Quante persone sono morte al Perrino in questi anni come Antonio Picciolo?

La domanda è questa: quanti sono morti così? Quanti potevano essere salvati e hanno vissuto l’agonia di Antonio Picciolo, sposato e padre di due bimbi di 12 e 5 anni, morto dopo aver aspettato oltre tre ore – con un’emorragia cerebrale in corso – perché all’ospedale Perino non poteva essere operato in quanto manca la figura professionale del radiologo interventista?
Per comprendere meglio ciò di cui stiamo parlando è opportuno chiarire qual è il ruolo di questo specialista: il radiologo interventista è un medico specialista in Radiodiagnostica e Radiologia Interventistica che utilizza le immagini radiologiche, come la radiografia, la tomografia computerizzata (TC), la risonanza magnetica (RM) e l’ecografia, per eseguire interventi mini-invasivi. Il radiologo interventista lavora a stretto contatto con le altre specialità mediche, come l’oncologia, la pneumologia, la chirurgia, la medicina d’urgenza e molte altre, in urgenza ed in elezione, per fornire una valutazione precisa della patologia ed offrire un trattamento mini-invasivo, quando possibile.
All’ospedale Perrino il radiologo interventista e non c’era non perché avesse terminato il turno o fosse in malattia. Semplicemente perché, incredibilmente, questo specialista in uno dei nosocomi più importanti della Puglia non esiste. Da anni. Questa la nota ufficiale diffusa dalla Asl di Brindisi dopo la morte di Picciolo: “La notte tra il 5 e 6 gennaio il paziente è arrivato in codice rosso al pronto soccorso dell’ospedale Perrino con un’ambulanza del 118. L’uomo presentava disturbi neurologici ed è stata immediatamente disposta la presa in carico: sono state richieste le consulenze specialistiche di neurologia, neurochirurgia e rianimazione ed effettuati gli esami strumentali. La Tac ha evidenziato un’estesa emorragia subaracnoidea. Gli operatori hanno subito contattato altri ospedali del territorio regionale dotati di radiologia interventistica. L’ospedale di Taranto ha dato disponibilità ad accogliere il paziente ed è stato disposto il trasferimento. Il paziente è arrivato all’1.15 del 6 gennaio. Alle 4.30 è stato avviato il trasferimento”.
Nel gennaio di sette anni fa, il segretario generale della Cgil, Antonio Macchia, lanciò l’allarme sul fatto che all’ospedale Perrino il prezioso servizio di Radiologia interventistica era stato ridotto a sole 12 ore, dalle 8 alle 20, per carenza di medici. Nelle ore non coperte i pazienti venivano trasferiti negli ospedali di Lecce e di Taranto. Non solo il suo appello non venne raccolto ma nel corso degli anni anche quella copertura di 12 ore è venuta meno. Ed è incredibile che la Asl non abbia mai risolto il problema. Nel frattempo al Perrino sono morti decine e decine di pazienti per aneurismi cerebrali e dell’aorta. E molti di loro, probabilmente, potevano essere salvati.
Nell’agosto 2022 il presidente dell’Ordine dei Medici della provincia di Brindisi, Arturo Oliva, presentò un esposto alla procura segnalando la mancanza di un servizio di Radiologia Interventistica al Perrino che non consentiva il trattamento delle patologie tempo/dipendenti (traumi, ictus), come segnalato dal primario di Chirurgia, Giuseppe Manca, costretto a chiedere l’intervento della magistratura per il ritardo con cui veniva trattato un paziente oggetto di un serio infortunio sul lavoro e che solo su disposizione della magistratura era stato trasportato al Policlinico di Bari. Oliva chiedeva di valutare eventuali responsabilità penali per la mancanza di uno specialista in un reparto chiave e per le conseguenze sulla salute dei pazienti.
Ma non è cambiato nulla. Di Perrino si muore. E questo mentre la Asl è impegnata a risolvere i problemi del parcheggio interno e della fermata del treno.
Antonio Picciolo era un ragazzo in condizioni fisiche strepitose: faceva l’operaio, lo steward, il pescatore. Venerdì sera, vigilia dell’Epifania, era in un locale da ballo alla periferia di San Pietro Vernotico. Si è sentito male, è arrivata l’ambulanza del 118. Quando è stato trasportato al Perrino era cosciente: è sceso con le sue gambe dal mezzo per stendersi sulla barella del pronto soccorso. Ha chiesto all’infermiera di chiamare casa con il suo telefono e ha tranquillizzato i parenti. Sono arrivati il padre e un fratello e ha parlato anche con loro. Nessuno poteva immaginare un evoluzione così drammatica.
Nonostante la Tac avesse evidenziato l’emorragia cerebrale, nessuno poteva intervenire. I sanitari del pronto soccorso, impotenti, si sono messi in contatto con vari ospedali per sapere dove Picciolo poteva essere trasferito per un’operazione d’urgenza. Sono trascorse più di tre ore prima che finalmente fosse destinato al Santissima Annunziata di Taranto. Ma quando vi è arrivato era in condizioni così gravi che i medici non hanno potuto neanche portarlo in sala operatoria e hanno informato la famiglia che le condizioni erano disperate e che non c’erano speranze.
Antonio Picciolo lascia la moglie e due bambini di 12 e 5 anni. I funerali, in un quartiere sotto choc, si sono svolti nella parrocchia del Paradiso nel pomeriggio di mercoledì. Non si sa ancora se la famiglia presenterà denuncia alla procura. Ma al di là dei possibili risvolti giudiziari della vicenda, nessuno potrà restituire Picciolo alla famiglia. Nelle ore successive alla tragedia ovviamente si è mossa anche la politica, con il consueto ritardo.
Ora si può fare una cosa, per non rendere questa morte priva di significato, come quella che l’hanno preceduta: provvedere, immediatamente, a individuare figure di radiologi interventisti da inserire subito nell’organico dell’ospedale Perrino. Diventi questa la priorità della direzione generale della Asl, dell’assessoraro regionale alla Sanità e di chiunque abbia il potere (e la responsabilità) di intervenire a risolvere un problema da ospedale del terzo mondo.
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