Necessita di iniezioni alla colonna vertebrale: gli prenotano le sedute per l’8 gennaio 2020

di Lucia Portolano per il7 Magazine

Ha forti dolori alla schiena, e non riesce a camminare a causa di un intervento alla colonna vertebrale. Il medico dell’ospedale gli ha prescritto delle iniezioni di anestetico da fare direttamente nel canale vertebrale. Ma quando, Giuseppe Giudice, brindisino di 59 anni, va al Cup (centro unico di prenotazione) per prenotare le 8 sedute, la prima data utile all’ospedale Perrino di Brindisi è l’8 gennaio 2020. Praticamente tra un anno. Per trovare un po’ di sollievo ad un dolore che alle volte diventa insopportabile il paziente deve aspettare 11 mesi. Prima non si può, salvo recarsi periodicamente in ospedale sperando che al Cup gli dicano che si è liberato un posto perché qualcuno ha rinunciato. Si tratta di una cura analgesica palliativa per affrontare la sua patologia, per la qualche non ci sono altre soluzioni. Il paziente non avendo altre alternative ha prenotato. Gli dicono che potrebbe avere le iniezioni intramoenia, così i tempi si accorciano notevolmente. Tra una settimana sarebbe su un lettino di ospedale a fare la sua bella cura.
Ma per fare questo servono almeno 600 euro, 80 euro a iniezione. Giuseppe Giudice non può permettersi una spesa simile, a causa della sua malattia non può più lavorare. Nella vita ha fatto il muratore, lavorava a giornata. Ha difficoltà anche a pagare l’affitto di casa, di circa 320 euro al mese. Al momento non percepisce nulla, spera che possa essere accettata la sua domanda di pensione. Soffre di stenosi, un restringimento di una o più porzioni della colonna vertebrale, una malattia che può portare anche all’invalidità. Il 16 ottobre scorso all’ospedale Perrino è stato sottoposto ad un intervento chirurgico per allargare la colonna vertebrale, ma nonostante l’esito positivo dell’operazione i dolori al bacino e al femore continuano, e spesso sono insopportabile, si bloccano anche la gambe tanto da non riuscire a camminare. Il medico che lo ha in cura, dopo la Tac, gli ha prescritto delle infiltrazioni di analgesico direttamente nella colonna. Così avrebbe provato un po’ di sollievo.
“Mi hanno detto che trarrò beneficio dopo la seconda iniezione – spiega Giudice – ma dovrò attendere esattamente un anno. Come faccio io a stare così per altri 12 mesi. Ho chiesto perché non mi avessero fatto una richiesta con urgenza ma mi è stato detto che per queste prestazioni non è prevista urgenza. Io mi chiedo che cura è dopo un anno”. Da qualche giorno gli è stata prescritta la morfina per alleviare i dolori, ma con scarsi risultati. “La situazione non cambia – aggiunge l’uomo – la sofferenza è la stessa. Non possono andare avanti così. A volte sento anche scricchiolare nella spina dorsale”. Il paziente con la prenotazione in mano si è recato presso la direzione sanitaria dell’ospedale spiegando le sue condizioni. Attende una chiamata nei prossimi giorni, nella speranza che sia stata trovata una soluzione, o che qualcuno abbia rinunciato nel frattempo facendo accorciare i tempi di attesa. Intanto proprio qualche giorno fa il ministero alla Salute ha varato il nuovo Piano nazionale delle liste d’attesa.
La ministra Giulia Grillo parla di un primo passo per un cambiamento reale nel mondo della sanità, dove ci saranno le stesse regole da nord a sud. Un piano che dovrebbe così eliminare le disuguaglianze. “Il piano mancava da 10 anni – ha detto la ministra – e quello precedente prevede solo degli interventi generici del governo. Entro 60 giorni le Regione dovranno recepirlo e adottare il proprio”.
Con le nuove disposizioni si accorciano i tempi, non bisognerà più attendere un anno per una mammografia, o sei per una ecografia, almeno questo l’auspicio del ministero. Vengono assegnate delle classi di priorità alle prestazioni ambulatoriali, che si distinguono in “urgente” da eseguire entro 72 ore, “breve” entro 10 giorni, “differibile” entro 30 giorni per le visite e 60 giorni per gli accertamenti diagnostici; “programmata” entro 120 giorni dal 2020. Il tempo massimo quindi è di 4 mesi, se si dovesse superare questo limite il piano prevede che il paziente possa ricevere la stessa prestazione intramoenia, pagando solo il ticket. I direttori generali della Asl dovranno vigilare e garantire il rispetto dei tempi, nel caso contrario, e se non dovesse raggiungere gli obiettivi, potrebbero essere rimossi dall’incarico. Il ministero alla Salute sta attivando un Osservatorio nazionale sulle liste di attesa, organo deputato a vigilare sui servizi e “a monitorare – come ha spiegato la ministra Giulia Grillo – l’andamento degli interventi previsti, rilevare le criticità e fornire indicazioni per uniformare comportamenti, superare le disuguaglianze e rispondere in modo puntuale ai bisogni dei cittadini”.
La trasparenza dovrebbe essere garantita attraverso la digitalizzazione dei CUP e la possibilità di consultare online tutte le liste di attesa pubbliche e private. Per rendere più efficienti i centri di prenotazione il governo ha stanziato 350milioni di euro nella legge di Bilancio per il triennio 2019- 2021 da spalmare tra le varie regioni italiane.