La notte del naufragio a bordo del traghetto Norman Atlantic regnarono confusione e panico. Al netto delle accertate violazioni al codice della navigazione e in materia di sicurezza, tutto ciò che accadde nelle fasi di evacuazione è la vera causa della morte di tanti passeggeri. In 12 sui 519 a bordo persero la vita e 19 persone non sono mai state ritrovate.
Il naufragio avvenne, nella notte, il 28 dicembre 2014 al largo delle coste albanesi dopo un rogo scoppiato a bordo. La motonave viaggiava dalla Grecia in direzione Ancona con il mare in burrasca e temperature glaciali. Le indagini della Procura di Bari sono state chiuse a carico di 32 indagati (30 persone fisiche e le due società Visemar e Anek Lines) e hanno accertato che l’origine delle fiamme fu un camion frigo lasciato con motore acceso, perché non c’erano abbastanza prese di corrente. Una serie di negligenze e successivi errori (impianto antincendio inidoneo e attivato sul ponte sbagliato, allarme dato in ritardo) avrebbe poi consentito al rogo di propagarsi nella nave fino a diventare indomabile.
Quindi le fasi dell’evacuazione, con scialuppe calate senza che i ponteggi fossero messi in sicurezza, causando così – secondo quanto accertato – la caduta in mare e la morte di alcuni passeggeri. In quegli attimi il panico non investì solo i viaggiatori ma anche il personale di bordo. In molti – hanno accertato gli investigatori della Capitaneria di Porto ai quali la Procura ha delegato le indagini e poi i periti nominati dal Tribunale durante l’incidente probatorio sul relitto – non avrebbero eseguito il proprio compito: dai giubbotti salvagente da distribuire ai passeggeri, all’organizzazione degli imbarchi sulle scialuppe di salvataggio. Sei membri dell’equipaggio sono accusati anche di abbandono nave.
Agli indagati i pm Ettore Cardinali e Federico Perrone Capano contestano, a vario titolo, i reati di cooperazione colposa in naufragio, omicidio colposo e lesioni colpose plurime oltre a numerose violazioni sulla sicurezza e al codice della navigazione. Tra questi ci sono il legale rappresentante della Visemar, società proprietaria del traghetto, Carlo Visentini, i due legali rappresentanti della greca Anek Lines, noleggiatrice della motonave, il comandante Argilio Giacomazzi e 26 membri dell’equipaggio. Tutti, a partire dai vertici, avrebbero sottovalutato i rischi e non avrebbero saputo gestire l’emergenza.
In attesa del processo, il relitto annerito dalle fiamme, tuttora sottoposto a sequestro probatorio, resta ormeggiato nel porto di Bari. Ancora oggi, dal febbraio 2015, accoglie i turisti dinanzi al terminal crociere ma sono in corso trattative con l’Autorità Portuale perché venga rimorchiato verso una banchina più periferica.