«Noi del 118 “eroi” dimenticati troppo presto»

di Gianmarco Di Napoli per il7 Magazine

«Era un inizio improvvisato e difficile. Improvvisato in quanto non avevamo neanche una stanza o una sedia, in camice bianco aspettavamo davanti ad un telefono di rispondere alle emergenze nel pronto soccorso dell’ospedale Perrino. Difficile perché oltre al lavoro nel 118 e pronto soccorso,come liberi professionisti, dovevamo affrontare anche il corso in modo intensivo per poter rispondere al meglio a tutte le emergenze che potevano capitare con le ambulanze”: 20 anni fa, nel luglio 2002 veniva avviato il servizio del 118 in provincia di Brindisi sotto la direzione del dottor Massimo Leone. L’unico veterano rimasto da quel giorno ancora con la stessa divisa è Piero Gjoni, soprannominato “l’angelo del 118”, il medico giunto dall’Albania su un barcone e diventato l’emblema del servizio di soccorso più diretto, quello che raggiunge feriti per strada, i malati nelle loro abitazioni.
“Io c’ero allora come ora, con lo stesso spirito, in questo servizio cosi utile per la cittadinanza, così bello umanamente parlando per le soddisfazioni che ti dà ogni volta che salvi delle vite umane o vieni in aiuto per lenire le sofferenze della gente. A Luglio di 20 anni fa, nella prima postazione del Perrino, insieme a me c’erano altri quattro colleghe e colleghi: la dottoressa Di Pietro, dottoressa Zekovic, il dottor Lofino e la dottoressa Caliolo.
Siete stati dei pionieri.
“Io, nonostante provenissi già da un’esperienza ospedaliera alle spalle, per più di 11 anni, in una zona rurale con non poche difficoltà, continuavo insieme ai miei colleghi a effettuare un aggiornamento professionale, cosa che ha dato i suoi risultati direttamente in ciò che riuscivamo a fare nel nostro lavoro quotidiano. Man mano che il tempo passava il sistema del 118 si arricchiva di nuovi colleghi e nuove postazioni. Tutti quanti noi medici del 118 abbiamo cercato sempre di espletare il nostro lavoro in prima linea con la professionalità, la voglia di fare e la dovuta umanità nel trattamento dei casi, senza mai fare alcuna distinzione o senza avere pregiudizio alcuno di età o provenienza e, per tutte le problematiche che uscivano di volta in volta, ci siamo venuti incontro tra colleghi, garantendo la copertura totale del servizio dell’emergenza del 118, coscienziosi di dover garantire un servizio di primaria importanza alla cittadinanza, come un diritto della tutela della salute costituzionalmente riconosciuto, nonostante tutte le difficoltà che presenta il servizio dell’emergenza territoriale con una probabile casistica dalla A alla Z. Quindi, poteva capitare di tutto, come succedeva sempre”.

A fronte di un miglioramento oggettivo del servizio e della capacità di intervento che hanno i vostri team, gli operatori del 118 sembrano essere ancora confinati in serie B nel sistema sanitario.
“Non è bastato tutto il lavoro fatto in passato né il contributo che abbiamo dato durante la situazione emergenziale della pandemia (non terminata ancora), in cui ci siamo trovati in prima linea, con o senza le giuste coperture, quando bardati di tuta bianca di protezione, venivamo chiamati “eroi”, per ottenere un riconoscimento economico di un lavoro rischioso nelle sue diverse problematiche nel suo quotidiano, oltre la pandemia. Gli “eroi” sono tornati ad essere gli invisibili di sempre, nonostante continuiamo ad essere bardati anche con questo caldo torrido. Siamo rimasti un comparto senza alcun riconoscimento in termini economici, nonostante il lavoro che svolgiamo in prima linea su tutto. Peccato che , difronte a questa nostra prontezza della risposta lavorativa, non abbiamo trovato di riflesso nulla che ci potesse accontentare, almeno un po’, in termini di riconoscimento economico del tipo del lavoro svolto, delle sue difficoltà. Tutto questo cominciando dal tipo di contratto iniziale (senza un TFR o altre garanzie), rimasto ancorato a quel lontano 2009 e che, i centesimi aggiuntivi messi, col passare degli anni, ad ogni ora di lavoro, non giustificano neanche gli aumenti dei beni del paniere a causa dell’inflazione negli anni”.

E dal punto di vista tecnologico com’è messo il nostro 118?
“Anni fa, mentre tornavo dalla Toscana, sentivo dentro di me il piacere di avere un servizio del 118 pugliese più dotato di tecnologia di quello dei colleghi toscani, avendo già a disposizione non soltanto il tablet ma, cosa ancora più importante per la diagnostica, l’ecografo palmare. Sapendo che tutto ciò che viene stanziato dal governo centrale viene gestito da quello regionale, soprattutto per la spesa sanitaria, che è uno dei punti nodali della spesa stessa, quell’essere all’avanguardia nella dotazione tecnologica ti fa pensare che quando c’è la voglia di fare le cose, questa cosa si può realizzare anche nelle regioni del Sud. Tutto questo è successo negli anni dell’attuale presidente Emiliano. Peccato che tutto è rimasto fermo lì, e cioè una dotazione tecnologica nelle ambulanze dove la figura professionale del medico è sempre meno presente, a causa della carenza del personale per le dimissioni dei colleghi che si susseguono l’un l’altra in un modo galoppante per stabilizzarsi in altre specialità della medicina, dove si sentono più valorizzati come figure professionali. E’ proprio questa valorizzazione del capitale umano, della figura centrale e importante del medico, come team leader, (senza nulla togliere a tutti componenti del team), che non è andata di pari passo con la tecnologia in dotazione delle ambulanze che, senza la figura professionale del medico, rimane una spesa fatta senza il corrispettivo profitto in termini di diagnostica in emergenza, cosa che compete solo al medico.
“E’ la valorizzazione della figura professionale del medico che dovrebbe essere effettuata, se non in termini di inclusione alla dipendenza pubblica, almeno nel miglioramento del contratto in convenzione, per poter fermare quel flusso continuo di dimissioni. Servono forti incentivi per poter fermare la carenza del personale medico del 118, un servizio così importante per la risoluzione dei problemi di salute della cittadinanza, un servizio sempre pronto a risposta di diverse problematiche, anche quando non si trovano risposte da altri fonti del servizio sanitario nazionale, oppure come dice il presidente nazionale del 118, Mario Balzanelli, “Il sistema di emergenza territoriale 118 è un bene della Nazione, è un bene di tutti, inalienabile, perché il 118 è lo scudo salvavita del Paese”.
“Da gennaio a dicembre del 2021 la centrale operativa del 118 di Brindisi ha gestito 55.646 richieste appropriate di soccorso. Nel 25 per cento dei casi, 13.970 richieste, la risposta sanitaria si è conclusa con il consiglio del medico di centrale o l’attivazione della guardia medica, senza l’invio dei mezzi di soccorso. I casi sospetti di Covid sono stati 2.141. Per 41.676 persone, il 75 per cento dei casi è stato necessario l’invio di un’ambulanza e 22.718 pazienti sono stati trasportati in ospedale per eventi acuti, con particolare riferimento alle reti delle patologie tempo-dipendenti come infarto, ictus, traumi importanti, insufficienza respiratoria e arresto cardiaco. Sono state circa 17.200, invece, le persone trattate a domicilio dagli operatori del 118″. Delle oltre 41.000 persone per le quali è stata inviata un’ambulanza, il 41 per cento è stato trattato sul luogo senza successivo trasporto in ospedale”.

Il servizio del 118 è un filtro fondamentale anche per il pronto soccorso.
“Esatto.I molti casi trattati a casa non vanno ad intasare ancor di più il pronto soccorso con il successivo beneficio di risparmio in termini di costi sui mezzi della diagnostica e posti letto ai reparti. Le problematiche del 118 sono state sempre e di diverso tipo ma la maggiore criticità rimane proprio nel capoluogo che per il numero di abitanti dovrebbe avere due medici di 118 contemporaneamente, cosa che da parecchio tempo non viene attuata,(se non in pochi casi ) proprio per la carenza continua del personale medico. Succede pure che quell’unico medico viene spostato in automedica nella provincia (area sud), lasciando l’intera città senza un medico del 118”.

Che tipo di risposta avete trovato nella Asl di Brindisi?
“Nelle massime cariche dell’Azienda, (nonostante da pochi mesi insediate) e in primis, nella persona del direttore generale Flavio Roseto, abbiamo trovato la massima disponibilità a sentire le nostre problematiche e a cercar risolverle. Siamo coscienti del fatto sulle problematiche del comparto dei medici del 118 la Asl possa fare oggettivamente poco. Aspetiamo una soluzione e in primis un riconoscimento del ruolo che riteniamo ci spetti, in collaborazione con i nostri rappresentanti sindacali sempre attivi. Che provino a migliorare le condizioni contrattuali anche di quegli “eroi” di tutti i giorni del 118 lasciati nel dimenticatoio da tutti i provvedimenti presi in ambito della sanità nazionale”.

(Nella foto il primo da sinistra è il dottor Piero Gjoni, nei primi anni del servizio 118 al Perrino)