Quelle scarpe che regalano dignità: la prefetta sburocratizza l’umanità

Editoriale di GIANMARCO DI NAPOLI per il7 Magazine

Se non fosse che a pochi metri c’è la banchina che si affaccia sul porto interno di Brindisi, sembrerebbe di stare al mercato settimanale del giovedì, davanti a una di quelle bancarelle in cui le scatole sono ammonticchiate e il venditore ambulante richiama i passanti con virtuose acrobazie giugulari. Ma quelle centinaia di paia di scarpe, sandali e ciabatte, tutte prodotte da un’azienda italiana che confeziona calzature di qualità e le vende all’ingrosso, non sono destinate ai piedi dei brindisini bensì ne diventano il loro regalo di benvenuto.
Sull’altra sponda del porto, quando approdano le monumentali navi da crociera, da cui sbarcano esausti e satolli turisti da cabina vista mare, la città offre campionari gastronomici ed enologici sperando di lasciare nella loro distratta sgambata per le vie del Centro una memoria viva di questo luogo e dei suoi tesori. Su questa sponda invece, lato Sant’Apollinare, è diverso: chi scende dalle navi non è claudicante per l’eccessiva permanenza nelle zone buffet e nei ristoranti a tema, dal logorante percorso dalla cabina agli idromassaggi. Chi scende qui ha navigato per giorni e notti disteso sul pavimento, incollato ad altre centinaia di viaggiatori privi di biglietto. Eppure quella nave, la Geo Barents, costruita per i rilievi sismici in Norvegia e poi finita chissà come nel Golfo del Messico con a bordo un team di geologi, ai 471 viaggiatori africani deve essere sembrata meglio della MSC Crociere, rispetto ai barchini di legno ai quali si erano affidati, in piena notte, partendo dal porto di Sfax, in Tunisia.

Scendono lentamente dalla passerella, un gradino alla volta. E sono scalzi. Molti hanno abbandonato le scarpe nel momento in cui sono saltati nel battello perché, si sa, se finisci in acqua la cosa più pericolosa che tu possa avere addosso sono le calzature che ti impediscono di nuotare e ti spingono verso il fondo. Altri, scarpe vere non le hanno mai possedute. Arrivano dai villaggi più poveri a sud del Sahara o dal Sudan: lì sono un lusso per pochi, gli altri si arrangiano come possono, costruendosi sandali di fortuna.

Michela Savina La Iacona conosce molto bene il significato della parola dignità. Lo ha imparato già nel 2009 quando il ministero la spedì per un mese alla prefettura di L’Aquila per la gestione di 39 campi di sfollati dopo il tragico terremoto. E ancor prima, per undici anni, era stata responsabile del servizio invalidi civili della prefettura di Enna. E da quando è stata nominata prefetto di Brindisi, dopo aver seguito di persona lo sbarco di immigrati sulla banchina del porto interno, ha dato una disposizione precisa: la prima cosa che devono ricevere a terra, prima ancora degli abiti puliti, è un paio di scarpe nuove. E’ una questione di dignità, ma anche un segno che da qui per loro inizia un nuovo percorso sul quale potranno camminare con passo più sicuro.

E così, prima ancora che venisse issata la tenda della Croce rossa, la Protezione civile ha provveduto a scaricare mezzo migliaio di paia di scarpe a pochi metri dal punto in cui i migranti avrebbero toccato terra. Ancora pochi passi a piedi scalzi e poi un percorso molto più comodo, con le calzature ai piedi doloranti, sino al capannone ex Montecatini dove vengono completate le pratiche di identificazione.
Il prefetto La Iacona, al suo primo incarico al vertice di un ufficio governativo, ha scelto da subito di svolgere quel ruolo (massima autorità della provincia di Brindisi) abbandonando quell’aurea di formalismo che quasi sempre caratterizza chi ricopre un incarico istituzionale non elettivo e che vive con burocratico distacco le vicende locali. La Iacona è stata per oltre 12 ore, sino a notte fonda, nel capannone a seguire di persona le operazioni di identificazione e spostamento degli immigrati, come un qualsiasi funzionario di polizia. Voleva essere certa che tutto si svolgesse nel modo migliore e che i migranti fossero messi nelle condizioni di proseguire l’ultima parte del loro viaggio con serenità.
Ma il prefetto ha intrapreso questa strada di collaborazione anche con l’Amministrazione provinciale e con i Comuni, sottoscrivendo protocolli di sicurezza e tentando persino di mettere ordine, proponendo un percorso unico, al difficile meccanismo delle notti d’estate, con la musica e la movida da una parte e il diritto al riposo dei residenti dall’altra.

La sua è una interpretazione moderna di ruolo in cui, a partire dall’appellativo reverenziale e ormai retrò che si attribuisce a chi lo ricopre (“sua eccellenza”), il prefetto – figura nata in Italia addirittura in periodo napoleonico – generalmente non lascia grandi tracce del suo passaggio se non nelle carte firmate, nei vertici coordinati e nelle eleganti feste annuali organizzate nei giardini di Palazzo Montenegro.
Stavolta sembra diverso: La Iacona pare aver scelto di guidare questa terra anche sul piano umano ed emotivo. Quelle scarpe donate ne sono il simbolo, lasceranno una traccia. E’ poco ma sicuro.