Moramarco: “Vacciniamo i bambini ma che il Covid non diventi il nuovo lupo cattivo”

di Maria Rita Greco per il7 Magazine

Intervistiamo il dottore Fulvio Moramarco, Direttore della Unità Operativa Complessa di Pediatria presso l’Ospedale Perrino di Brindisi. Nonostante l’impennata dell’incidenza del Covidm i vaccini non decollano nella fascia di età 5/11 anni. Con lui abbiamo provato a fare il punto sulla questione.
Dottor Moramarco, non essendoci l’obbligo vaccinale, i genitori sono chiamati a fare una scelta. Ogni scelta comporta dei rischi. In questo caso sono a confronto i rischi che si corrono con la somminstrazione del vaccino tra i 5 e gli 11 anni e quelli che si corrono in età pediatrica contraendo il Covid se non si è vaccinati.
«Per parlare degli effetti collaterali del vaccino anti Covid nei bambini è necessario premettere che nel mondo sono state somministrate, fino ad oggi, miliardi di dosi di vaccino sia negli adulti che nei bambini. I vaccini a mRNA contro il Covid (Pfizer e Moderna) sono straordinariamente efficaci e forniscono enormi benefici. Bilanciare rischi e benefici, tuttavia, significa misurare accuratamente i rischi. Per fare questo è necessario affidarsi a studi rigorosi e non a valutazioni aneddotiche. Vediamo quel che sappiamo: in Israele sono state somministrate circa 60 mila dosi di vaccino in bambini da 5 a 11 anni; sono stati segnalati alcuni episodi sporadici di febbre ma nessuna altra manifestazione clinica importante. Negli Stati Uniti sono state somministrate più di 5 milioni di dosi a bambini della stessa età e circa 2 milioni di bambini hanno ricevuto anche la seconda dose. Nessun effetto collaterale significativo. Gli effetti collaterali descritti nei primi due o tre giorni sono: dolore al braccio (circa il 70%), mal di testa (circa il 25%) e stanchezza (circa il 35%)».
Abbiamo sentito parlare di miocardite.
«Esiste in realtà una preoccupazione legata alla possibilità che il vaccino nella popolazione dai 12 ai 17 anni possa avere una complicanza chiamata miocardite, che è una infiammazione del muscolo del cuore. Si stima che questa possibilità sia di 1 caso ogni 100.000 dosi. Nessuna delle miocarditi descritte ha comunque condotto a morte o invalidità. Nello studio clinico che ha consentito l’approvazione del vaccino nei bambini dai 5 agli 11 anni non sono stati descritti effetti collaterali gravi e non è stato rilevato alcun caso di miocardite».
Tornando alla domanda iniziale, che vuole mettere a confronto i livelli di rischio, cosa succede invece nei soggetti in età pediatrica non vaccinati se si ammalano di Covid?
«Negli ultimi mesi si è osservato un aumento di incidenza dei casi di Covid in età pediatrica. Sono stati riscontrati 317 casi per 100.000 abitanti nella fascia 0-9 anni; l’incidenza è di 296 casi ogni 100.000 abitanti nella fascia 10-19 anni. Ma questi numeri sono in progressivo aumento. In Italia, dall’inizio della pandemia, sono state contagiate più di 800.000 persone in età inferiore a 19 anni e i deceduti sono stati 34. I ricoveri tra i bambini e gli adolescenti sono stati circa 8500 e quelli in terapia intensiva 251».
Quindi questi numeri confermano quanto era noto già all’inizio dell’epidemia, ovvero che la popolazione pediatrica sembra colpita meno gravemente rispetto a quella adulta?
«Sì, certo. C’è però da aggiungere che con le vaccinazioni si azzerano sia i decessi, sia i ricoveri in terapia intensiva e questo è già un buon motivo per vaccinare. Inoltre i bambini rappresentano un serbatoio di diffusione del virus che continua a diffondersi e soprattutto a colpire persone fragili, in cui il SARS COV2 ha effetti catastrofici. Potremmo dire con ragionevole certezza che i vaccini in tutte le fasce di età ci aiuteranno ad uscire in tempo più breve dalla pandemia».
Per meglio valutare la scelta da fare per i genitori può essere importante sapere qual’è la probabilità che il vaccino provochi eventi avversi e confrontarla con la probabilità, se contagiati, di dover ricorrere ad un ricovero ospedaliero?
«Secondo i dati scientifici, che hanno consentito alle autorità di concedere l’autorizzazione alla somministrazione del vaccino in questa fascia di età, con uno studio sui 3000 bambini, di cui 2000 trattati con il vaccino e 1000 con il placebo, il 19% ha lamentato dolore nella sede di iniezione e tale dato è più alto rispetto agli adulti. Ma è anche vero che se consideriamo le manifestazioni più gravi il 5% ha avuto febbre rispetto al 7% degli adulti. Alcuni bambini hanno presentato ingrossamento di linfonodi o manifestazioni cutanee ma non è stato segnalato alcun caso di sindrome infiammatoria multisistemica, la cosiddetta MIS-C, in tutto il periodo di sorveglianza».
Di contro, qual è la probabilità di dover ricorrere ad un ricovero ospedaliero per i pazienti Covid non vaccinati rispetto ai vaccinati?
«La probabilità di ricorrere ad un ricovero ospedaliero, per un paziente in età pediatrica, a causa del Covid è molto bassa ma l’effetto più evidente della vaccinazione è proprio quello della riduzione di almeno 10 volte del rischio di ricovero in ospedale, del ricovero in rianimazione e del decesso, così come avviene per gli adulti».
Quali sintomi possono indurre la necessità di un ricovero in ospedale?
«I sintomi sono prevalentemente respiratori (tosse, rinite, bronchite, polmonite) e/o gastrointestinali. Ma sta emergendo un nuova patologia chiamata LONG-COVID. Se è vero che il 40% dei bambini ha il COVID asintomatico, alcuni lavori scientifici hanno documentato la persistenza di sintomi come insonnia, rinite, tosse, dolore toracico, dolori muscolari, difficoltà di concentrazione anche dopo due mesi dalla infezione. Alcuni di questi bambini al momento della infezione erano totalmente asintomatici e hanno sviluppato i sintomi a distanza. I bambini che vengono infettati dal Sars Cov 2 possono anche sviluppare gravi complicazioni come la sindrome infiammatoria multisistemica (MIS-C)».
Mi sembra di capire quindi che il rischio di ricovero ospedaliero per un bambino non vaccinato che ha contratto il COVID non è alto ma lì dove si rende necessario, la condizione clinica si presenta come molto complessa.
«Esattamente. Anche noi, in Pediatria presso l’Ospedale A. Perrino di Brindisi, abbiamo trattato tre casi di MIS-C in bambini di varia età. La sindrome comporta una condizione in cui diverse parti del corpo si infiammano, inclusi cuore, polmoni, reni, cervello, pelle, occhi e apparato gastrointestinale».
Esiste presso il nostro Ospedale A. Perrino un reparto COVID pediatrico?
«Diciamo che il modello organizzativo per affrontare il COVID è in continua evoluzione. È necessario non avere una organizzazione rigida ma adattarla all’andamento epidemico.
Si è data priorità all’assistenza delle donne gravide COVID positive e ai neonati. Il paziente pediatrico con COVID, che abbia la necessità di ricovero, viene assistito negli ambienti del reparto di malattie infettive o di pneumologia, ma l’assistenza medica è garantita dai medici della pediatria. Sulla base dell’andamento epidemico potranno essere attivati ulteriori posti letto al fine di assicurare l’assistenza ai pazienti».
Qual è il supporto della pediatria territoriale (pediatri di libera scelta)?
«La pediatria territoriale svolge un ruolo fondamentale nell’assistenza del bambini. È in grado di offrire il proprio supporto, seppure da remoto, ai pazienti COVID positivi, nell’individuare i casi meritevoli di assistenza ospedaliera».
E’ evidente che il suo consiglio è quello di vaccinare i soggetti i età pediatrica dai 5 anni in su. Può dare invece qualche consiglio ai genitori con figli al di sotto di 5 anni non vaccinabili contro il Covid?
“Questi genitori vanno tranquillizzati. Almeno sino ad oggi sembra che il Covid si sia depotenziato. Le nuove varianti Delta e Omicron non hanno deterrminato una maggiore incidenza delle sindromi più gravi quali la Mis-C. Naturalmente è necessario essere prudenti. Evitare contatti con soggetti con sintomi da raffreddamento. Fondamentali sono le misure di distanziamento, la mascherina per quanto possibile, e il frequente lavaggio delle mani. Credo sia fondamentale che tutte queste precauzioni debbano essere prese senza traumatizzare il bambino. Evitare che il Covid diventi il nuovo lupo cattivo da temere, perché i maggiori danni provocati dal virus sono quelli psicologici. Credo che questo sarà il prezzo da pagare, a lunga distanza, per la maledetta pandemia”.