera bonifica ma solo, come abbiamo sopra accennato, un nascondere e incappucciare sotto un grande tappeto questo ammasso di veleni – del costo di decine di milioni di euro, si stanno facendo in gran parte con soldi pubblici.
Fatta questa doverosa premessa e concessomi questo piccolissimo sfogo, voglio brevemente descrivere la mia passeggiata che è iniziata lì dove un grande tabellone da anni illeggibile e da più di qualche mese crollato, segnala l’inizio del Parco Naturale Regionale delle Saline di Punta della Contessa, che da una ventina di anni a questa parte la Regione Puglia ha consegnato al Comune di Brindisi il quale, evidentemente – il che è sotto gli occhi di tutti i frequentatori, siano essi brindisini o forestieri – non dispone ancora dei fondi e di personale capace per poterlo gestire e custodire in maniera dignitosa ed onorevole. Sicuramente, al di là della nomina, anni addietro, di un suo funzionario, nella specie il dott. Nardelli, come responsabile del parco, poco altro ha fatto ed anche la ristrutturazione della Masseria Villanova, che avrebbe dovuto essere il biglietto da visita ideale per chi voleva accedervi, si è rivelato un flop in quanto, abbandonata a se stessa e mai utilizzata,è stata nuovamente vandalizzata al punto da aver reso inutili i tanti denari, ovviamente pubblici, spesi.
Si tratta di un’oasi naturalistica soggetta a protezione speciale compresa tra capo di Torre Cavallo e Punta della Contessa, ma di cui fa parte anche Fiume Grande ed il suo Invaso che si spingono fin sotto la Centrale Brindisi Nord ove il fiume sversa le sue acqua dolci in mare e, anch’esso, senza alcun reale vantaggio per la collettività, in odor di tombamento.
La presenza di vasti bacini costieri e la zona solcata da numerosi canali che scendono verso il mare raccogliendo l’acqua piovana hanno fatto di quest’area, poco frequentata dall’uomo, un’oasi di rifugio di decine di specie animali, soprattutto, ma non solo, uccelli acquatici che aree turisticamente più sviluppate e decisamente troppo antropizzate – mi viene subito alla mente quella di Torre Guaceto – nemmeno lontanamente si sognano.
Fu qui che negli anni novanta, in un inverno particolarmente rigido, si rifugiarono un gran numero di Cigni reali e fu la prima volta che io, come anche molti altri brindisini, ne scoprii l’esistenza e fu allora, anche, che cominciò a porsi all’attenzione, ancora di pochi, il problema della enorme distesa di veleni che aveva coperto ed essiccato quello che probabilmente era stato il più grande di questi bacini costieri.
La visita alla Salina Grande non delude mai e non a caso a nord e a sud della stessa furono posizionati due capanni in legno per l’osservazione degli uccelli che, a dire la verità, abbisognerebbero – e rivolgo la preghiera direttamente al responsabile del Parco – di qualche riparazione e manutenzione, visto che anche essi sono stati abbandonati a se stessi.

La presenza più gradevole è, sicuramente, quella ormai pressocchè costante e stanziale dei grandi Fenicotteri rosa e ne incontro in gran numero, divisi in due diversi gruppi, uno dei quali formato quasi esclusivamente da soggetti giovani sia nel bacino più grande sia in quello posto più a nord e confinante, ahimè, proprio con il cantiere di Micorosa.
Stanziali, per rimanere agli uccelli di grande taglia, sono anche gli Aironi cenerini e le bianche Garzette, mentre in altri periodi dell’anno è facile incontrare anche l’Airone bianco maggiore.
In questo periodo ci sono moltissimi Cavalieri d’Italia, che affollano le nostre saline durante la buona stagione ed hanno scelto Brindisi per venire a riprodursi, con il loro manto pezzato di bianco e di nero il lungo becco rosso, le zampe da trampoliere sono davvero inconfondibili così come inconfondibile, indimenticabile ed assordante è il verso acuto diretto in volo verso chi ai loro occhi, come me nel caso specifico, viene considerato un invasore del loro territorio.
La presenza di un bel gruppo di Volpoche, coloratissime anatre dal becco rosso corallo, mi rassicura ulteriormente sul buono stato di questa parte dell’oasi naturalistica; tanti anche gli uccelli limicoli, cioè frequentatori di zone paludose, sia nei pressi dei bacini di acqua dolce che, al di là delle dune le quali si presentano in questi giorni splendidamente ornate della fioritura di migliaia di Gigli di mare, sulla riva sabbiosa del mare; immancabili e numerosissimi anche i gabbiani comuni che in estate hanno la testa scura, quasi nera.

Dopo una mezz’ora abbondante di camminata fra bellezze naturali e rifiuti di ogni genere, in quanto questo arenile non viene mai ripulito da chi di competenza e superato anche il bacino, direttamente collegato al mare, dato in gestione ad una impresa ittica per l’allevamento di pesce, nonché quello ancora più a nord, denominato bacino Enichem, dove mi attende un nutrito gruppo di Fenicotteri, già dalla spiaggia noto quanto è cambiata la conformazione dei luoghi rispetto a due anni fa. Ci sono almeno duecento metri lineari di grosse rocce e massi che hanno sostituito le dune e la fascia costiera sabbiosa e che, evidentemente, sono funzionali ad evitare che il mare e la falda acquatica ed il tappeto artificiale in cui vengono avvolti i veleni di Micorosa vengano a contatto. Alcuni macchinari, per emungere ed espellere acqua, sono posizionati proprio a pochi passi dal mare.
Si tratta certamente di un pugno nell’occhio, ma speriamo almeno che il tutto serva ad evitare o limitare al massimo lo sversamento in mare di sostanze velenose e tossiche e che quella barriera di scogli artificiali non produca un qualche effetto dannoso sul moto delle correnti, favorendo l’erosione della costa che, almeno fino ad ora, ha lasciato in pace questo litorale sabbioso posto a sud di Brindisi.
Ciò che crea maggior sgomento, attualmente, è vedere ancora le grandi montagne di sostanze venefiche ammassate nell’area, esposte agli eventi atmosferici ed alte, per un gioco di prospettiva, fin quasi a celare dalla vista il Petrolchimico.

Credo proprio che in parecchi si debbano rimboccare le maniche e lavorare sodo per rispettate almeno questa volta i tempi stabiliti per il fine lavori e non mancherò, il giorno dell’Immacolata, cioè subito dopo la nuova data prevista per il fine lavori, di effettuare una nuova passeggiata sia per ammirare ciò che di bello la natura di inverno offre alla vista dei visitatori delle Saline, che per poter verificare di persona che quell’ammasso di veleni, sia pure non rimosso né tanto meno bonificato, sia stato almeno tombato e nascosto per sempre alla vista dei nostri occhi.