Montecatini Terme: camionista di San Pietro accusato di omicidio di una prostituta avvenuto 16 anni fa

Ci sono voluti sedici lunghi anni per arrivare all’imputato rinviato a giudizio qualche settimana fa, sedici anni di incertezze e di tentativi falliti, sedici anni di una verità cercata con perseveranza dalla Procura della Repubblica e dagli investigatori e voluta con ostinato amore dai famigliari della vittima, che non hanno mai smesso di confidare nella giustizia: sedici anni, molti dei quali trascorsi nella convinzione, diffusa anche nell’opinione pubblica, che l’assassinio della prostituta brasiliana Isabel Cristina Macarthy fosse destinato a restare uno dei molti, troppi, “cold case” italiani. Sino a quando quel caso freddo è tornato a riscaldarsi, parlando brindisino, grazie a ulteriori indagini scientifiche non disponibili all’epoca del delitto e, soprattutto, comparando con un profilo genetico presente nelle banche dati della Direzione Centrale Anticrimine della Polizia di Stato il dna rinvenuto su una traccia di saliva presente su una calza autoreggente della donna. È così che si è aperto lo scorso 26 novembre, dinnanzi alla Corte d’Assise di Firenze, il processo nei confronti di Pasquale Buccolieri, autotrasportatore di 50 anni originario di San Pietro Vernotico, ma da anni residente a Porcari (in provincia di Lucca), per l’omicidio volontario della donna sudamericana uccisa a coltellate il 19 aprile 2008 nella sua casa di Montecatini, quando aveva 47 anni. Macarthy riceveva i clienti nell’appartamento situato nella centralissima via Marconi numero 66 in cui fu ritrovata il giorno dopo l’uccisione, seminuda, in un bagno di sangue, con il corpo segnato da numerosi morsi e decine e decine di fendenti causati da un oggetto appuntito. Ebbene, secondo la prospettazione offerta dalla Procura, il materiale biologico sulla calza e l’impronta dell’arcata dentaria lasciata sulla coscia della vittima appartengono al sanpietrano.
Nel corso della prima udienza, durante la quale PM, parti civili e difesa hanno avanzato le loro richieste di prova, sono state ammesse dalla Corte come testimoni circa venti persone: tra loro vi sono Paulo Gabriel ed Erlon Macarthy, rispettivamente fratello e figlio della vittima, residenti in Brasile, i quali, pure a migliaia di chilometri di distanza, hanno continuato a seguire il caso e a sperare che il relativo fascicolo non fosse archiviato. Tra i testi ammessi anche un dentista lucchese che, a suo tempo, realizzò il calco delle arcate dentali dell’imputato che, stando a quanto sostenuto dalla Procura, presenterebbe una corrispondenza, o almeno una altissima probabilità di compatibilità, con i morsi trovati sul cadavere.
In ragione della richiesta di integrazione dell’elenco delle intercettazioni ambientali e telefoniche da periziare, formulata dalla sostituta procuratrice Luisa Serranti, la Corte d’Assise ha fissato un’udienza interlocutoria per il 17 dicembre, al fine di consentire il deposito della lista e le eventuali deduzioni e controdeduzioni delle altre parti.
L’autopsia effettuata sul corpo di Isabel Cristina Macarthy stabilì che le ferite da taglio trovate sul collo, sul torace, sull’addome e sulle gambe (ma anche sulle braccia e sulle mani, a riprova di un estremo tentativo di difesa, e sulla schiena, presumibilmente inferte mentre, stremata, cercava di allontanarsi dal suo aggressore trascinandosi sul pavimento) non raggiunsero alcun organo vitale, ma le procurarono una lunga agonia che ne provocò la lenta morte per dissanguamento.
L’assassino fu cercato dai poliziotti della Squadra Mobile di Pistoia e del Commissariato di Montecatini tra le amiche della donna, i vicini di casa, i suoi clienti, fissi e occasionali, ma invano. Anche quando le indagini, nel 2018, furono riaperte, l’esame del Dna, l’analisi delle orme insanguinate lasciate sul pavimento e lo studio delle impronte dentarie lasciate sugli arti della vittima, disposti dal Giudice per le indagini preliminari con incidente probatorio, scagionarono una ad una tutte e dieci le persone presenti nella rosa dei sospettati. La svolta, per un caso che sembrava destinato a restare insoluto, è arrivata nel 2022, quando la comparazione del campione salivare, attraverso le banche dati a disposizione delle forze dell’ordine, ha condotto a un uomo, già noto agli investigatori, il cui codice genetico è risultato parzialmente compatibile con il dna estrapolato dal campione rinvenuto sulla calza.
La corrispondenza è stata verificata effettuando il test sull’aplotipo del cromosoma Y (conosciuto anche come “test della discendenza paterna”), un esame eseguito sul segmento cromosomico che viene ereditato per via patrilineare da tutti i maschi di una stessa famiglia. È con questo metodo altamente sofisticato che si giunti, ad esempio, ad individuare in Massimo Giuseppe Bossetti l’assassino della 13enne bergamasca Yara Gambirasio.
L’aplotipo ha condotto ad un pluripregiudicato nato a San Pietro Vernotico e residente a San Pancranzio Salentino, che però, come è stato appurato dalle indagini successive, non aveva mai avuto alcun legame con la Toscana. Né risultavano in alcun modo coinvolti i fratelli dell’uomo, su cui, una volta escluso il pregiudicato, gli inquirenti si sono concentrati. L’inchiesta si è quindi focalizzata sulla famiglia del cugino del padre dell’originario soggetto identificato, un uomo morto da tempo, ma con due figli ancora in vita. Uno di loro, Pasquale Buccolieri, in seguito agli accertamenti è risultato sin dal 2005 residente a Porcari, comune a soli 25 chilometri di distanza da Montecatini.
A quel punto il focus dell’indagine è stato imperniato sulla ricerca di ulteriori riscontri in grado di irrobustire l’impianto accusatorio: è dunque emerso che Buccolieri era da tempo cliente della vittima, le cui “doti professionali” non aveva difficoltà a elogiare, come riferito agli inquirenti da due suoi amici a cui aveva girato il numero di telefono e l’indirizzo della donna.
Altre prove ambientali, un commento su Facebook in cui, sotto ad una foto di Buccolieri, un suo contatto scrive “Dove sono le brasiliane Pasqualino????”, seguito da emoticon di faccette sorridenti, nonché le testimonianze acquisite da alcune prostitute amiche della vittima, avrebbero convinto la Procura della bontà della propria tesi accusatoria. Che resta tutta da verificare, considerato che né nel capo di imputazione, né in atti precedenti è mai stata avanzata alcuna supposizione riguardo al movente. Buccolieri, libero e incensurato, attende il processo per far valere la propria innocenza.
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