Saranno la genetista Giacoma Mongelli e il medico legale Viviana Innamorato a stabilire se le ossa rinvenute dai Vigili del Fuoco durante l’udienza-sopralluogo del 20 dicembre scorso nel pozzo sito nei pressi di un casolare in contrada La Rosa, ai margini della zona industriale di Brindisi, appartengano o meno all’imprenditore di casalinghi Salvatore Cairo, scomparso e ucciso il 6 maggio 2000, per il cui omicidio sono imputati i fratelli Cosimo ed Enrico Morleo, rispettivamente mandante ed esecutore materiale del delitto.
Lo ha deciso oggi la Corte d’Assise di Brindisi, presieduta dal dottor Maurizio Saso, accogliendo la richiesta del Pubblico Ministero della Direzione Distrettuale Antimafia Milto De Nozza.
I due Morleo rispondono anche della morte di Sergio Spada, collega di Cairo, prelevato dal garage della sua villa del rione Casale la sera del 19 novembre 2001 e ucciso poco dopo con un colpo di pistola alla testa.
I resti fatti ritrovare dall’imputato Enrico Morleo, che ha confessato di aver sezionato e occultato (ma non ucciso) Cairo, conducendo sul posto Corte d’Assise, Pubblico Ministero e poliziotti della Questura di Brindisi, dovranno essere analizzati comparandoli con il dna di Sebastiano Cairo, fratello di Salvatore, che ha già prestato il consenso al prelievo, ed eventualmente di Anna Cairo, sorella, la cui disponibilità non è ancora stata acquisita.
Morleo ha dichiarato di aver trovato il corpo di Cairo in un’azienda a qualche chilometro dal casolare oggetto delle operazioni di sopralluogo, di averlo sezionato sul posto con una motosega a scoppio e di averlo infilato in un bidone, a cui poi, una volta giunto al casolare a bordo di un’ape, ha dato fuoco. Secondo quanto sostiene l’imputato, quindi, nel pozzo ci sarebbero i resti di Cairo e la motosega con cui ha sezionato il cadavere, mentre del bidone si sarebbe liberato gettandolo in un canale che si trova nei pressi del casolare.
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