Ovando e Boccapianola, i due marchesi di Brindisi

di Gianfranco Perri per il7 Magazine

Quello di “Marchese” – o margravio, dal tedesco che vuol dire capo o signore della marca – è un titolo nobiliare che nella gerarchia araldica è inferiore al titolo di duca e superiore a quello di conte. La prima comparsa dei margravi risale al periodo merovingio, ma l’istituzione della marca ebbe una vasta diffusione soprattutto nel corso dell’età carolingia. Il marchese, il cui titolo in origine non era trasmissibile, aveva piena giurisdizione su un determinato territorio, detto appunto marca o marchesato: una circoscrizione pubblica del sacro romano impero, creata in regioni prossime ai confini dell’impero, o in aree che necessitavano comunque di un coordinamento politico e militare particolare. Con il tempo, la peculiare caratteristica di provincia di frontiera si perse e in età moderna, nell’ordinamento feudale, il titolo di marchese rimase solo come grado nobiliare, divenuto quindi trasmissibile. Nel secolo XIX, dopo la Restaurazione, anche il titolo di marchese fu restaurato e fu considerato prova di vera antica nobiltà, giacché Napoleone quando istituì la nobiltà del suo impero non creò né marchesi e né visconti.
Dopo il bicentenario – dal 1509 fino al 1707 – vice regno spagnolo di Napoli, per soli 27 anni – dal 1707 fino al 1734 – il vice regno divenne austriaco nel contesto della guerra di successione spagnola, quando la Spagna del re Felipe V di Borbone dovette cederlo all’Austria di Carlo VI d’Asburgo.

«… Fu il 20 luglio del 1707, quando giunse a Brindisi la notizia che l’esercito austriaco era entrato a Napoli e che sul trono si era insediato Carlo VI d’Austria. Il castellano del Castello di terra, senza aver ricevuto alcun ordine o disposizione in merito, inalberò la bandiera imperiale degli Asburgo. Il castellano del Forte a mare non fu invece dello stesso avviso e trascorsero giorni di tensione che videro persino lo scambio di qualche cannonata tra le due guarnigioni. Tutta la città finalmente si schierò con l’impero d’Austria e con il nuovo re Carlo di Napoli, e lo festeggiò sfrenatamente durante ben otto giorni, con manifestazioni festose d’ogni genere, alle quali, finalmente, si associò anche il Forte a mare. Il 21 aprile 1708 giunse a Brindisi con settanta soldati, tra ussari e tedeschi, il generale imperiale conte di Caraffa e durante due giorni ispezionò i due castelli e tutte le altre istallazioni militari. Poi, il 23 e 24 di giugno 1709, stazionarono nel porto di Brindisi cinque galere e quattro vascelli di guerra maltesi. Anche nel novembre del 1711 ci furono in città otto giorni di feste e festeggiamenti popolari militari e clericali, inneggianti questa volta all’avvenuta elezione, nella città di Francoforte, del re Carlo VI a imperatore del sacro romano impero. Firmata nel 1713 la pace di Utrecth, nel dicembre di quello stesso anno giunsero nel porto di Brindisi 19 tartane napoletane stracolme di soldatesche spagnole con le loro famiglie: in totale i soldati erano tremila cinquanta e le femmine con i figli erano circa mille. Dopo un mese, salparono per Fiume da dove avrebbero presto raggiunto l’Ungheria per incorporarsi al servizio dell’esercito imperiale…» [P. Cagnes e N. Scalese “Cronaca dei Sindaci di Brindisi 1529-1787”]
Poi nel 1734, nel contesto della guerra civile polacca, ci fu la rivincita spagnola e Felipe V di Borbone ritornò trionfante a Napoli il 17 maggio del 1734 e, defenestrato il dominatore austriaco, insediò al suo posto Carlo di Borbone – figlio suo e di Elisabetta Farnese duchessa di Parma e Piacenza – elevandolo al rango di re e ristabilendo così il Regno di Napoli formalmente autonomo, dopo più di due secoli di regime vicereale.

A Brindisi, il 24 marzo 1734 giunse l’ordine che parte dei soldati austriaci di stanza in città partissero per Barletta a congiungersi con il grosso delle truppe tedesche giunte da Fiume e dove, da Napoli, sarebbero arrivati, prima il feldmaresciallo Giovanni Carafa e poi anche il viceré austriaco del regno di Napoli, Giulio Borromeo Visconti. Tra il 22 e il 23 aprile approdarono a Brindisi una nave, un pinco, quattro tartane e quattro fregatoni con a bordo tremila soldati tedeschi. Poi il 7 maggio, proveniente da Taranto, il viceré Visconti giunse a Brindisi con tutta la sua corte, i suoi ministri, ufficiali, guardie e seguito al completo, accompagnato anche dal marchese di Ottaviano, viceré austriaco del regno di Sicilia. Dopo un soggiorno di otto giorni, il 15 maggio, tutti partirono per Bari e da lì il viceré s’imbarcò nottetempo per Trieste, mentre i soldati al suo seguito si diressero a Bitonto, per opporsi all’esercito spagnolo che, dopo essere entrato qualche giorno prima a Napoli, stava inseguendo gli Austriaci ormai in fuga dal regno napoletano.

Il 25 maggio comparvero davanti al porto di Brindisi le prime due navi spagnole, veleggiavano minacciose tra le Pedagne e Torre Cavallo, ne arrivarono altre due nei giorni successivi ed in più occasioni sfidarono i cannoni del castello di mare. Gli Austriaci cercarono di organizzare una difesa di terra per impedire lo sbarco degli invasori, ma le autorità locali decisero che «la città doveva restare quieta e non mostrarsi contraria, ma chi era più potente e restava vincitore, a quello si dovesse obbedire». [“Cronaca dei Sindaci di Brindisi 1529-1787”]
La notizia della disfatta austriaca di Bitonto giunse a Brindisi il 27 maggio, due giorni dopo furono consegnati i primi inviti alla resa, uno dei quali a firma del generale spagnolo José Carrillo de Albornoz duca di Montemar, il vincitore dello scontro bitontino del 25 maggio, ma i castellani delle due piazzeforti brindisine rifiutarono le proposte e si prepararono alla resistenza. Il 20 di giugno un centinaio di soldati spagnoli sbarcarono dalle navi ed occuparono la città, chiudendo il porto ad ogni tentativo di ingresso e di fuga, nonostante ciò le fortezze cittadine, ormai isolate, decisero di restare fedeli all’imperatore d’Austria.

Per riuscire a espugnare il castello di terra fu scavata una trincea fuori Porta Mesagne, da dove per l’intera giornata vi fu uno scambio di tiri di cannone. Solo al mattino seguente, il 6 luglio 1734, fu ammainata la bandiera imperiale e si giunse alla capitolazione con l’occupazione spagnola del castello federiciano. Il Forte a mare invece riuscì a resistere per altri tre mesi e capitolò, per mancanza di viveri, solo il 10 settembre, dopo quasi quattro mesi dall’entrata a Napoli dell’esercito spagnolo. Dopo l’uscita del castellano e degli ufficiali, fu issato lo stendardo spagnolo e tutte le campane della città suonarono a festa, mentre ai soldati austriaci fu data la possibilità di partire o di restare ed arruolarsi nell’esercito borbonico.
Ebbene, lo spagnolo che prese Brindisi fu il condottiero di mare, capitano di fregata Francisco José de Ovando y Solís, che nel 1733 al comando della fregata Galga si era incorporato alla flotta dell’ammiraglio Gabriel de Alderete e che nel 1734 partecipò attivamente all’attacco e presa di Napoli. Quindi, gli fu ordinato di dirigersi a Brindisi, la cui presa definitiva gli valse la promozione a capitano di vascello, ed in più, al suo rientro a Napoli, il fiammante re Carlo di Borbone il 13 settembre 1734 lo nominò “1º Marchese di Brindisi” del Regno di Napoli – I Marqués de Castel-Bríndis – titolo al quale il 18 ottobre affiancò la denominazione di Marqués de Ovando.

«Francisco José de Ovando y Solís Rol de la Cerda era nato a Cáceres, in Estremadura, il 3 ottobre 1693, quarto figlio di Pedro Mateo de Ovando y Rol – cavaliere dell’Ordine di Alcántara e notaio perpetuo di Cáceres – e di Lucrecia de Solís y de la Cerda. Intraprese giovanissimo la carriera militare; nel 1717 divenne guardia marina a Cádiz e nel 1718 s’imbarcò sulla nave San Luis per partecipare alla spedizione di Sicilia, dove ottenne il grado di tenente di marina. Nel 1731 prese il comando della nave Guipúzcoa, della squadra dell’ammiraglio Francisco Javier Cornejo, e si diresse in Italia. Due anni dopo passò al comando della nave Principe con cui operò a Malta dove fu promosso capitano di fregata e posto al comando della fregata Galga con cui partecipò alla presa di Napoli e quindi di Brindisi. Rientrato in Spagna, nel 1736 partì per l’America: La Habana e quindi Veracruz; nel 1737 prese parte alla ricognizione della Florida e nel 1741 partecipò alla difesa di Cartagena delle Indie dall’attacco inglese per poi ritornare in Spagna permanendo presso la Corte fino ad essere promosso comandante di squadra nel 1743. Nel giugno del 1745 giunse in Cile dove fu governatore interino per poco più di un anno. Il 27 aprile 1749 sposò Maria Barbara de Ovando y Ribadeneyra con la quale ebbe un figlio, Josè Francisco. Dal 1750 al 1754, fu governatore titolare delle Filippine. Quindi, diretto in Messico, nel 1755 s’imbarcò sul galeone Santissima Trinità che lui stesso aveva fatto costruire e nel golfo di California, quasi giunto a destino, fu colto dalla morte a Galeone di Manila, sulla costa messicana di Acapulco, era il 9 dicembre del 1755.» [Sintesi dalla bibliografia redatta da Javier Barrientos Grandon per la Reale Accademia di Storia di Spagna]

Il titolo di marchese passò al figlio José Francisco de Ovando Solís y Ribadeneyra, celibe e senza discendenti, che lo mantenne dal 1755 al 1795. Gli successe come terzo e ultimo marchese Vicente Mariano de Ovando y Perero – figlio di Pedro Manuel de Ovando y Maraver e nipote di Alonso Pablo de Ovando y Solís Rol de la Cerda, fratello del 1° Marchese Francisco Josè – che, sposatosi in Italia con Benedetta Radicatti, lo mantenne fino al 21 gennaio del 1864, data della sua morte. Nel 1817 aveva realizzato gestioni, senza esito, per trasformare il titolo napoletano in titolo spagnolo. Né lui né sua sorella ebbero discendenti ed il titolo si estinse. [S. Aragón M. “La nobleza provincial extremeña en el siglo XVIII” – Sociedad Extremeña de Historia, 2016]
Pur se il titolo nobiliare ufficialmente attribuito dal re di Napoli Carlo di Borbone allo spagnolo Francisco José de Ovando y Solís recita “1º Marchese di Brindisi”, in realtà un altro “Marchese di Brindisi” – non del Regno di Napoli, ma del Regno di Spagna – lo aveva preceduto di poco più di un secolo: Lucio Boccapianola. Purtroppo, nelle varie bibliografie consultate non sono riportate né le circostanze né la data in cui Lucio Boccapianola fu insignito del titolo di Marchese di Brindisi.

Di origini napoletane, Lucio Boccapianola fu uno dei più valorosi soldati italiani del suo tempo, e per ben trentaquattro anni prese parte, servendo la corona spagnola, alle guerre d’Italia, Fiandra, Germania e di Boemia. Fu ferito nell’assedio di Rinbergh e poi di nuovo nella battaglia di Praga. Morì senza discendenti diretti nell’anno 1636 combattendo contro il nemico francese, che lo sorprese mentre con le sue schiere ritornava da una escursione fatta per danneggiare il Vercellese, dove aveva raccolto un ricco bottino. Lucio era stato promosso Maestro di Campo, quindi Cavaliere di San Giacomo e titolato Marchese di Brindisi dal re Felipe IV. Dopo la sua morte, il fratello Francesco, Duca di Ripa, appose nel Duomo di Napoli una effige commemorativa: “D. Lucio Buccaplanule Neapolitano, Viro Patritio, Brundusii Marchioni, Equiti Sancti Jacobi… MDCXXXVII.” [Raffaele Maria Filamondo “Il genio bellicoso di Napoli. Memorie istoriche d’alcuni Capitani Celebri Napolitani” – Napoli, 1693]
Figlio di Diomede e di Caterina Albertini, era discendente di un’antica e nobile famiglia napoletana, di cui si ha memoria fin dai tempi del re svevo Manfredi. Famiglia che godette gli onori del sedile di Capuana – sin dal 1274 si ha notizia del Vico dei Boccapianola nel quartiere di Capuana e Matteo Boccapianola ottenne l’Ordine del Nodo istituito dal Re Luigi, marito di Giovanna I d’Angiò, allorché fu incoronato nel 1351 – ed ebbe molti feudi, fra i quali quello di Brindisi quando Lucio fu titolato “Marchese”. Verso la fine del secolo XIV la famiglia Boccapianola si era divisa in due rami, dei quali furono capi Francesco e Berteraimo, figli di Tommaso che nel 1381 era stato decorato dell’Ordine della Nave. Il ramo primogenito, rimasto in Napoli, discendente da Francesco, si estinse nel 1657. Il ramo discendente da Berteraimo verso la metà del secolo XV diramò in Bari, ove la famiglia fu ammessa nei registri della nobiltà e venne ascritta al registro delle Piazze Chiuse di quella città – nella parte antica di Bari vi è una via che conserva la denominazione di Strada Boccapianola – finché, nella seconda metà del secolo XVIII, Nicola Boccapianola, Cavaliere Gerosolimitano, ritrasferì in Napoli il suo domicilio. [Bernardo Candida Gonzaga “Memorie delle Famiglie Nobili delle Province Meridionali d’Italia”]