Morto a 36 anni in un isola dei Caraibi: Giuseppe ora deve tornare a Brindisi

di GIANMARCO DI NAPOLI

Se avesse potuto strappare un sorriso ai suoi amici anche in questo momento, lo avrebbe fatto sicuramente, magari ironizzando sul destino ché almeno è morto su un’isola sperduta, in un angolo quasi sconosciuto del mondo, circondata da quel mare che ha amato tanto e che ha attraversato in lungo e in largo sin da quando era ragazzino. O avrebbe chiesto informazioni sul Carnevale di Rio, la sua passione, perché quest’anno proprio non ci potrà andare. Giuseppe Papagni, 36 anni e baffi a uncino e amici sparsi nei cinque continenti ma il cuore domiciliato nella sua Brindisi, è morto il 30 gennaio in un incidente stradale avvenuto sull’isola di Aruba, nel mare Caraibico, poco lontano dal Venezuela ma battente bandiera dei Paesi Bassi. Era in vacanza da solo, aveva noleggiato una Kia Rio e alle 3 del mattino l’auto è uscita fuori strada a una curva, si è ribaltata e lui è morto sul colpo. Il suo corpo è stato sottoposto ad autopsia: non era ubriaco, non aveva assunto stupefacenti. Forse un colpo di sonno o un animale che gli ha attraversato la strada: non si saprà mai cosa sia successo.
Ma ora il suo corpo è lì da dieci giorni in attesa che la famiglia, con il supporto degli amici, metta insieme la somma sufficiente a riportare Giuseppe a casa, insieme a tutto ciò che aveva. E non è una cifra di poco conto.
Figlio di Marino Papagni, ferroviere in pensione, e Rosa Trentadue, casalinga, una sorella, Valeria, di tre anni più giovane, Giuseppe aveva sin da piccolo (viveva alla Minnnuta) una passione viscerale per la navigazione. Si era diplomato al Nautico Carnaro e poi aveva completato gli studi all’Accademia mercantile di Genova. Ne era uscito orgoglioso della sua qualifica di ufficiale di bordo e con la strada spianata per realizzare il suo sogno. Per i primi dieci anni aveva navigato sulle navi da crociera della Carnival Cruises, una delle compagnie più importanti del mondo, poi dopo la pandemia era passato alla Windstar. Lavorava per tre mesi di seguito a bordo e poi per altri tre si godeva le vacanze, quasi sempre in mete suggestive, riservandosi comunque almeno qualche settimana per rientrare a casa a trovare la famiglia, a rivedere gli amici.
Aveva fatto così anche a fine gennaio: sbarco ad Aruba e vacanza da solo. “Faceva quasi sempre in questo modo”, ricorda Andrea Dell’Aquila, uno dei suoi migliori amici sin dall’infanzia. “Gli piaceva trascorrere le vacanze nei villaggi arrivando da solo e poi riusciva a conquistarsi giorno dopo giorno la simpatia di tutti. Aveva un grandissimo carisma, una capacità innata di legare con le persone e di farle stare bene. E poi parlava benissimo l’inglese, lo spagnolo e il portoghese”.
La notte del 30 gennaio Giuseppe stava facendo rientro nel Tamarijn All Inclusive, con la sua auto a noleggio quando a una curva la sua vita si è spezzata. Da Aruba le autorità non si sono preoccupate di avvisare la famiglia e così sono trascorse quasi 24 ore prima che la notizia arrivasse a Brindisi, in modo casuale. Una donna che aveva lavorato con lui sulla nave ha pubblicato su Facebook una sua foto e quella della sua auto capovolta con l’articolo di un giornale online del posto, in lingua inglese: “Un mio caro amico di quando ero a bordo è morto troppo presto. Mi mancheranno tutte le sue risate e le sue battute”.
“La prima a scoprire quello che era successo è stata la sorella, Valeria, che si è affrettata a raggiungere i genitori. Non voleva che lo scoprissero da internet”, ricorda Andrea Dell’Aquila. “Ci siamo messi in contatto con la Farnesina perché speravamo fino all’ultimo che si trattasse di una fake news, di uno scherzo. Al ministero degli Esteri non sapevano nulla e ci siamo illusi. Ma poi ci hanno richiamato nel pomeriggio del 31 per confermarci che purtroppo Giuseppe era morto”
Nelle ore successive alla diffusione della notizia, centinaia di messaggi hanno affollato la sua pagina social amici, sparsi per il mondo, che lo ricordavano commossi e increduli. Tra i più struggenti quello di una donna australiana che ha pubblicato una foto di sua sorella, morta qualche anno fa, con Giuseppe: “Era una anziana malata terminale che conobbe sulla nave”, ricorda Andrea. “Lui la prese a cuore, trascorse il suo tempo libero con lei e la fece persino ballare. E un giorno, quando la nave fece tappa in Australia, andò a trovarla a sorpresa, facendola piangere per l’emozione”. Nel post la donna australiana scrive: “Sei stato un uomo meraviglioso e amico di mia sorella in molti suoi viaggi. Hai reso la mia cara sorella così felice con la tua amicizia e generosità”.
Anche Andrea gli ha riservato un post pieno di dolore: “La dovevamo fare insieme tutta quella strada che avevamo davanti Giuse’ cazzo! Attraversando un orizzonte dopo l’altro, dovevi raccontarmi cosa avevi vissuto e cosa avremmo vissuto assieme. Io non riesco a dirti addio Giuse’, non ci resto proprio, cazzo”.
Così lo ricorda un altro amico, Andrea Cellie: “E’ quel sorriso che ci ha fatto innamorare di te, oltre all’allegria, la leggerezza e un amore smisurato per la vita. Non sopportavi la tristezza e tantomeno le lacrime, per questo ti chiedo scusa se oggi piangiamo ma non possiamo non farlo! Voglio immaginarti sul tuo vespino, baffo impeccabile, suonando il clacson mentre mi dici: scindi capeee”.
Ora è giusto che Giuseppe Papagni torni a casa e lo faccia nel più breve tempo possibile. Oltre alle enormi difficoltà burocratiche, ci sono anche quelle delle spese considerevoli che dovranno essere affrontate per trasportare la salma sino a Milano e da qui a Brindisi. Gli amici hanno aperto una sottoscrizione a questo indirizzo: https://buonacausa.org/cause/per-il-nostro-amico-giuseppe-papagni per far fronte alle ingenti spese, solo una parte delle quali sono coperte da una polizza assicurativa che aveva con il lavoro.
Giuseppe aveva un sogno: andare a vivere a Rio de Janeiro, la città del mondo che più lo aveva conquistato, e invece troverà l’abbraccio della sua Brindisi.
“E’ giusto che torni a casa e faremo di tutto perché avvenga nel più breve tempo possibile”, dice Claudia, la sua prima fidanzatina di quando avevano 13 anni, e poi diventata una sua cara amica. “Giuseppe era una persona fantastica, uno che entrava nella tua vita in punta di piedi e ci restava per sempre”.

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